Con un post a sorpresa, il Pd ha ufficializzato i sei nomi dei candidati alle regionali. Conte incassa e corre a Napoli per il lancio della campagna, ma resta il sospetto di un compromesso faticoso con i De Luca. Sullo sfondo, il centrodestra ancora senza candidati
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Non è una guerra di manifesti, né di piazze: questa volta la battaglia si è consumata a colpi di post. In piena domenica pomeriggio, mentre Giuseppe Conte stava preparando il discorso per la campagna elettorale di Napoli, Elly Schlein ha deciso di accelerare i tempi e piazzare la mossa che ha spiazzato il Movimento 5 Stelle. Con un lungo post social, corredato da foto e slogan, la segretaria del Pd ha ufficializzato i sei candidati del centrosinistra alle regionali. Tra questi, il nome che fa più rumore: Roberto Fico in Campania.
Un annuncio che circolava da mesi, certo, ma che tutti si aspettavano fosse affidato proprio a Conte, pronto a intestarsi la candidatura del suo ex presidente della Camera. Invece no: Schlein ha preferito mettere il cappello prima degli alleati, trasformando la notizia in un atto di leadership e ribadendo che il pallino del centrosinistra, almeno comunicativamente, resta nelle mani del Nazareno. Conte non l’ha presa bene. Oggi sarà a Napoli, accanto a Fico, con un «Roberto, saremo tutti con te» che suona più come un recupero in corsa che come un abbraccio convinto.
Dietro l’applauso di facciata, si avverte il fastidio per lo “sgarbo” che ha svelato il nervo scoperto: il rapporto Pd-M5S resta fragile, spesso in bilico tra abbracci strategici e diffidenze reciproche. La Campania, poi, è il terreno più spinoso. Qui la figura di Vincenzo De Luca continua ad aleggiare come un convitato di pietra. Ufficialmente il governatore uscente ha smentito ogni patto, ma il sospetto che la candidatura di Fico sia stata resa possibile solo dopo l’ok all’elezione di suo figlio Piero a segretario regionale dem resta vivo. Una di quelle voci che tutti smentiscono ma che tutti danno per scontata.
Non è un mistero che De Luca senior non abbia mai digerito i 5 Stelle, bollati più volte come «giacobini improvvisati». Ma la politica è fatta di calcoli: meglio cedere il campo su Fico, magari turandosi il naso, che rischiare di consegnare la Regione alla destra. Il risultato è un equilibrio precario che rischia di incrinarsi al primo scossone.
Il Pd prova intanto a fare muro: «Mentre la destra litiga per le poltrone, noi lavoriamo per le persone», recita il messaggio diffuso sui social. Oltre a Fico, la lista ufficiale comprende Matteo Ricci nelle Marche, Pasquale Tridico in Calabria, Eugenio Giani in Toscana, Antonio Decaro in Puglia e Giovanni Manildo in Veneto. Una carrellata pensata per dare l’immagine di un centrosinistra compatto, almeno sulla carta.
Ma l’impressione è che dietro la facciata dell’unità ci siano ferite ancora aperte. In Calabria, ad esempio, la candidatura dell’ex presidente Inps Tridico divide e non poco; in Puglia, Antonio Decaro deve ancora fare i conti con le manovre di Michele Emiliano e con la candidatura di Nichi Vendola sostenuta da Avs. Persino in Toscana, roccaforte storica del Pd, l’ombra delle fratture interne pesa più del previsto.
La mossa di Schlein, insomma, è stata vista da Conte come un colpo basso, ma al tempo stesso conferma la linea che la segretaria dem ha scelto da mesi: non subire, ma guidare. A costo di pestare qualche piede. È la stessa logica che ha portato il Pd a intestarsi la comunicazione, lasciando agli alleati il compito di rincorrere. Conte, in questo schema, appare costretto a fare buon viso a cattivo gioco. Non può permettersi lo strappo, perché senza l’alleanza col Pd i 5 Stelle rischiano l’irrilevanza alle regionali. Ma non digerisce l’idea di essere messo in secondo piano.
Sul fronte opposto, il centrodestra osserva e prende tempo. In Campania non c’è ancora un nome ufficiale, e la deputata di Fratelli d’Italia Imma Vietri attacca: «Altro che centrosinistra unito per le persone: è solo un accordo tacito per spartirsi le poltrone». I dem rispondono in coro: «Quella di Fico è una candidatura coraggiosa, capace di incarnare il rinnovamento che la nostra terra chiede», scrive Marco Sarracino. «Una scelta di coerenza», aggiunge Sandro Ruotolo.
L’aria, però, resta pesante. Perché l’ufficializzazione via social, in un contesto politico in cui la forma è sostanza, ha fatto emergere ancora una volta i limiti di un’alleanza che, sebbene necessaria, si regge più su calcoli elettorali che su vera fiducia reciproca. Schlein ha giocato la carta del protagonismo, Conte dovrà ora dimostrare di non esserne rimasto schiacciato. Ma intanto, nelle stanze di Cellino San Marco, De Luca padre sorride sotto i baffi.
E come sempre in politica, la domanda non è chi applaude oggi, ma chi avrà in mano il mazzo quando le urne si chiuderanno.