Il Festival slitta al 24-28 febbraio per non scontrarsi con le Olimpiadi. Giorgio Panariello apre alla reunion con Carlo Conti e Pieraccioni: «Torniamo solo se abbiamo un’idea che faccia ridere moltissimo. Niente passerelle di cortesia, quel palco è una brutta bestia»
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Sanremo resta a Sanremo. E fin qui, direte voi, niente di sorprendente. Ma visti i rumors delle scorse settimane – trasloco a Torino? Canale alternativo alla Rai? – valeva la pena ribadirlo: il Festival 2026 si terrà come sempre all’Ariston. Più precisamente da martedì 24 a sabato 28 febbraio, con uno slittamento dovuto alla sovrapposizione con le Olimpiadi Invernali di Milano-Cortina. Sarà una sfida tutta da raccontare: la musica italiana contro lo sci di fondo in prima serata.
A guidare la nave nella tempesta? Ancora lui: Carlo Conti. Dopo la buona prova del 2025 – solida, professionale, senza eccessi né inciampi – il conduttore toscano si è guadagnato la conferma. E stavolta, forse, si porterà dietro i vecchi amici: Giorgio Panariello e Leonardo Pieraccioni. Il trio toscano, che tanto fa ridere nelle tournée teatrali e nei cinepanettoni estivi, potrebbe finalmente salire insieme sul palco più temuto d’Italia.
Ma c’è un però, grosso come l’Ariston. Panariello ha già messo le cose in chiaro: «Ci andremo solo se avremo un’idea davvero buona. Qualcosa che faccia ridere molto, anzi moltissimo. Se è solo per fare gli amichetti di Carlo, no. Quel palco è una brutta bestia».
E lui lo sa bene. Perché quel palco Panariello lo conosce da vicino, e gli ha già fatto molto male. Era il 2006 quando si cimentò da conduttore, reduce dal successo in Rai con Torno Sabato. Ma il suo Festival, affiancato da Victoria Cabello e Ilary Blasi, fu uno dei meno seguiti della storia. Un’edizione che voleva essere innovativa – niente ospiti internazionali, scenografia firmata Dante Ferretti – e finì per essere ricordata soprattutto per il disastro di ascolti. Fu l’anno della vittoria di Povia con Vorrei avere il becco, e della disfatta mediatica per Giorgio.
«Mi hanno massacrato», ha raccontato anni dopo. «Non dormivo la notte. Andavi in conferenza stampa e ti dicevano le peggio cose. Non vedevo l’ora che finisse. Sanremo non è il mio posto. Ci vuole pelo sullo stomaco e sangue freddo». Dichiarazioni che ancora oggi fanno scuola per chi sogna il Festival senza sapere davvero cosa lo aspetta.
Ecco perché la sua cautela è più che giustificata. Salire su quel palco con il vecchio amico Conti e il complice Pieraccioni è allettante, certo. Ma non a costo di rischiare una figuraccia nazionale. «Volevamo evitare i paragoni con Amadeus e Fiorello», ha aggiunto, spiegando perché il trio non fosse già apparso nel 2025. «Carlo odia i paragoni, e aveva ragione: ci avrebbero messo in croce».
Intanto, l’edizione 2026 resta ancora un mistero dal punto di vista musicale. Nessuna certezza sui big, nessuna lista trapelata, nessun ammiccamento da parte delle case discografiche. Del resto, con le Olimpiadi di mezzo, la vera impresa sarà solo riuscire a trovare spazio e visibilità in una griglia televisiva già iperaffollata.
Ma se c’è uno che sa reggere il palcoscenico anche nei momenti più complicati, è proprio Carlo Conti. E chissà che stavolta non riesca a portare con sé anche un’idea brillante, divertente, davvero toscana. Purché sia buona, perché a Sanremo – come ha insegnato Panariello – non si perdona niente.