L’Europa trema, l’America tentenna e la politica nazionale appare sempre più distante dalla realtà di un conflitto globale che incombe
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Droni russi in Polonia, Tusk chiede l'aiuto Nato: «Vicini più che mai a un conflitto mondiale». Queste ultime notizie fanno tremare l’Europa e alla Nato scatta l’allarme rosso.
Intanto il discorso sullo stato dell’Unione di Ursula von der Leyen non è stato un rituale politico. È stato il resoconto amaro di un continente sotto assedio. L’Europa si prepara a costruire un “muro di droni” al confine con l’Ucraina, mentre la Polonia è costretta ad abbattere velivoli russi nel proprio spazio aereo. Aerei italiani sorvolano i cieli in missioni di ricognizione, segno che la guerra non è più una lontana eco, ma una minaccia che ci sfiora ogni giorno di più.
Nel Donbass, anziani in fila per una pensione vengono dilaniati da bombe, ennesima strage dimenticata in una terra che sembra condannata all’orrore. Nel Medio Oriente, i droni colpiscono le flotillas che tentano di forzare i blocchi, mentre l’aviazione israeliana sperimenta nuove armi invisibili, capaci di perforare qualunque difesa. E a Gaza si consuma la più immensa tragedia del nostro tempo: bambini che muoiono di fame, intere famiglie annientate, un’intera popolazione sospesa tra macerie e disperazione, sotto lo sguardo impotente o complice del mondo.
Le piazze europee non sono più tranquille. La Francia è attraversata da scontri violenti con la polizia, oltre cento arresti in un solo giorno. Tutto sembra incrinarsi: la politica, l’economia, la coesione sociale.
E mentre il pianeta vacilla, la Casa Bianca è ostaggio dei deliri di un presidente che alterna proclami di dazi e guerre commerciali a continue smentite, capace soltanto di agitare il mercato e di smarrire la direzione politica della più grande potenza mondiale. Un’America debole e contraddittoria, quando servirebbe leadership.
La sensazione, terribile, è che stiamo correndo verso un nuovo conflitto mondiale, con la differenza che questa volta il nucleare non è più un tabù ma un’arma considerata tra le opzioni. Le cronache ci consegnano un bollettino di guerra quotidiano, eppure fingiamo di non vedere.
E così, mentre a Bruxelles si discute di muri elettronici e nuove sanzioni, in Italia ci preoccupiamo delle elezioni regionali, dove abbondano le promesse da comizio e i rancori di partito. Ma tutto questo ci appare improvvisamente piccolo, misero, se confrontato con il rischio che ci sovrasta. La politica nazionale continua a parlare il linguaggio dell’illusione, ma attorno a noi il mondo crolla.
È il momento in cui servirebbero lucidità, unità, coraggio. Invece prevalgono i calcoli di bottega. Ma nessun calcolo regge davanti a un baratro. E oggi, guardando la mappa degli incendi geopolitici che divampano, quel baratro non è più una metafora. È il futuro che ci corre incontro.