I dati di aprile: il calo delle vendite verso gli Stati Uniti a due mesi dal Liberation Day. Scambi mondiali in stallo, il mondo cerca nuovi mercati. E per gli Usa c’è un effetto boomerang
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L’economia globale è entrata in una fase di turbolenza dopo l’introduzione dei nuovi dazi “reciproci” annunciati da Donald Trump all’inizio di aprile 2025. A due mesi dal cosiddetto "Liberation Day", il bilancio è già evidente: il deficit commerciale degli Stati Uniti risulta quasi dimezzato rispetto al mese precedente, ma non per un aumento dell’export. Il calo è legato piuttosto a un crollo delle importazioni, che solo ad aprile sono diminuite di circa 70 miliardi di dollari rispetto a marzo.
Il segnale più evidente arriva dalla Cina, bersaglio principale della nuova ondata protezionista. Se a gennaio gli USA avevano importato beni cinesi per oltre 41 miliardi di dollari, in aprile la cifra è crollata a 25 miliardi: una contrazione del 39% rispetto a prima dei dazi, e del 20% su base annua.
Scambi mondiali in stallo, il mondo cerca nuovi mercati
L’impatto sulle due principali economie del pianeta – che insieme rappresentano quasi metà del commercio globale – è profondo e destinato a generare effetti a catena. La Cina, grande esportatore di acciaio, auto, navi commerciali e prodotti chimici, ora cerca sbocchi alternativi fuori dagli Stati Uniti. In Europa, intanto, la frenata americana si avverte in modo disomogeneo.
L’export dell’Unione Europea verso gli Usa ha registrato ad aprile un calo del 35% rispetto a marzo, ma resta stabile su base annua. Più critica la situazione per la Germania, che soffre in particolare nei settori colpiti dai dazi più pesanti, come l’automotive: -16% su marzo e -8,6% su aprile 2024.
Italia: meno esposta, ma inizia la frenata
Anche l’Italia, secondo esportatore europeo verso gli Stati Uniti, comincia a risentire del nuovo protezionismo. Ad aprile, l’export italiano verso il mercato americano è calato del 10% rispetto a marzo e del 4,4% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.
Il nostro Paese, tuttavia, era stato meno coinvolto nella fase di “accumulo precauzionale” da parte dei distributori statunitensi, che nei primi tre mesi dell’anno – in attesa dei dazi – avevano aumentato massicciamente gli acquisti da partner esteri. In quel periodo, il deficit commerciale Usa nei confronti dell’Italia era cresciuto del 18%. Con l’interruzione di questi acquisti, ora la discesa è più graduale rispetto ad altri paesi europei.
Un effetto boomerang per Trump
Il paradosso del “trumpismo economico” si manifesta con chiarezza nei dati ufficiali: sebbene il deficit commerciale Usa ad aprile sia sceso rispetto a marzo, nei primi quattro mesi del 2025 il disavanzo è aumentato di ben 70 miliardi rispetto al 2024. A causarlo, la corsa agli approvvigionamenti avvenuta prima dell’entrata in vigore delle nuove tariffe, che ha ingrossato le importazioni a inizio anno.
Così, le politiche economiche del presidente Trump sembrano finora produrre risultati opposti a quelli dichiarati: i mercati finanziari appaiono più instabili, aumentano i timori sul debito pubblico, e il ruolo del dollaro come valuta di riferimento globale è nuovamente sotto osservazione.