La recensione

Cenerentola 2021 è queer e lancia la scarpetta contro il patriarcato

La fata madrina è interpretata da un uomo e la protagonista non perde la scarpetta, ma se la sfila volontariamente: nel riadattamento di Amazon tutti i clichés che fanno da fondamenta alle favole classiche sono rovesciati

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di Carla Monteforte
13 settembre 2021
21:38

Parliamoci chiaro: se la vicenda di Cenerentola fosse capitata ai giorni nostri, altro che recitata dalle nonne, sarebbe diventata un caso giudiziario con il principe processato per molestie e Genoveffa e Anastasia sulla cover di Freeda, vittime di body shaming. Ecco perché James Corden ha pensato di correggere tutto e produrre una favola nuova.

Innanzitutto, nessuno salva nessuno in questo musical diretto da Kay Cannon perché non solo la nostra eroina non è per nulla remissiva ma pure il principe non è affetto da quel male del secolo chiamato mascolinità tossica. Di diventare re non gliene può fregare di meno anzi a modo suo pure lui lotta contro il patriarcato e cerca emancipazione smarcandosi da un destino di maschio bianco, privilegiato e nel regno spunta una sorella pronta invece a rompere il famoso tetto di cristallo. Tutti i clichés che fanno da fondamenta alle favole classiche sono rovesciati o rimossi chirurgicamente e sostituiti da ingredienti più commestibili o appetibili ai palati contemporanei, in questo riadattamento Amazon. Non perde nemmeno la scarpetta Cenerentola ma se la sfila volontariamente per lanciarla contro le guardie, citando forse Sylvia Rivera durante i moti di Stonewall.


A tal proposito, pare che Adinolfi abbia avuto un mancamento scoperto Billy Porter nel ruolo di Madrina perché, possono fare tutti i remake del mondo, ma la favola di questo secolo resterà sempre l’ideologia del gender, inventata per spaventare i genitori dato che ai bambini l’uomo nero non fa più paura! Anzi, sognano di farci un red carpet assieme come le Kardashian la cui favola anni orsono disintegrò l’altro grande tabù di Hollywood che gli uomini preferissero le bionde. E mora, non esile e non pallida è pure questa Cinderella che scalcia via il mito dell’arianesimo e della magrezza a colpi di JLo e meticciato.

I reazionari vedendo la Cabello fare la prima mossa, avranno facilmente urlato alla cancel culture, ma qualcuno spieghi loro che di questi tempi ad aspettare un principe si fa notte e la carrozza torna zucca ed il dramma è che manco sappiamo cucinarla. Per questo serve una fatina! Che poi sia una drag queen non è questione ideologica ma una scelta finalmente sensata: in vista di una festa pazzesca voi chi scegliereste come stylist, un’anziana antiquata o la regina del vogueing?

Questa storia a lieto fine inanella tutti i crismi che richiede l’epoca, quasi enciclopedica, al limite del didascalico: è femminista, interraziale, queer, body positive, ecc ecc.. Una militante quest’orfanella (una di quelle che piacciono tanto ai radical, malignerebbero i retrivi di cui sopra). Ma sapete la magia qual è? È che funziona!

Se Ella scriva con asterischi o schwa per tentare le oltransiste non è dato sapere, ma sicuro convince gli spettatori ad andare fino in fondo. Il film, onestamente, è dimenticabile ma, miracolosamente, godibile. È destinato al dimenticatoio perché non annovera nemmeno una scena cult e trattandosi di musical questo è imperdonabile. Però funziona tutto, specialmente la Cabello. L’unico dubbio è: abbiamo davvero visto Cenerentola? Non si sa, lo scopriremo in caso di sequel. Per essere impeccabile la protagonista dovrà però abbracciare la causa dell’impatto ambientale della moda e, siccome lavora per Amazon, scendere in piazza per i diritti dei riders. Minimo!

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