VIDEO | Sul social Truth, il presidente Usa ha condiviso una clip generata con l’intelligenza artificiale che mostra l’ex presidente ammanettato dall’Fbi. Renzi: «Oltre ogni limite, è barbarie»
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Non c’è limite alla vergogna. Né al kitsch. Né all’uso distorto del potere che alcuni credono di poter esercitare come se fossero i padroni del pianeta. Donald Trump, già presidente e attuale inquilino della Casa Bianca, ha deciso di oltrepassare ogni confine morale, istituzionale e perfino tecnologico: ha pubblicato sul suo social Truth un video completamente falso, generato con l’intelligenza artificiale, in cui si vede Barack Obama arrestato da tre agenti dell’Fbi nello Studio Ovale. Lo stesso ufficio che lui, il primo presidente afroamericano della storia Usa, ha occupato per otto anni con dignità e rispetto delle istituzioni.
Il video inizia con Obama che afferma: «Soprattutto il Presidente non è al di sopra della legge». Poi una carrellata di politici americani – reali, con frasi reali – che ripetono: «Nessuno è al di sopra della legge». Fin qui, tutto vero. Ma è qui che il giochetto si trasforma in qualcosa di inquietante: l’intelligenza artificiale genera un’animazione che mostra Obama ammanettato da agenti dell’Fbi, mentre Trump lo guarda da una scrivania, sorridente e compiaciuto. La clip si chiude con una scena ancora più surreale: Obama in una cella, vestito con la tuta arancione del carcere.
Una fiction. Ma tossica. Una trovata da Bagaglino – solo più pericolosa, più sofisticata, più virale –. Non uno sketch, ma un deep fake pensato per umiliare un avversario politico, distorcere la realtà, giocare con le emozioni più basse del pubblico. E proprio per questo, spaventosa. La reazione è immediata. E stavolta, anche bipartisan.
Matteo Renzi, leader di Italia Viva, si scaglia contro l’operazione: «Con questo video contro Obama, Trump supera ogni limite. Mostra il livello pericoloso che può raggiungere l’intelligenza artificiale. E mostra soprattutto il punto più squallido che può toccare la Casa Bianca. Solidarietà al Presidente Obama. E un messaggio agli elettori: chi vota sovranista fa male all’economia con i dazi, ma fa male anche alla dignità delle istituzioni con le fake news».
Gli fa eco il vicepresidente di Iv, Enrico Borghi, che rincara: «Siamo dentro una deriva che non può passare sotto silenzio. Non ci aspettiamo parole dai trumpiani italiani, garantisti a senso unico. Sono già pronti all’emulazione. Questa idea che le istituzioni siano proprietà privata con cui prendersi vendette è barbarica. Da rigettare. E naturalmente: forza Barack!».
Una presa di posizione netta, che trova eco anche tra intellettuali e commentatori internazionali. Perché non è solo un attacco a Obama: è un attacco all’idea stessa di verità, alla possibilità di distinguere ciò che è reale da ciò che è costruito a tavolino. È il salto definitivo verso un futuro in cui la disinformazione non ha più bisogno di troll russi o blog oscuri: basta un algoritmo, una piattaforma e l’arroganza di chi si sente intoccabile.
Trump, già abituato a fluttuare tra accuse penali, fake news e incendi verbali, alza l’asticella dello scontro e lo fa con un cinismo lucido. L’effetto è quello di un virus: colpisce le difese democratiche, insinua il dubbio, e al contempo galvanizza la pancia dell’elettorato più fanatico, quello che ha già mostrato in passato di credere a qualunque cosa, anche ai complotti su pedofili nelle pizzerie.
Non si tratta di ironia. Non è satira. È una vera e propria arma politica digitale, che usa il volto di un ex presidente per riscrivere la narrazione a proprio favore. E questo mentre l’intelligenza artificiale avanza più velocemente delle leggi in grado di regolamentarla. L’uso distorto della tecnologia per manipolare l’opinione pubblica è ormai realtà. E se oggi è toccato a Obama, domani potrà toccare a chiunque. Basta un prompt, una foto, e la reputazione – o la libertà – di una persona può essere distrutta.
Barack Obama, al momento, non ha replicato. Ma il silenzio dell’ex presidente pesa più di qualsiasi commento. La sua immagine, quella vera, continua a parlare da sola: sobrietà, istituzionalità, rigore. Il contrario di chi oggi si diverte a diffondere simulazioni di arresti come se stesse giocando a un videogioco distopico. E che, nel farlo, svilisce ogni giorno di più il ruolo che ricopre.