Per anni è stato l’eroe di un capitalismo futurista, il simbolo della disintermediazione assoluta tra potere economico e politico. Elon Musk ha incarnato la promessa di un’America in grado di reinventarsi nello spazio, sull’elettrico, nella neurotecnologia. Oggi, però, la parabola dell’uomo più polarizzante del pianeta entra in una nuova fase: quella dell’imprenditore disilluso, che prende le distanze da Donald Trump, mentre Tesla perde terreno e il sogno di Marte si allontana ancora.

La rottura: “Big” o “beautiful”, non entrambi

Nelle ultime ore, Musk ha attaccato duramente la legge di bilancio voluta da Trump, definendola una «minaccia al lavoro per l’efficienza governativa» e un “disastro” per il deficit americano. L’ironia feroce – «può essere big o beautiful, ma non entrambe le cose» – ha il sapore di una rottura definitiva con l’uomo che aveva sostenuto apertamente durante la campagna del 2024, ricevendo in cambio una carica informale alla guida del “Dipartimento per l’Efficienza del governo”.

Musk, che si era speso in favore di un’amministrazione snella e tecnocratica, si ritrova ora a criticare apertamente il cuore del trumpismo di governo, fatto di spese faraoniche, tagli assistenziali e parate militari in stile hollywoodiano. La più emblematica si terrà il 14 giugno, data che coincide con il 79° compleanno del presidente, e costerà tra i 25 e i 45 milioni di dollari. L’evento, che Musk non ha esitato a bollare come “surreale”, prevede 6.700 soldati, carri armati Abrams, bombardieri della Seconda Guerra Mondiale, cavalli, elicotteri e canzoni country.

Il miliardario e l’estrema destra

La rottura con Trump sorprende, ma solo fino a un certo punto. Negli ultimi anni, Musk ha flirtato ripetutamente con l’estrema destra americana: ha rilanciato teorie cospirative su X (ex Twitter), ha licenziato centinaia di moderatori, ha ospitato voci radicali e ha spesso ironizzato sulla “cancel culture” e sull’ambientalismo progressista.

Italia, rapporti tesi, Meloni e Salvini in gara per un rapporto privilegiato con Musk

Musk ha costruito una rete di rapporti ambigui anche con l’Italia. Si è fatto promotore di un progetto industriale mai decollato per aprire uno stabilimento Tesla nel Sud, con la benedizione di Giorgia Meloni e Matteo Salvini, che hanno accolto Musk come una rockstar della nuova economia.

Il leader della Lega, in particolare, ha elogiato Musk per le sue posizioni “sul merito, la libertà, la lotta al politicamente corretto”, mentre la premier ha definito “visionaria” la sua proposta di “rivoluzionare la pubblica amministrazione italiana con l’intelligenza artificiale”.

Ma nel marzo scorso è esploso il caso diplomatico. Musk, in un post su X (ex Twitter), aveva ironizzato sui salvataggi in mare da parte delle ONG e paragonato l’accoglienza italiana a “una porta girevole per criminali”, attirandosi critiche da tutto lo spettro politico.

L’intervento di Sergio Mattarella – raro, misurato, ma fermo – aveva puntato sull’inopportunità di “strumentalizzare temi umanitari per fini economici o personali”. Musk non aveva risposto, ma da quel momento ha drasticamente ridotto le sue apparizioni pubbliche in Italia.

In certi ambienti, Musk era diventato una figura di culto libertaria, sospesa tra anarchismo di mercato e autoritarismo tecnologico. La sua visione era chiara: il pubblico spreca, il privato innova. Ma ora, di fronte al gigantismo trumpiano, anche il fondatore di Tesla sembra esserne rimasto spiazzato.

Tesla in crisi, Marte più lontano

Se la politica lo delude, anche il business non sorride. I numeri parlano chiaro: nel primo trimestre del 2025, Tesla ha registrato un crollo degli utili del 71%. Le vendite sono in caduta libera, soprattutto in Europa e in Cina, dove la concorrenza di BYD e delle case tedesche è diventata feroce.

L’epopea dell’auto elettrica di massa, di cui Musk fu profeta e padre, oggi appare meno sicura, travolta da ritardi produttivi, scioperi, e da una rete di ricarica che non tiene il passo con le promesse.

Nel frattempo, anche SpaceX ha subito un duro colpo: l’ultimo lancio di Starship, pensato come passo cruciale verso Marte, è fallito in modo spettacolare. Il sogno del “pianeta B” si allontana, e con esso anche l’immagine dell’uomo che voleva diventare il primo imperatore interplanetario.

Il ritorno al quartier generale, da solo

Ferito, Musk ha deciso di ritirarsi momentaneamente dalla scena politica e tornare a tempo pieno nella sua “tana”, il quartier generale di Tesla ad Austin, in Texas. Fonti vicine lo descrivono come “frustrato, amareggiato, ma deciso a ripartire”. In passato, la rabbia è stata uno dei suoi carburanti: ha spinto l’uomo che dormiva in fabbrica a sfidare Ford e GM, che ridevano della Model S.

“Musk arrabbiato è come Hulk: può distruggere o costruire”, ha detto di recente un analista di Morgan Stanley. Ma questa volta l’avversario non è un colosso industriale, bensì una realtà economica globale fatta di inflazione, disuguaglianze, rivolte sociali e crisi climatica.

Fine di una bromance, inizio di un crepuscolo?

Elon Musk ha sempre avuto una doppia natura: visionario e provocatore, inventore e distruttore, eroe pop e miliardario solitario. Il suo legame con Trump è stato il riflesso di un’epoca di alleanze spregiudicate tra potere tecnologico e potere politico. Oggi, quel rapporto si incrina sul terreno dei conti pubblici, delle promesse mancate, e della realtà che torna a presentare il conto.

La domanda che resta è: Elon Musk è all’inizio del suo crepuscolo, o pronto a un ennesimo rilancio da outsider? Nel frattempo, il sogno americano corre il rischio di diventare un sogno personale, sempre più isolato. E l’uomo che voleva colonizzare Marte deve ora tornare a conquistare la Terra.