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di Asmara Bassetti
9 maggio 2024
12:24

La festa del Maio, una tradizione lunga più di un secolo che la Calabria non deve perdere

Risale ai primi anni del Novecento e ha ripreso vigore negli ultimi due decenni. Un rito antico, che ha le sue origini nella cultura pagana dedicata a Demetra, dea della natura e dell'agricoltura

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Una struttura lignea alla quale vengono appesi dolci e biscotti, ma anche taralli o forme di caciocavallo con le sembianze di animali, in base al paese di provenienza. La creazione del maio, che deriva dalla parola maggio, è una tradizione antichissima che era presente in vari paesi della Calabria, che lo scorso anno è stata ricreata grazie all'associazione V.E.S.C.A. - Volontari dell'economia sociale, culturale  ed ambientale, a Longobucco che ha organizzato la prima edizione de I Paesi Del Territorio Del Maio Itinerante, ad agosto. La seconda edizione si svolgerà durante i festeggiamenti di San Cataldo, il 9 e 10 maggio, che vedrà portare i maii di Longobucco e Crosia a Cariati, in onore della festa del patrono.

 


Come nasce la tradizione del maio

Il maio nasce dalla cultura pagana dedicata alla dea Demetra, dea della natura e dell'agricoltura, per richiedere la prosperità nei campi e per i raccolti, in particolare del grano, pratica che con gli anni è diventata un ex voto. Grazie ad un'idea di Luigina Diletto, segretaria dell'associazione V.E.S.C.A., sostenuta anche dal presidente Pino Flotta, lo scorso anno si è svolta la prima edizione della Festa del Maio, alla quale oltre a Longobucco hanno preso parte anche altri paesi della Calabria in cui era presente in passato il culto per Demetra. I maii, che prima erano dedicati alla dea dell'agricoltura, diventano in un secondo momento riti religiosi, che vedono le strutture addobbate, essere donate ai santi patroni dei singoli paesi in segno di devozione, per una grazia richiesta o per grazia ricevuta, un ex voto appunto. Non ci sono fonti che attestino la data precisa in cui il rito ha iniziato a diffondersi, ma si sa con certezza che il maio è legato al grano, visto che è proprio a partire da questo mese che il grano si miete. In Calabria risale ai primi anni del '900, interrompendosi per alcuni decenni per poi riprendere negli ultimi 20 anni a questa parte. Erano soprattutto i contadini a mantenere viva la tradizione, utilizzando anche 30 chili di farina per impastare i taralli da sistemare, un vero e proprio sacrificio considerando i tempi duri e la fatica che si faceva anche nel portarlo, elementi che donano ancora più valore al rito.

 

La prima edizione del Maio a Longobucco in occasione di San Domenico

Lo scorso anno per la prima volta si è svolto a Longobucco la prima edizione della Festa del Maio, chiamata I Paesi Del Territorio Del Maio Itinerante, portato in onore di San Domenico, patrono del centro cosentino. Oltre a vedere in piazza la struttura realizzata dal paese ospitante, erano presenti anche i maii di Pietrapaola, Bocchigliero, Scala Coeli, Calopezzati, e Cariati, con l'intento di riuscire a coinvolgere tutti i paesi in cui la tradizione è ancora viva. «Abbiamo richiamato questi paesi per unire simbolicamente le nostre culture, poiché è proprio quest'ultima che li unisce. Le comunità che abbiamo invitato hanno risposto positivamente, portando la loro tradizione per farla incontrare con la nostra e con le altre», dice Diletto. Ogni maio si differenzia dagli altri per varie caratteristiche: quello di Longobucco ad esempio è fatto utilizzando l'agrifoglio, pianta protetta che cresce in Calabria, e in paese ne esistono 3, risalenti agli anni '70, tramandati fino ad oggi, dove in cima vengono messi a volte dei formaggi tipici. A Bocchigliero è in legno di pino giovane, su una struttura alta dai 3 ai 5 metri, formato da 3 conocchie, strumento che insieme al fuso permettevano di filare la lana, per ricordare proprio l'opera di tessitura svolta delle donne. Sopra le conocchie sono sistemati i taralli, tanti da raggiungere anche i 20/30 chili di farina. Alla punta vi è una specie di "nido", dove una volta veniva sistemato un gallo vivo, simbolo arcaico del passaggio dalla notte al giorno, anche segno di prosperità e ricchezza. Caratteristici anche i maii di Cariati, fatti con una struttura alta e sottile, ai quali vengono appesi i fusilli, dolci tipici fritti e lavorati con il fuso. Fiori rossi addobbano il maio di Calopezzati, scelta fatta dall'associazione organizzatrice con l'obiettivo di valorizzare il lavoro all'uncinetto delle donne. A Scala Coeli l'ex voto viene offerto a Sant'Antonio e realizzato a mo' di albero della cuccagna. Un evento che nasce al fine di riunire vari paesi del territorio calabrese che portano avanti questa tradizione.

 

La seconda edizione della festa del maio a Cariati

Dopo la prima edizione dello scorso agosto, si organizzerà tra pochi giorni, il 10 maggio a partire dalle 10:00, la seconda edizione dei Paesi Del Territorio Del Maio Itinerante, che vedrà la donazione dei maii a San Cataldo, patrono di Cariati, da parte di Longobucco e Crosia - conosciuto anche come Mirto Crosia - quest'ultimo paese legato ad una storia che partirebbe dalla prima guerra mondiale. In quel periodo, le donne rimaste in paese si rivolsero a San Michele Arcangelo, chiedendogli di far tornare sani e salvi i propri mariti e i propri figli dalla guerra,  per poter seminare i campi di grano, visto che le riserve erano ormai agli sgoccioli. San Michele esaudì le richieste delle donne, che gli offrirono in dono il maio, spostando la festa di San Michele da settembre a maggio poiché aveva concesso la grazia. Solitamente veniva utilizzata come struttura un tronco di un albero decorticato, a cui venivano appesi per giri concentrici dei taralli fatti con olio, farina e anice. Col passare del tempo il maio ha modificato un po' il suo aspetto, ed è stato arricchito con la presenza di salumi e formaggi, ma anche di nastri e fiori. La tradizione vuole che il maio, così addobbato e colorato venga portato in processione e donato al Santo. Seguirà poi la riffa del maio, e la condivisione dei taralli tra gli adulti della comunità, mentre ai bambini vengono donati i famosi “piscicedd”, a forma di pesciolini , e alle bambine le “pupidd’ , le pupe, ovvero bamboline, fatti sempre con lo stesso impasto.

 

«A Longobucco  lo scorso anno si è creata una bella sinergia durante I paesi del rito del maio itinerante, e siamo riusciti a far arrivare questa tradizione anche fuori dai nostri contesti. Lo scopo finale è quello di far riconoscere il rito come Patrimonio Unesco dell'Umanità, iter che sta seguendo Pino Iannelli dell'archivio Cineteca della Calabria, che da sempre si occupa di diffondere e valorizzare le nostre tradizioni». E conclude: «Ci piacerebbe ampliare il progetto anche ad altri paesi fuori regione, come Accettura, in Basilicata, sulla cui struttura non vengono appesi biscotti, ma si tratta di un albero portato durante la notte di natale dedicato alle divinità. Sarebbe bello portare tutti e 19 i maii che si realizzano ancora in Calabria, per sottolinearne l'importanza e far sì che queste tradizioni non vadano perdute».

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