Elly Schlein si muove in silenzio, ma non arretra. Mentre dentro il Partito Democratico si addensano nubi e manovre, la segretaria prepara la sua risposta politica e organizzativa. Non parla di assedio, ma i segnali sono chiari: la nascita, a fine novembre, del “correntone” di Dario Franceschini, Roberto Speranza e Andrea Orlando, che si ritroverà a Montepulciano per discutere la linea del partito, è stata letta da molti come un ultimatum. L’obiettivo, più o meno esplicito, è rimettere in discussione il metodo di leadership e imporre un ritorno a una gestione collegiale. Schlein, però, non ha intenzione di farsi commissariare.

«La mia avversaria è Giorgia Meloni», avrebbe detto ai suoi, per sminare ogni retroscena interno. In realtà la segretaria conosce bene i movimenti che agitano il Nazareno. «Una tappa alla volta – ripete – dopo le elezioni in Campania, Puglia e Veneto valuteremo il da farsi». Ma dietro la calma apparente c’è una strategia definita.

Il primo passo è istituzionale: convocare una Direzione nazionale dopo le regionali e, subito dopo, un’Assemblea aperta, che non sia un congresso anticipato (troppo lungo e complesso, richiederebbe le sue dimissioni), ma un’occasione per riaffermare la sua linea. Sarà l’occasione per mostrare che la guida del partito non vacilla. Per questo Schlein può contare sul presidente del Pd, Stefano Bonaccini, che negli ultimi mesi si è riavvicinato sensibilmente a lei.

Con Bonaccini, spiega chi le è vicino, esiste oggi «un rapporto di collaborazione reale». L’asse, che fino a un anno fa sembrava improbabile, è diventato una delle leve su cui la segretaria intende costruire il rilancio. In prospettiva, però, la leader dem pensa anche a un’altra mossa: creare una sua squadra di riferimento, senza chiamarla “corrente”, ma con funzioni di coesione e difesa politica.

Si tratterebbe di un nucleo di dirigenti e volti nuovi già vicini alla sua area: Francesco Boccia, Gaspare Righi, Marta Bonafoni, Igor Taruffi, Marco Furfaro, Jasmine Cristallo, Paolo Romano, la neo segretaria dei Giovani Democratici Virginia Libero e la ventitreenne vice presidente della Toscana, Mia Diop. Una generazione di amministratori e parlamentari che Schlein considera il suo futuro politico. Bonafoni e Taruffi, in particolare, avrebbero il compito di mediare con le altre anime del partito e di “lisciare le penne” al fronte di Montepulciano.

La segretaria ha in mente anche un’iniziativa simbolica: la due giorni degli amministratori locali dem, prevista per il 14 e 15 novembre a Bologna, in coincidenza con l’assemblea nazionale dell’Anci. Sarà una vetrina di rilancio, pensata per mostrare che il Pd è vivo, radicato, e non solo un’arena di correnti.

C’è poi l’intesa con Maurizio Landini, segretario generale della Cgil. I due si sono incontrati ieri, rafforzando un legame che negli ultimi mesi è diventato più solido. L’asse Schlein–Landini rappresenta, per entrambi, un’alleanza sociale e politica. Su molti temi, la sintonia è evidente: dal salario minimo alla lotta alla precarietà, fino alla patrimoniale che la segretaria e il sindacalista condividono come strumento di riequilibrio, mentre Giuseppe Conte ha preferito prenderne le distanze. È un’intesa che potrebbe tradursi in una piattaforma comune su lavoro e diritti, e che offre a Schlein un ancoraggio forte fuori dalle logiche interne del Pd.

Resta però la questione più delicata: la riforma elettorale. Se, come appare probabile, Giorgia Meloni sarà costretta a rinunciare all’indicazione del candidato premier sulla scheda, lo scenario cambierà radicalmente. Niente primarie di coalizione, niente votazioni dirette. In quel caso, spiegano fonti dem, «si farebbe come la destra»: il leader del partito che prenderà più voti sarà automaticamente il candidato a Palazzo Chigi. Un sistema che, nei fatti, rafforzerebbe proprio la segretaria, a patto che il Pd riesca a restare primo partito del fronte progressista.

Intanto, mentre Franceschini, Speranza e Orlando lavorano alla costruzione di un fronte che si presenta come leale ma critico, Schlein prova a girare la scena. Mostra apertura, dialogo e nervi saldi. «Non mi sento sotto assedio – ha confidato ai suoi collaboratori –. Voglio solo costruire un partito che parli al Paese, non alle correnti».

Ma il tempo stringe. Le regionali saranno un test cruciale e Montepulciano un passaggio simbolico: la resa dei conti tra il nuovo e il vecchio Pd. E, nel frattempo, la segretaria punta su ciò che più la rappresenta: i giovani, la società civile e l’idea di un partito che si riconnette con il lavoro e i diritti. Lì, tra Landini e Bonaccini, Schlein prepara la sua riscossa.