Il ricordo

Sessant’anni fa la strage del Vajont che spazzò via quasi 2mila vite, Mattarella sui luoghi della tragedia

Quattro paesi distrutti e una ferita ancora aperta. Il presidente della Repubblica: «Tormenti che tuttora turbano e interrogano le coscienze»

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di Francesca Franzè
9 ottobre 2023
15:37

A sessanta anni dalla tragedia del Vajont che ha letteralmente distrutto Casso, Erto, Castelavazzo rendendoli paesi fantasma e Longarone (ora in parte ricostruita), oltre che la vita di intere popolazioni che abitavano quei luoghi, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è tornato nei luoghi del disastro per ricordare le quasi 2mila vittime e per rimarcare l’impegno dello Stato affinché simili disastri non si ripetano. «Siamo qui a rendere memoria di persone, quelle che sono morte il 9 ottobre 1963, le sopravvissute, quelle che hanno dovuto lasciare le loro case e quelle che hanno lottato strenuamente per ricostruirle, per rimanervi».

Mattarella ha parlato poi «dei silenti monumenti alle vittime, a quelle inumate nei cimiteri, a quelle sepolte per sempre nei greti dei corsi d'acqua, sulle pendici: donne, uomini, bambini. Cinquecento bambini. Sono tormenti che, tuttora - sessant'anni dopo - turbano e interrogano le coscienze». 


Le parole di Meloni

Parole di vicinanza alle famiglie delle vittime e all’intera valle del Vajont sono state espresse anche dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni che tramite i social ha mandato un messaggio di vicinanza alle famiglie delle vittime sottolineando come l’irresponsabilità umana e le voci inascoltate della comunità al corrente dei rischi, siano state causa motrice di una tragedia che si «poteva e doveva evitare. A distanza di 60 anni, il ricordo del Vajont resta un monito per tutti noi. Non dobbiamo dimenticare quanto è costata l'irresponsabilità umana in quella terribile notte del 9 ottobre 1963 a una Comunità che era pienamente consapevole dei rischi, ma che rimase inascoltata. In memoria di quella terribile tragedia, una ferita ancora impressa all’Italia tutta, il nostro impegno affinché eventi simili non si ripetano mai più nella nostra Nazione. Nel ricordo delle vittime del Vajont continueremo a lavorare per un'Italia più sicura».

La strage

Per i sopravvissuti al disastro del Vajont - che letteralmente significa “scende giù” -  nome del torrente che scende tra le province di Pordenone e Belluno, rispettivamente del Friuli Venezia Giulia e del Veneto, esiste un prima e un dopo alla strage.

Sono le 22.39 del 9 ottobre 1963, quando un’enorme fetta del Toc, montagna che domina più della metà del fianco sinistro della vallata del torrente Vajont, si stacca e scivola velocissima nel bacino artificiale creato dalla diga del Vajont causando 1.910 morti. Solo 1500 i corpi recuperati.

L'enorme frana di 260 milioni di metri cubi di roccia e fango si era staccata dal monte Toc e stava precipitando nel bacino sottostante, creando un'onda di 250 metri d'altezza che, in parte, sbattè e risalì sulla montagna opposta, 'piallando' la parte bassa di Erto e Casso, in parte si lanciò verso la diga, la scavalcò, e con la forza di 30 milioni di metri cubi d'acqua in viaggio a 80 km orari piombò su Longarone. Chi ha calcolato quella velocità, ha stimato che quello 'tsunami' abbia impiegato 4 minuti per raggiungere la valle del Piave. Una tabula rasa. Una strage.

La fine della vicenda giudiziaria del Vajont arrivò molti anni dopo, nel 2000, quando lo Stato - e in quota parte Enel e Montedison - pagarono 77 miliardi di lire per i danni morali e materiali alle popolazioni colpite . 

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