Il discreto fascino di “On the verge”, la serie tv in cui l’orologio biologico è solo un soprammobile

Narcisismo, uomini inadeguati, relazioni difficili, figli, boomer, giovinezza che s’allontana pur restando eterna sono alcuni degli ingredienti di questo gioiellino targato Netflix in cui le donne ci somigliano sorprendentemente

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di Carla Monteforte
10 ottobre 2021
17:01

Invecchiando non mettiamo sensi e già questa potrebbe essere una validissima ragione per non perdersi “On the verge”, serie americana ma anche un tocco europea, francese anzi, come Julie Delpy che l’ha prodotta, diretta e interpretata assieme Elisabeth Sue, Sarah Jones e Alexia Landeau. E se gli sceneggiati con 4 amiche vi hanno rotto potrebbe convincervi, oltre al cast di tutto rispetto, il fatto che due di queste abitino a Venice Beach, leggendario approdo di artisti, freaks, maniaci del fitness e senzatetto come l’ultimo campione con cui la ricca ereditiera non si fa certo mancare una liaison. Geniale.

L’anagrafe può pure urlare 50 ma non c’è mai fine agli appuntamenti da incubo, nemmeno quando si è appena state scaricate da un inconcludente con cui la noia dell’agio ci aveva fatto addirittura riprodurre. Una iattura ma sostanzialmente una luce in fondo al tunnel di chi ha attraversato gli anta e il Covid uscendone rinsavito, uno degli aspetti peggiori della pandemia che aleggia nella storia, raro caso di serie non negazionista tra le tante prodotte dopo i lockdown, che si colloca temporalmente a due settimane dall’inizio della fine.


Quattro mamme a Los Angeles ma non è un surrogato di Desperate Housewives (nonostante l’inserto poco convincente di una spy story) e sebbene il sesso sia onnipresente, soprattutto sotto forma di astinenza, non è nemmeno la tarda risposta West Coast a Sex & the city. Le amiche affrontano la mezza età con tutte le crisi del caso ma non è un inno alla menopausa come i maligni hanno bollato, ancora prima di vederla, “And just like that”, la versione attempata della saga di Carrie il cui unico filo comune con la protagonista di questa è la scrittura.

Una chef stellare è alle prese col suo primo libro e un doppio lavoro: il ristorante e quello più estenuante di dover dar conto del proprio successo a un parassita, mediocre chiamato marito che vive per sminuirla. Narcisismo, uomini inadeguati, relazioni difficili, figli, boomer, giovinezza che s’allontana pur restando eterna (e di sottofondo una critica a white privilege e patriarcato) sono alcuni degli ingredienti di questo gioiellino targato Netflix in cui le donne, anche quando sembrano lontanissime da noi (è uno spaccato della upper middle class americana) ci somigliano sorprendentemente nel loro essere caotiche, vere, straordinariamente sbagliate. Com’è sacrosanto che sia anche quando la società, i maschi, le madri, l’anagrafe e un cataclisma mondiale ci vorrebbero raddrizzate.

Crescendo s’impara? Per fortuna no, nemmeno al limite.

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