Il comitato tecnico dell’agenzia Onu per la Cultura consiglia l’iscrizione della cucina italiana nella lista dei patrimoni immateriali dell’Umanità. La decisione politica arriverà a dicembre, a New Delhi. Esultano chef, istituzioni e produttori: «Una vittoria della nostra identità e del saper fare italiano»
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La cucina italiana fa un passo decisivo verso l’ingresso tra i patrimoni immateriali dell’Umanità. L’Unesco ha infatti espresso parere positivo sul dossier di candidatura, riconoscendo il valore culturale, sociale e identitario della nostra tradizione gastronomica. Si tratta del primo “sì” tecnico, una raccomandazione ufficiale che sarà ora sottoposta al voto politico del Comitato intergovernativo, in programma a New Delhi dall’8 al 13 dicembre.
Un traguardo atteso da anni, frutto di un lungo lavoro di squadra tra il Ministero dell’Agricoltura, il Ministero della Cultura e la Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco. Il dossier, intitolato “La cucina italiana tra sostenibilità e biodiversità”, rappresenta un viaggio attraverso l’Italia dei sapori, dei gesti quotidiani, delle ricette tramandate di generazione in generazione. Non solo pizza e spaghetti, ma l’intero patrimonio di saperi, prodotti e ritualità che compongono l’anima del nostro Paese.
L’organo tecnico dell’Unesco, composto da esperti internazionali di antropologia e patrimonio culturale, ha riconosciuto alla cucina italiana una funzione “di coesione sociale, di trasmissione di conoscenze e di tutela della biodiversità alimentare”. Una definizione che va ben oltre la semplice arte culinaria, abbracciando l’idea di convivialità, rispetto per il territorio e valorizzazione delle produzioni locali.
Nella valutazione pubblicata oggi, gli esperti parlano di “un modello di equilibrio tra innovazione e tradizione”, capace di preservare la memoria del passato e allo stesso tempo di evolversi in modo creativo. L’Italia, sottolineano, è “un laboratorio vivente di pratiche alimentari sostenibili, in cui ogni regione custodisce un patrimonio unico di ingredienti, tecniche e valori condivisi”.
Il prossimo passo sarà politico. Toccherà al Comitato intergovernativo, composto da rappresentanti di 24 Stati membri, ratificare la decisione. Ma il primo parere positivo è già considerato un segnale forte: raramente, infatti, una candidatura riceve una valutazione così favorevole nella fase preliminare.
Per il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, «è una giornata storica, un riconoscimento che premia non solo la qualità dei nostri prodotti ma il modo di vivere che ruota intorno alla tavola».
L’entusiasmo corre anche tra gli chef. Da Massimo Bottura a Gennaro Esposito, da Antonino Cannavacciuolo a Cristina Bowerman, tutti sottolineano come il valore della nostra cucina non stia soltanto nei piatti, ma nella capacità di raccontare un territorio. «La cucina italiana – spiega Bottura – è fatta di mani, di storie e di gesti quotidiani. È un patrimonio collettivo, non di singoli».
Un’eredità che affonda le radici nella storia. Dalla pizza napoletana – già Patrimonio dell’Umanità dal 2017 nella sua versione tradizionale – agli spaghetti, simbolo dell’ingegno mediterraneo, ogni piatto racchiude secoli di contaminazioni e scambi culturali. Ma il valore riconosciuto dall’Unesco riguarda anche la dimensione domestica: cucinare insieme, condividere, educare al gusto e al rispetto del cibo.
Il dossier ha raccolto contributi da università, associazioni, consorzi di tutela e piccoli produttori. Migliaia di pagine che raccontano la ricchezza dei paesaggi agricoli, la varietà delle materie prime e la centralità del rito del pasto come momento di relazione e identità.
Il riconoscimento – se confermato – avrà ricadute importanti anche sul piano economico e turistico. L’Italia è già leader mondiale per numero di siti Unesco, e la candidatura della cucina rappresenta un tassello che rafforza il legame tra patrimonio culturale e saper fare artigianale. Per Coldiretti, «è un’occasione per difendere la nostra tradizione da falsificazioni e prodotti che nulla hanno a che vedere con la vera cucina italiana».
Anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in un messaggio di augurio, ha sottolineato come «la cucina italiana sia un ponte tra generazioni e popoli, un simbolo della nostra identità nazionale e della nostra apertura al mondo».
Ora l’ultima parola spetta a New Delhi. Se la decisione politica confermerà il parere degli esperti, la cucina italiana diventerà ufficialmente Patrimonio culturale immateriale dell’Umanità, al pari della dieta mediterranea, del canto a tenore sardo e dell’arte del pizzaiolo napoletano.
Sarebbe un riconoscimento che consacra ciò che il mondo sa già da tempo: che il profumo di una pizza appena sfornata, la semplicità di un piatto di spaghetti al pomodoro e l’armonia di una tavola italiana rappresentano molto più di un pasto. Sono la nostra lingua più antica e universale. Una lingua che parla di cultura, bellezza e condivisione — e che da oggi è un po’ più vicina a diventare patrimonio di tutti.

