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di Serena Laterza
12 agosto 2022
06:30

Fondato da Ulisse e decantato da Virgilio: viaggio nel borgo di Squillace tra storia, cultura e leggenda

Posizionata in un punto strategico, originariamente eletto per il controllo dell’omonimo golfo sul mar Ionio, la città prese vita su tre colli a circa 344 metri sul livello del mare, abbracciati dai torrenti Alessi e Ghetterello

Destinazioni

Nelle alture che sovrastano la meravigliosa Costa degli Aranci è custodito l’incantevole borgo di Squillace, in provincia di Catanzaro, città ricca di storia, tradizioni, cultura e leggende, nonché famosa per la produzione artigianale di terrecotte e ceramiche. Posizionata in un punto strategico, originariamente eletto per il controllo dell’omonimo golfo sul Mar Ionio, la città prese vita su tre colli a circa 344 metri sul livello del mare, abbracciati dai torrenti Alessi e Ghetterello. (foto in basso di Ferdinando Polito)


Secondo la leggenda, la sua fondazione è attribuita a Ulisse, il quale approdò sulla costa in seguito a una tempesta durante il viaggio verso la sua amata Itaca. Fonti più attendibili indicano che Squillace era anticamente denominata Skyllation e che rappresentava un importante centro di comunicazione e un porto militare e commerciale di grande importanza.

Tant’è che Virgilio scriveva nell’Eneide, decantando il suo porto: «Di qui si scorge il golfo di Taranto sacro ad Ercole, se è vero quanto si dice, e di fronte si erge la dea Lacinia e le rocche di Caulon e Scylaceum che infrange le navi». Dopo la seconda guerra punica, la città fu conquistata e riedificata dai romani (tra il 123 e il 122 a.C.), attribuendole il nuovo nome di Scolacium e trasformandola in uno snodo fondamentale per la comunicazione tra la costa ionica e la costa tirrenica.

Con l’avvento del Cristianesimo, nel 71 d.C., vi fu aperta una delle più importanti diocesi della regione, che divenne nel tempo guida e punto di riferimento delle altre diocesi calabresi. Solo intorno al VI-VII secolo d.C, gli abitanti di Scolacium occuparono la collina attuale, in seguito all’abbandono della colonia romana per via delle invasioni longobarde e saracene.

Qui, il grande Flavio Magno Aurelio Cassiodoro, nato e morto a Squillace, tra il 485 e il 580 d.C., dopo aver ricoperto la carica di primo ministro alla corte di Teodorico il Grande e dei suoi successori, fece ritorno a Squillace, dove fondò il monastero di Vivarium, un centro studi e di copiatura di antichi testi di grande importanza, tanto da essere definito la prima università d’Europa. 

Il Castello di Squillace, dal dominio normanno al potere della famiglia Borgia

L’antico Castello di Squillace è oggi meta di turisti e visitatori, quale tappa rinomata nell’itinerario di escursioni naturalistiche e archeologiche, che dalle Serre arrivano al Parco di Scolacium. Dall’alto della cittadina, la struttura domina proprio dove un tempo vigeva il monastero di Cassiodoro, presentandosi come un’imponente opera architettonica di vario genere, rimaneggiata sicuramente più volte nel corso dei secoli. Oggi rimane una parte delle alte mura perimetrali edificate sul costone roccioso, i resti di due torri, una a pianta cilindrica, l'altra più imponente a pianta poligonale e il portale bugnato seicentesco recante lo stemma in marmo della famiglia dei Borgia.

Per la sua posizione di controllo fu, dal principio, teatro di continui scontri, fino a quando, nel 1044, il normanno Ruggiero I d'Altavilla conquistò Squillace, avviando un periodo di splendore per la città, con la riedificazione del castello, la latinizzazione del culto e l’avvio di importanti opere, come la Cattedrale. Seguì l’egemonia di Federico II di Svevia - a cui si attribuisce con molta probabilità l’ammodernamento della struttura - e il dominio di altre numerose famiglie: i Lancia, i Monfort, i Del Balzo, i Marzano, per poi passare nelle mani Federico I di Napoli e poi dei Borgia, fino al 1729.

Nel 1783, un terribile terremoto ne danneggiò la struttura, mantenendo comunque evidente l’impianto di origine normanno, ancora oggi lampante. Attualmente, il Castello di Squillace è visitabile in tutto il suo splendore, oltre a ospitare eventi culturali, che scelgono continuamente questo luogo carico di storia quale cornice ideale per promuove arte e iniziative locali.

Inoltre, dalla sua altezza dominante, è possibile godere del meraviglioso panorama sul mar Ionio, che dalle splendide spiagge di Caminia di Stalettì si prolunga fino al promontorio di Capo Rizzuto.

La Tomba degli amanti e gli scavi archeologici al Castello

Alla fine degli anni Novanta, una campagna di scavi condotta dall’École Française all’interno del Castello di Squillace, portò alla luce, nei pressi della torre poligonale, la sepoltura di una coppia di scheletri abbracciati, vissuti tra il 1200 e il 1300, che creò grande suggestione: i crani erano inclinati l’uno verso l’altro, le mani strette e intrecciate, quasi che i due corpi fossero stati uccisi per cause violente.

Si fantastica, infatti, che la Tomba degli amanti, così ribattezzata nella zona, fu il destino di un amore travagliato, nato in un contesto storico probabilmente particolare, tanto da supporre che i due fossero stati sepolti vivi. Sempre negli anni Novanta, un’altra campagna di scavi portò alla luce una seconda importante sepoltura nella sala principale del castello, questa volta di due soldati, per cui la stanza è stata rinominata la Sala dei guerrieri. Inoltre, dagli scavi archeologici del 2008 sono stati rinvenuti i resti di una necropoli risalente al VI/VII secolo d.C., dove i corredi funebri emersi rimandano a defunti appartenenti a un ceto sociale benestante.

La tradizione secolare delle ceramiche di Squillace

La storia della produzione di ceramiche a Squillace si perde nei secoli. Già in epoche antiche, l’argilla era il materiale d’eccellenza per la produzione di utensileria del quotidiano, tanto che in tutta la regione era nota la ceramica graffita dal caldo colore rosso scuro dei maestri Figuli di Squillace, molto richiesta nelle grandi corti.

Proprio Cassiodoro riservò grande attenzione a quest’arte di cui si rilevano ancora influenze bizantine, a partire dalla tecnica dell’ingobbio - un procedimento che consiste nel rivestire il manufatto con un velo di argilla caolinite (di colore bianco), che viene poi decorato a graffio con una punta acuminata, conferendo all’argilla il colore rosso scuro in contrasto con l’ornato ingobbiato biancastro - e dai termini di origine bizantini usati ancora oggi: “argagnu” e “argagnaru”, che indicano rispettivamente il manufatto e chi lo ha modellato.

Oggi numerosi reperti rinvenuti, di elevato valore artistico, rappresentano la costante produzione di ceramiche squillacese nei più importanti musei del mondo, tra cui Londra, New York, Parigi, Palermo, Faenza. Questo ruolo culturale di importante rilevanza, ha dato vita negli ultimi anni al Consorzio “Le Ceramiche di Squillace”, quale testimonianza di una storia produttiva passata, ma anche di sviluppo e valorizzazione di un mestiere da tramandare. Camminando per le vie di Squillace, infatti, oggi è possibile ammirare numerose botteghe artigiane che portano avanti l’antica tecnica dell’ingobbio, da cui prende vita la bellissima ceramica graffiata, tanto che il ministero dello Sviluppo economico ha concesso l’autorizzazione per applicare il marchio doc sulle ceramiche di produzione locale.

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