Pier Silvio Berlusconi alla guida di un partito nuovo, magari con un logo elegante e il nome scritto in Helvetica. No, non è la puntata speciale di “Black Mirror” ambientata a Cologno Monzese, ma il pensiero estivo che attraversa i salotti (e i server) dell’internet politico.

A farlo esplodere come un razzo Starship è Andrea Stroppa, classe 1991, ex hacker redento, oggi voce e penna italiana del muskismo militante. Uno che sta nel cuore pulsante di X (ex Twitter), siede nei consigli strategici e sussurra ai potenti. E che in queste ore ha deciso di sganciare una bomba nucleare sulla politica italiana, fingendo di aver fatto solo un sondaggio.

Il quesito postato da Stroppa sulla sua pagina X – che conta oltre 125 mila follower, mica l’account di un barbiere di Frascati – è chiaro: «Pier Silvio Berlusconi dovrebbe entrare in politica e candidarsi alla guida del Paese?». Opzioni: sì o no. Risultato? Un 70% di no che però non scoraggia l’entusiasta Andrea. Anzi, rilancia: «Tre su dieci lo vogliono già in campo, senza nemmeno un programma. Ottimo risultato».

E qui parte il retroscena vero. Perché Stroppa non è uno qualunque. È l’uomo di Musk in Italia, la sua ombra nei corridoi romani, quello che lo accompagna nei palazzi, organizza meeting, cura i rapporti, dribbla la Farnesina e flirta con i colossi tech. È lui che ha mediato gli incontri con ministri, consulenti e imprenditori. È Stroppa che porta le idee muschiane al cospetto di Giorgia, tra intelligenza artificiale e libertà d’espressione “con algoritmi”.

E allora quando scrive che «Pier Silvio in politica sarebbe un evento positivo. E molto divertente», non sta solo commentando come un fan del GF Vip. Sta mandando un segnale preciso.

Pier Silvio, dal canto suo, tace. Com’è nel suo stile. Nessun proclama, nessuna diretta Instagram con gattini e bandiere. Ma è dalla morte del padre che il figlio più televisivo del Cavaliere si muove con passo da statista in pectore: parla di merito, di sostenibilità, di sobrietà e di famiglie tradizionali. Sembra già il ministro della cultura del futuro governo. O il premier con giacca sartoriale e faccia pulita.

E attenzione: non è una boutade isolata. Sono mesi che nel sottobosco politico circolano chiacchiere, bozze, ipotesi. Si parla di sondaggi riservati, di focus group che mostrano simpatia trasversale per il nome Berlusconi (ma non per Forza Italia). E ora ci si mette pure il team Musk, che dall’America osserva e – magari – investe.

Certo, l’idea fa ridere. Ma solo fino a un certo punto. Perché se un partito personale fondato da Pier Silvio, con dentro un po’ di volti nuovi e benedetto da un algoritmo intelligente, parte dal 15% (secondo Stroppa), allora sì che il panorama cambia. E tutto, improvvisamente, diventa possibile.

Nel frattempo i “grandi” della politica commentano come si fa con le notizie che spaventano: sminuendo. Antonio Tajani, segretario di FI, ha detto con calma democristiana che «ognuno può dire quello che vuole. L’importante è che siano proposte sensate». Ma non ha detto che Pier Silvio non lo farà. Anzi.

E forse a questo punto non è più nemmeno una questione di “se”. Ma solo di “quando”. Quando la televisione si farà partito. Quando il cognome Berlusconi tornerà sulla scheda elettorale. E quando Elon Musk, dal suo yacht spaziale orbitante sopra Capri, potrà twittare: «Italia is fun again».