Non solo Gaza

Ora anche la Cisgiordania ribolle, la testimonianza del corrispondente del Manifesto: «Situazione esplosiva»

Il giornalista Michele Giorgio racconta da Gerusalemme l’escalation di violenza. Già sono più di 60 i morti nei territori occupati a causa degli scontri con coloni israeliani e militari che hanno l’ordine di sparare a vista. Basta anche un lancio di pietre a scatenare la risposta

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di Glória Paiva
19 ottobre 2023
14:47
Militari israeliani in Cisgiordania (foto ansa)
Militari israeliani in Cisgiordania (foto ansa)

Dal lato israeliano, negozi chiusi, carri militari, movimenti incessanti di soldati e riservisti e, in alcune località, razzi che attraversano il cielo e difficoltà di accedere a provvigioni alimentari. A Gaza, invece, le immagini dei droni parlano da sole: dove le strade non sono diventate maree di macerie, ondate di sfollati riempiono gli spazi aperti. Ma a circa 70 chilometri da lì, la Cisgiordania è una pentola a pressione in cui l’acqua già comincia a bollire.

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In diverse città del territorio palestinese si registrano scontri, morti e arresti da giorni, in particolare dopo l’attacco all’ospedale al-Ahli di Gaza City, secondo i media locali. L’aggressione – la cui responsabilità ancora non è stata accertata da organismi indipendenti – ha portato migliaia di persone a manifestare a Nablus, Jenin, Tulkarem e Ramallah, dove alcuni gruppi cantavano parole d’ordine in sostegno a Hamas. Dal 7 ottobre, almeno 61 persone, tra cui bambini, sono state uccise e altre 1.250, ferite, nella Cisgiordania, secondo il ministero della sanità locale. Le vittime sarebbero cittadini palestinesi morti a seguito di scontri con le forze armate israeliane e con dei coloni israeliani.


Michele Giorgio, giornalista italiano e corrispondente da Gerusalemme per Il manifesto in Medio Oriente, ha parlato con LaC News24 e ha espresso la sua preoccupazione per una probabile escalation del conflitto nel restante territorio palestinese. Dopo gli attacchi di Hamas che hanno ucciso 1.400 cittadini israeliani, «c’è una situazione davvero esplosiva in Cisgiordania», ha detto. «Dopo il 7 ottobre, il soldati israeliani hanno ricevuto l’ordine di sparare a vista nel territorio. Ieri stesso un ragazzo palestinese che cercava di afferrare una pietra è stato ucciso dai soldati».

Anche la tensione, già normalmente alta tra palestinesi e coloni, è aumentata esponenzialmente, con l’incremento della violenza da parte di questi ultimi in cerca di vendetta e “punizioni esemplari”, ha raccontato il giornalista. Attualmente circa 700.000 coloni israeliani vivono nella zona, fra una popolazione di poco più di 2,1 milioni di abitanti, nonostante gli insediamenti siano considerati illegali dal diritto internazionale.

Insoddisfazione e proteste contro l’Autorità Nazionale Palestinese

Un altro aspetto che allarma sul futuro della Cisgiordania è la palese insoddisfazione del suo popolo – dimostrata dalle recenti proteste – contro il presidente dell’Anp Abu Mazen, «che ormai considerano un’agenzia a favore di Israele», secondo Giorgio.

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Se si dovessero verificare nuove situazioni drammatiche a Gaza, ad esempio con le incursioni militari per terra previste dall’Esercito israeliano, «potrebbe succedere di tutto» in Cisgiordania, ha affermato il corrispondente. Per non parlare di altre zone, ad esempio il confine con il Libano – da dove, quotidianamente, il gruppo armato Hezbollah spara razzi contro Israele, oppure la vicina Giordania, dove la polizia ha disperso una manifestazione pro-Palestina che cercava di marciare verso il confine con la Cisgiordania.

Assenza di elettricità e segnale Internet rende difficile il lavoro dei giornalisti a Gaza 

Secondo Giorgio, sono arrivati almeno 1.000 giornalisti stranieri in più nella regione negli ultimi giorni, ma l’acceso a Gaza da parte dalla stampa è stato praticamente interrotto dovuto alle continue operazioni militari nei principali punti di ingresso. «Il terminal di Erez (al nord della Striscia), che i giornalisti devono attraversare, è quasi completamente distrutto. E anche Askelon è una città pericolosa in questo momento, dovuto ai continui lanci di razzi», ha raccontato.

Rimane ai giornalisti palestinesi, molti dei quali lavorano per grandi agenzie e testate straniere, il compito di inviare le notizie e le immagini da Gaza. Con la sospensione dei servizi di telecomunicazioni e di rifornimento di energia elettrica nella zona da parte di Israele, i professionisti si arrangiano come possono, ad esempio con pannelli solari e batterie di auto per ricaricare i loro strumenti di lavoro, ha riportato il corrispondente. «Molti di loro devono spostarsi in altre zone per trovare internet disponibile», ha spiegato.

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