Il cofondatore del M5s avvierà un’azione legale dopo la sua estromissione dallo statuto. Un gesto che segna un nuovo capitolo dello scontro con l’ex premier e il gruppo dirigente pentastellato
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Beppe Grillo è pronto a dichiarare guerra al Movimento 5 Stelle, o meglio a quello che ne resta dopo le ultime, profonde trasformazioni. Secondo fonti a lui vicine, il fondatore e garante storico del M5s avrebbe già incaricato i suoi legali di avviare un’azione legale per riprendersi simbolo e nome del Movimento. Una decisione che, se confermata, aprirebbe un nuovo, clamoroso capitolo nello scontro con Giuseppe Conte.
Le radici di questa frattura affondano negli eventi dell’autunno scorso, quando l’assemblea costituente del M5s ha approvato la riforma dello statuto eliminando la figura del garante. Una scelta che, di fatto, ha estromesso Grillo dal cuore decisionale del partito che aveva contribuito a fondare nel 2009, insieme a Gianroberto Casaleggio. Il garante è stato cancellato e con lui la possibilità, per il comico genovese, di mantenere un legame formale e diretto con la creatura politica che porta il suo nome e la sua visione.
«Il Movimento è stramorto, ma l’humus che c’è dentro no», aveva commentato Grillo poco dopo la modifica dello statuto, lasciando intendere che la storia non si sarebbe chiusa lì. E infatti il garante “deposto” ora vuole riaffermare la propria paternità: per Grillo, simbolo e nome del Movimento restano suoi, registrati dal 2012 e parte integrante della sua identità politica. Il contenzioso legale ruota attorno a questo punto cruciale: il marchio “Movimento 5 Stelle” e il simbolo con le 5 stelle dorate e la scritta “MoVimento” sono stati registrati a suo nome, e Grillo intende far valere questa titolarità.
«Vedere questo simbolo rappresentato da queste persone mi dà un senso di disagio. Fatevi un altro simbolo», avrebbe detto in privato, mentre pubblicamente ribadisce la sua contrarietà a un Movimento che – a suo dire – ha tradito i valori fondanti. A far traboccare il vaso c’è stata anche l’abolizione del limite dei due mandati, storico cardine della “regola aurea” grillina. Per Grillo si è trattato dell’ennesima deviazione da quei principi che avevano reso il M5s un soggetto politico unico nel panorama italiano: la rinuncia alla “casta” e l’alternanza delle cariche.
Conte e i vertici attuali, invece, hanno interpretato la mossa come una necessità per dare continuità e stabilità politica al Movimento. Due visioni inconciliabili. Se davvero Grillo porterà la sua azione legale fino in fondo, per il M5s si aprirebbe una sfida inedita: senza simbolo e nome, perderebbe il legame con la sua storia e la forza comunicativa che ha permesso, fin dall’inizio, di rompere gli schemi della politica tradizionale. Sarebbe una ferita grave, forse definitiva.
Sul piano politico, la battaglia di Grillo segna anche un’ulteriore conferma delle difficoltà interne del Movimento. Dopo la rottura con Luigi Di Maio e la nascita di Impegno Civico, dopo la parabola calante nei sondaggi e la delusione di molti ex attivisti, il possibile contenzioso legale rischia di spaccare ancora di più un partito che, agli occhi di molti, non ha più la forza propulsiva degli inizi. Eppure, dietro la mossa di Grillo non c’è solo la nostalgia o la voglia di rivalsa personale.
Il garante storico del M5s continua a sentirsi custode di un progetto che, seppure logorato e in declino, ha inciso profondamente nella storia politica italiana degli ultimi quindici anni. Ecco perché non accetta che il simbolo e il nome, nati dal suo genio comunicativo, vengano associati a un partito che oggi sente distante. Le prossime settimane saranno decisive per capire se l’annuncio delle fonti a lui vicine diventerà realtà. E se, dopo lo strappo dello scorso novembre, lo scontro tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte si consumerà anche nelle aule dei tribunali, in una battaglia legale che potrebbe ridefinire – forse per sempre – i confini del Movimento 5 Stelle.