In un’epoca in cui le certezze si sgretolano e le istituzioni democratiche vacillano, emerge con forza una figura antica e inattesa: quella del Papa. Il mondo sembra essere entrato in una nuova fase di inquietudine geopolitica e di disorientamento etico, in cui la democrazia – un tempo considerata l’inevitabile traguardo della storia – appare sempre più fragile, contestata, in ritirata. E proprio in questa congiuntura, il pontificato assume un ruolo centrale, forse decisivo.

Il declino della democrazia

Secondo il Democracy Index pubblicato ogni anno dall’Economist Intelligence Unit, il 2024 ha segnato un ulteriore arretramento della democrazia nel mondo. Solo il 7,8% della popolazione globale vive in una “democrazia piena”, mentre oltre un terzo è governato da regimi autoritari. Paesi come la Russia, la Turchia, l’Iran, la Cina e numerosi Stati africani e asiatici hanno consolidato regimi autocratici che si fondano sul controllo militare, sull’annientamento dell’opposizione e sulla repressione della libertà d’espressione.

In Russia, Vladimir Putin ha trasformato il potere in una monarchia di fatto, riscrivendo la Costituzione per rimanere al potere fino al 2036 e perseguitando ogni forma di dissenso. La morte in carcere di Aleksej Naval’nyj è solo l’ultimo atto di una lunga serie di violenze politiche.

In Turchia, Recep Tayyip Erdoğan ha eroso progressivamente le libertà civili, riducendo il potere del Parlamento, militarizzando la società, incarcerando giornalisti e oppositori. Il tentativo di colpo di stato del 2016 ha fornito il pretesto perfetto per una svolta autoritaria irreversibile.

L’India, formalmente una democrazia, è scivolata verso il nazionalismo integralista sotto la guida di Narendra Modi, mentre negli Stati Uniti – simbolo stesso della democrazia moderna – le istituzioni sono messe sotto pressione da polarizzazione, disinformazione e populismi.

In cerca di un’autorità morale

In questo paesaggio crepuscolare, la figura del Papa emerge come una delle poche autorità morali capaci di parlare a un mondo lacerato. L’elezione del nuovo pontefice – descritto come “americano, sudamericano, matematico e missionario” – rappresenta una sintesi straordinaria dei molteplici orizzonti del mondo contemporaneo: il Nord e il Sud globali, la ragione e la fede, la scienza e la spiritualità.

Questo Papa porta con sé il rigore della logica matematica e la compassione del missionario che ha vissuto tra i poveri. È figlio della cultura americana, ma radicato nella teologia della liberazione latinoamericana. È un uomo del XXI secolo, ma anche un ponte con la Chiesa delle origini. In un’epoca in cui i leader politici perdono credibilità, il Pontefice potrebbe rappresentare l’unico punto di riferimento globale nei prossimi vent’anni.

Il precedente di Giovanni Paolo II

Non sarebbe la prima volta nella storia moderna che un Papa influenza profondamente la geopolitica mondiale. Giovanni Paolo II, eletto nel 1978, ha avuto un ruolo cruciale nella caduta del comunismo in Europa orientale. Il suo primo viaggio in Polonia, nel giugno 1979, ha ridato coraggio al popolo polacco e ha ispirato la nascita del movimento di Solidarność. Lo storico britannico Timothy Garton Ash ha affermato: “Senza Giovanni Paolo II, non ci sarebbe stato il 1989”.

Il Papa polacco non ha guidato eserciti, ma ha parlato ai cuori delle persone. Ha infranto la paura. Ha dimostrato che il potere morale può essere più forte di quello militare. Lo stesso Lech Wałęsa ha riconosciuto che senza il suo sostegno, il sindacato non avrebbe mai potuto sfidare il regime comunista.

Le parole degli intellettuali

Già nel 1947, Winston Churchill ricordava che “la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte le altre finora sperimentate”. Oggi, questa ironica ma profonda verità sembra più attuale che mai. La fragilità delle democrazie non sta tanto nelle istituzioni quanto nel venir meno della fiducia collettiva.

Il filosofo tedesco Jürgen Habermas ha scritto che “una democrazia funziona solo se i cittadini condividono una base comune di valori e verità”. Quando questa base crolla, si apre la porta al potere arbitrario.

Il sociologo polacco Zygmunt Bauman, nel suo concetto di “modernità liquida”, aveva già previsto che l’insicurezza globale e l’ansia collettiva avrebbero spinto le persone a cercare autorità forti, simboliche, rassicuranti.

Una chiesa che ascolta e guida

Il nuovo Papa, in questo contesto, sembra incarnare un’inedita forma di leadership globale. Non ha divisioni militari, come notava ironicamente Stalin, ma possiede qualcosa di molto più potente: una voce che risuona oltre i confini degli Stati, delle lingue, delle religioni.

In un’epoca in cui i popoli si sentono smarriti e le guerre — dall’Ucraina a Gaza, dal Sahel al Mar Rosso — si moltiplicano, il Papa si propone come custode della coscienza universale. Non rappresenta un potere politico, ma un principio etico: il richiamo al rispetto della vita, della giustizia, della pace.

Una congiuntura storica irripetibile

Non è un caso che proprio ora, mentre il mondo assiste alla crescente egemonia delle autocrazie, il papato si stia trasformando nella più alta autorità morale rimasta in campo. La storia sembra aver assegnato al Pontefice un ruolo che va ben oltre i confini della Chiesa cattolica. Come un moderno “oracolo di Delfi”, parla all’umanità intera.

Il futuro sarà complesso e pieno di incertezze. Ma in mezzo al caos, potrebbe essere proprio la voce del Papa a indicare una via possibile, forse l’unica, per restare umani.

“In tempi di menzogna universale, dire la verità è un atto rivoluzionario.” (George Orwell)

*Hanno collaborato all’inchiesta con contributi esterni: Andrea Papaccio Napoletano, Giuseppe Scuticchio, Bruno Mirante.