Mentre la bufera giudiziaria travolge il sindaco e la sua giunta, il cantante lo punzecchia con sarcasmo. Ed è solo l’ultimo di una lunga serie di attacchi. La guerra continua, come tra due rapper: si attende la prossima puntata
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Il sindaco Sala e il cantante Fedez
Quando Fedez si infila nelle notizie grosse, c’è sempre un rumore di fondo che sa più di autopromozione che di battaglia civile. Così, per restare umili. Perché, cosa c’è di meglio di una bella inchiesta giudiziaria che colpisce il Comune di Milano per infilarsi nel discorso con uno dei suoi soliti post dal tono indignato. D’altra parte, da tempo, il sindaco Beppe Sala, è nella sua lista nera. E la frase pronunciata in Consiglio comunale: “Io ho le mani pulite”, a Fedez, non va proprio giù. Così parte all’attacco: “Freud avrebbe parecchio da dire. E da analizzare”.
Già, perché citare Mani Pulite a Milano, secondo Fedez, sarebbe un autogol semantico imperdonabile. Non importa se lo dice un uomo sotto pressione, che cerca di respingere le accuse che piovono da settimane. Quel che conta è che la battuta sia efficace. L’occasione perfetta per lanciare la nuova puntata del suo Pulp Podcast. E poco importa se nel frattempo Milano affonda tra carte bollate, alloggi abusivi, famiglie disperate e assessori che cadono come birilli. E che fare rap non sia un titolo bastante per eleggersi a paladino della buona politica. Lo show deve andare avanti: nessuna tessera di partito, nessuna candidatura, nessuna responsabilità. Solo commenti, analisi semiserie, staffilate ben confezionate per fare rumore. L’importante è esserci. Essere dentro la notizia, anche se per sbaglio.
È un rapporto complicato, quello tra Fedez e la politica milanese. Da una parte, l’onorificenza dell’Ambrogino d’Oro, ricevuta nel 2020 insieme a Chiara Ferragni per l’impegno nella pandemia. Dall’altra, gli attacchi frontali, come quello al congresso dei giovani di Forza Italia dove aveva definito “una buona notizia” il fatto che Sala non possa ricandidarsi.
Ma il momento più iconico resta il freestyle a Real Talk, lo scorso dicembre. “Milano brucia, uno stupro ogni venti ore, lui influencer con fascia tricolore”, aveva improvvisato, accompagnando il tutto con un dito medio. La replica di Sala era stata diplomatica: “Non mi sembra che Fedez abbia contribuito alla sicurezza cittadina”. Controreplica secca: “Non è il mio lavoro. È il tuo”. Una guerra a colpi di Instagram e conferenze stampa, che continua a infiammare i salotti digitali e reali della città.
Questa volta ha scelto un terreno minato. L’inchiesta che ha terremotato la giunta Sala non è una polemica qualsiasi. Non è uno scontro di opinioni. Si parla di reati pesanti, favori, pressioni, regali. Si parla di 1600 famiglie lasciate in bilico, tra case comprate e ora a rischio demolizione. Si parla di fiducia tradita. E Fedez ci entra a gamba tesa come se fosse il solito post su Chiara Ferragni, un dissing in rima o un selfie con la maglia di qualcuno appena scaricato dal gossip.
Per di più, lo fa con l’arroganza di chi ormai ha deciso da che parte stare. Non si limita più a “dare fastidio a tutti”, come diceva un tempo. La traiettoria è chiara: dal palco di Forza Italia, dove qualche settimana fa è stato accolto come un ospite d’onore, alle interviste compiaciute e ridanciane con il generale Vannacci, passando per una pace annunciata con l’ex arcinemico Salvini. La virata a destra è completa, pure se lui non lo ammette. Anzi, magari domani dirà che è tutta una provocazione, un esperimento sociale, un modo per smascherare i meccanismi della comunicazione.
Nel frattempo, però, raccoglie applausi e like da quella parte politica che, fino a ieri, lo definiva “comunista col Rolex”. E lui incassa, rilancia, si diverte. Manca solo il post su Mussolini che “qualcosa di buono l’ha fatto” e poi il cerchio è chiuso.
Il punto non è se Fedez voglia davvero fare politica. Il punto è che già la fa. E che, nel suo modo alternativo, arriva dove molti non arrivano. Con oltre 14 milioni di follower, ogni parola diventa titolo. E ogni attacco, una bomba comunicativa. Quel che resta, alla fine, è la solita confusione tra denuncia e promozione. Tra impegno e posizionamento. Il discorso di Sala può piacere o no. Può apparire persino retorico. Ma quello che serve non è l’ennesima trovata di un influencer in cerca di riflettori.
Insomma, che sia Fedez a salire in cattedra, con la pretesa di spiegare etica e linguaggio a chi amministra una metropoli da quasi un decennio, fa sorridere. Un po’ come se un trapper spiegasse a Pasolini come si scrive una poesia.
La cosa buffa è che a leggere bene il post, Fedez fa anche un’analisi non banale. Parla di opportunità politica, di differenze tra ieri e oggi, del vuoto di leadership nel centrosinistra. Ma come sempre, rovina tutto con l’ansia da prestazione. Quella voglia incontenibile di far ridere, stupire, spaccare il web. È un po’ come i suoi dischi: oggi si ascolta, domani si dimentica. E se qualcuno tra i suoi follower gli fa notare che il suo parere era tutt’altro che richiesto, pazienza. Ci sarà un altro post da scrivere. Un’altra frase ad effetto. Un’altra battuta su Freud.
Ma davvero c’è ancora qualcuno che prende tutto questo sul serio?