Nel vertice tenutosi ieri nella capitale britannica Starmer, Von der Leyen e Costa hanno firmato due documenti storici che rilanciano la cooperazione tra Londra e Bruxelles
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Con la firma di due documenti congiunti, si è aperto un nuovo capitolo nei rapporti tra il Regno Unito e l’Unione Europea. Il vertice, ospitato a Londra e promosso dal premier britannico Keir Starmer nell’ambito del cosiddetto “reset” delle relazioni con Bruxelles, ha segnato il primo grande passo di riavvicinamento tra le due sponde della Manica dopo la Brexit.
L’incontro, che ha visto seduti al tavolo anche la presidente della Commissione Ursula Von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa, ha suscitato reazioni contrastanti. I tabloid britannici lo hanno bollato come «il summit della resa», mentre Nigel Farage ha tuonato: «Non azzardatevi a toccare la Brexit».
Il primo documento siglato è stato una dichiarazione congiunta sulle sfide comuni. Al centro, un’intesa sulla Difesa e Sicurezza, che prevede l’accesso del Regno Unito al fondo europeo Rearm da almeno 150 miliardi di euro, in cambio però di condizioni precise: le imprese britanniche dovranno consorziarsi con partner europei e Londra dovrà contribuire economicamente, come già avviene con il programma Horizon, al quale versa circa 2,5 miliardi l’anno.
Contestualmente, il Regno Unito ha aderito ufficialmente al Pesc, la piattaforma europea di politica estera e sicurezza comune, motivando la presenza al vertice dell’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri Kaja Kallas.
Il secondo documento, un memorandum d’intesa multilaterale, ha toccato altri ambiti fondamentali. In particolare, sono state gettate le basi per semplificare i controlli fitosanitari su carne e prodotti animali, un nodo che da anni penalizza le piccole e medie imprese britanniche esportatrici verso l’Ue.
È stato inoltre confermato lo status quo sugli accordi di pesca, prorogato per altri 3 o 4 anni, che consente ai pescherecci europei di operare ancora in acque britanniche. Un punto, questo, destinato a far infuriare i sostenitori più rigidi della Brexit.
Nel memorandum si è parlato anche di lotta al crimine organizzato, politiche energetiche condivise e riduzione delle emissioni. Ma uno degli aspetti più attesi riguarda i giovani sotto i 30 anni: verranno introdotte quote di mobilità limitata, che permetteranno a studenti e lavoratori europei e britannici di spostarsi da una sponda all’altra della Manica, pur senza accesso al welfare locale.
L’Ue aveva spinto per il ritorno dell’Erasmus e per una riduzione delle rette universitarie per i cittadini europei, ma su questo punto il governo di Londra ha mantenuto il punto. Tuttavia, i cittadini britannici torneranno a usare gli e-gates alle frontiere europee, evitando così le lunghe file a cui erano costretti in passato.
Nel suo intervento, Keir Starmer ha sottolineato: «In un momento di grande incertezza e instabilità, il Regno Unito non si chiuderà in sé stesso. Abbiamo già stretto accordi vantaggiosi con India e Stati Uniti: oggi facciamo un ulteriore passo avanti con l’Europa». Il premier ha parlato di «benefici concreti per l’occupazione, l’energia e la sicurezza», ribadendo la volontà del suo governo di «realizzare ciò per cui i britannici hanno votato lo scorso anno».
Da Downing Street è arrivato anche un attacco all’accordo post Brexit siglato dai conservatori: «Non funziona per nessuno. Questo nuovo corso migliorerà la situazione per produttori, supermercati e famiglie. Meno burocrazia, meno code e più cooperazione».
Ma il Parlamento britannico resta vigile. La Commissione Affari Esteri di Westminster ha espresso dubbi sulla strategia di Starmer, lamentando un «approccio troppo cauto» e l’assenza di una visione chiara sul lungo termine. La presidente Emily Thornberry ha invitato il governo a «osare di più, con fiducia», per rafforzare i legami con «nazioni affini, con cui condividiamo valori e sfide, come dimostra la guerra in Ucraina».
A trarre le conclusioni è stato Sandro Gozi, copresidente della Commissione Parlamentare euro-britannica: «Si apre una nuova fase, ma serve fiducia reciproca e un impegno serio su difesa, sicurezza, energia e pesca. Soprattutto, dobbiamo investire sui giovani, sull’intelligenza artificiale e sulla ricerca. Il futuro dell’Europa passa anche da qui».