I numeri di uno studio di Yale (che Trump ha smesso di finanziare): solo 1.366 sono tornati a casa. La Russia li usa come leva nei negoziati. Al Guardian la testimonianza di una madre che ha attraversato sei giorni di bombardamenti per riportare indietro i figli
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Secondo gli esperti dell'Università di Yale, sarebbero almeno 35.000 i bambini ucraini dispersi e presumibilmente trattenuti in Russia o nelle zone occupate dalle forze russe. Famiglie disperate tentano in ogni modo di recuperarli, spesso rischiando la vita per attraversare le linee del fronte.
Fin dai primi giorni dell’invasione russa del febbraio 2022, migliaia di minori sono stati sottratti alle famiglie, prelevati dagli orfanotrofi, dai campi di battaglia o direttamente dalle case, spesso con l’inganno o sotto coercizione. La Russia ha respinto le accuse, liquidandole come una “messa in scena” orchestrata da Kiev.
Il racconto di Natalia: sei giorni per salvare i suoi figli
Natalia, madre di due adolescenti, ha raccontato al Guardian il suo viaggio estenuante per riportarli a casa. Dopo l’occupazione russa di Kherson, aveva acconsentito, su consiglio di un vicino, a inviarli in un campo estivo ad Anapa, in Russia. Il soggiorno doveva durare 21 giorni. Ma con la liberazione di Kherson da parte ucraina, i ragazzi si trovarono bloccati oltre il fronte. Solo dopo un’odissea durata sei giorni, tra checkpoint e bombardamenti, Natalia riuscì a riportarli con sé.
Solo 1.366 bambini rimpatriati: migliaia restano in ostaggio
Secondo l’organizzazione Bring Kids Back, finora solo 1.366 bambini sono riusciti a rientrare in Ucraina. Molti degli altri sono stati trasferiti in campi militari, inseriti in famiglie affidatarie russe o addirittura adottati. Il Humanitarian Research Lab di Yale ha identificato migliaia di minori attraverso documenti ufficiali, banche dati russe, immagini satellitari e testimonianze dirette.
I bambini trattenuti nei campi ricevono spesso addestramento militare, subiscono punizioni se parlano ucraino e vengono indottrinati. “Ci facevano cantare l’inno russo e disegnare la bandiera tricolore”, ha raccontato un bambino di nove anni salvato di recente. Ai minori viene detto che i genitori subiranno conseguenze se non obbediscono.
Un crimine di guerra sotto gli occhi del mondo
La Corte penale internazionale ha emesso un mandato d’arresto nei confronti di Vladimir Putin e della commissaria per l’infanzia Maria Lvova-Belova per deportazione illegale di minori, considerata un crimine di guerra. “Trasformare un bambino da membro di un gruppo nazionale in un altro è un atto di pulizia etnica”, afferma Nathaniel Raymond, direttore del centro di ricerca di Yale.
Molti bambini rischiano di sparire nel sistema di adozione russo, soprattutto quando un genitore muore o viene arrestato nei territori occupati. Secondo la rete ucraina per i diritti dell’infanzia, recuperare questi bambini diventa quasi impossibile una volta inseriti negli orfanotrofi.
I bambini come arma negoziale
Raymond sostiene che la Russia abbia trasformato i minori in strumenti di pressione politica. “All’inizio pensavano di vincere in fretta, così hanno lanciato il programma per ‘russificare’ i bambini. Ora li usano come ostaggi nelle trattative”, spiega. La restituzione dei minori è una condizione irrinunciabile per Kiev in qualunque futuro negoziato di pace.
La ricerca sul campo potrebbe però interrompersi: l’amministrazione Trump ha revocato i fondi al Conflict Observatory di Yale, chiedendo il trasferimento dei dati a Europol e a organizzazioni ucraine. Il centro chiuderà ufficialmente il 1° luglio.