È certamente uno dei castelli più belli e meglio conservati di tutto il sud Italia. Ed è da visitare assolutamente. Potrebbe sembrare un invito azzardato a recarsi a Corigliano Alta, ed invece, per la sua maestosità, per com’è stato restaurato, per quanto abbia resistito a innumerevoli terremoti nei secoli, il castello di Corigliano vale una visita. Questo “spot” renderà – sicuramente – poca giustizia alle bellezze architettoniche, ingegneristiche e artistiche del luogo, che si conserva oggi praticamente intatto. Un luogo passato di mano in mano, da Roberto il Guiscardo – che l’ha edificato nel 1073 – alle famiglie Sanseverino, Saluzzo e, infine, Compagna e che ha ispirato anche… il Palazzo del Quirinale a Roma. Ognuna delle famiglie proprietarie ha lasciato – come vedremo – il segno e consegnato al XXI secolo una bellezza inestimabile.
Un “viaggio” che LaC News24 ha compiuto nella storia e nel tempo, tra corridoi, sale, segrete e anfratti, grazie alla preziosa guida della direttrice del Castello ducale di Corigliano, Agata Febbraro.

I passi nella storia

La direttrice del Castello ducale di Corigliano, Agata Febbraro
La direttrice del Castello ducale di Corigliano, Agata Febbraro
La direttrice del Castello ducale di Corigliano, Agata Febbraro

«Certamente – spiega Agata Febbraro – è uno dei castelli più belli e meglio conservati del Sud Italia, anche perché ha resistito a numerosi terremoti. Il castello è stato fondato da Roberto Guiscardo e si data al 1073. Il primo impianto riguarda soltanto la Torre Mastio. A seguito della formale istituzione della Contea di Corigliano da parte di re Tancredi di Altavilla viene successivamente ampliato dalla famiglia Sanseverino nel 1162. Intorno al 1300 nasce l'impianto del castello che vediamo oggi, con tre torri angolari, un corpo abitativo centrale e una torre mastio separata per esigenze difensive. Il maniero subisce, nel tempo, una serie di aggiunte, rimaneggiamenti e rimodernamenti ogni volta che cambia proprietà, a partire dall'avvento dei Saluzzo, e ancora prima degli otto anni di amministrazione diretta regia col re Ferdinando II, quando si trasforma il castello in una fortezza militare, con il contributo dell’architetto Antonio Marchesi da Settignano. Quindi si realizzano le “scarpe” che sono la porzione troncoconica che vediamo sulla facciata esterna, e servivano a rendere meno agevole l'assalto la castello: è una porzione che sostanzialmente rende più stabili le fondamenta».

Successivamente, con la nomina di duchi conferita alla famiglia Saluzzo, il castello subisce una nuova ristrutturazione, un nuovo ampliamento. «Vengono realizzate il sopralzo ottagono della torre mastio, il rammodernamento della scala interna che conduce al piazzale delle armi e che sostituisce la rampa di legno precedente e viene realizzata la cappella di Sant'Agostino. Con l'arrivo dei baroni Compagna la pianta cambia poco. L'unica aggiunta fondamentale realizzata dalla famiglia Compagna è il collegamento tra la cappella e il resto del corpo abitativo centrale, attraverso una sala di raccordo e la creazione del corridoio delle armi che serviva a introdurre e ad accompagnare il visitatore alla sala degli specchi».

Le opere d’arte

Il castello ducale di Corigliano custodisce molte opere d’arte. «Il castello è affrescato principalmente da Girolamo Varni – sottolinea la direttrice – che si occupa della realizzazione della cupola e della meravigliosa Torre Mastio, probabilmente un unicum in Italia, oltre ad aver realizzato i soffitti di tutte le stanze e i salottini di rappresentanza, che però erano abbelliti con carte da parati, quindi più deperibili. La decorazione del Salone degli Specchi si deve, invece, a Ignazio Perricci. L’eco della magnificenza di questo salone fu così ampio, tanto da ispirare la Sala degli Specchi del Quirinale, che è una copia più grande di quella del castello di Corigliano, realizzata dallo stesso Pericci. Oltre alle opere murarie abbiamo anche una serie di opere sia di pertinenza del castello che portate successivamente, e tutte di grande valore. Tra queste, il “Salve Regina!”, la pala d'altare dipinta da Giandomenico Morelli che si trova nella cappella di Sant'Agostino, commissionata dal barone Compagna per la somma, allora, di 23mila lire nel 1872, circa 600mila euro odierni. Nel maniero è conservata anche l’“Ascensione” di Giovan Battista Gaulli detto il Baciccio e il “San Girolamo penitente” attribuito a Luca Giordano. Sulla sommità del portale d’ingresso della cappella di Sant’Agostino troviamo un busto marmoreo realizzato da Pietro Bernini, padre del più celebre Gian Lorenzo».

I luoghi

Molto interessanti sono le tecniche ingegneristiche utilizzate, dalla difesa alla refrigerazione negli ambienti, tra il l’XVII e il XVIII secolo: due forni in mattoni, di grandi dimensioni – ad esempio – erano dotati di un sistema di cunicoli in muratura che si diramavano lungo le pareti e sotto i pavimenti e riscaldavano con l’acqua calda tutte le sale del castello, grazie ad una camera d’aria posto sotto il piazzale. D’estate l’aria fresca che si incanalava, complice lo spessore dei muri del piano “ammezzato”, le rinfrescava.

La Torre Mastio

L’emblema architettonico del castello è la torre di guardia e di avvistamento. Nel primo passato, era collegata al resto del castello da un ponte levatoio sostituito, poi, nel 1800 da un passaggio in muratura, trasformato con delle vetrate in giardino d'inverno. Nella seconda metà del 1600, sul primo nucleo normanno fu costruita la torretta ottagonale o sopralzo e nel 1800 il pittore Girolamo Varni affrescò i vari livelli. Il primo livello è affrescato con motivi geometrici, il secondo con scene delle Crociate, il terzo con scene di mitologia greco-romana ed, infine, l'ultimo con l'Araldica. La cima della Torre è caratterizzata da un gazebo in vetro, seconda terrazza, a quota 25,30 metri d’altezza. Al centro della Torre è posizionata la scala elicoidale in ghisa, composta da 134 gradini e realizzata in loco da maestranze napoletane.

Il Salone degli Specchi

Secondo la tradizione locale vi nacque nel 1354 Carlo d'Angiò, futuro re di Napoli. Decorato dal maestro Ignazio Perricci da Monopoli (1870-80) per volere del barone Compagna, è caratterizzato da grandi specchi racchiusi in cornici di stucco dorato e coperti da sontuosi broccati a trama d'oro che scendono su raffinati divani in raso che, insieme ai lampadari in cristallo di Boemia, esprimono l'elaborata eleganza del barocco napoletano. Il soffitto è decorato con una tecnica particolare denominata “trompe-l'oeil” con una prospettiva aperta su un cielo stellato, il palcoscenico della vita, da cui si affacciano personaggi in costume coriglianese tipico dell’800. Il maestro Perricci di lì a poco venne chiamato a realizzare il salone degli Specchi al Quirinale, riproduzione di quello coriglianese.

La cappella di Sant’Agostino

Realizzata nel 1650 per volere di Agostino Saluzzo, primo duca di Corigliano, la cappella dedicata a Sant'Agostino presenta forma ottagonale. Nella cupola sono visibili una lanterna da cui proviene la luce e una finestra inginocchiatoio, che le nobil donne utilizzavano per seguire la messa, lontane dal popolo. I lavori di restauro hanno portato alla luce gli affreschi, raffiguranti la chiesa celeste e quella terrena, realizzati dal pittore Girolamo Varni nella seconda metà del XIX secolo.

Nel 1867 il barone Compagna commissionò al celebre pittore napoletano Domenico Morelli, per 23mila lire, la realizzazione del trittico "Salve Regina", altrimenti detto "La Madonna delle Rose", che raffigura, ai lati, Sant'Agostino e Sant'Antonio Abate. Sopra la porta d'ingresso è collocato il busto di Sant'Agostino, attribuito a Pietro Bernini padre di Gian Lorenzo.
Tra gli elementi di arredo si notano l’organo a canne, realizzato dal maestro Francesco Conci, un paramento sacro in seta (sec. XVII - XVIII), l’acquasantiera in marmo (fine XVI sec.), il confessionale ligneo (1700) ed il reliquiario in legno intagliato (XIX sec.).

Gli altri locali

Ancora quasi del tutto intatte – ed arredate – la camera da letto del barone Compagna, la camera da letto della baronessa, conosciuta anche come “Sala di Venere” con un grande letto a baldacchino in ferro battuto; la sala da pranzo, elegante e visitabile imbandita con porcellane dell’epoca. Accanto agli arredi pregiati, sulle pareti sono esposte due tele del ‘600 di autore ignoto, “L’arrivo di Ermina tra i pastori” ed “Ermina tra i pastori”. Stupefacenti sono il camino in marmo di Carrara bianco con putti del XIX secolo, la statua di San Sebastiano e San Francesco in legno, un volume in pergamena di canti gregoriani.
Non potevano mancare le prigioni, dette del “Monaco”, un luogo originariamente adibito allo stazionamento di una guarnigione di soldati. La presenza di una bombarda testimonia che era usata per la difesa del castello e solo dal 1600 divenne prigione. Si dice che per volontà del duca Saluzzo, ogni anno, il 28 agosto, per devozione a Sant’Agostino, si concedesse la grazia ai prigionieri colpevoli di reati minori.

Strategica è la Santabarbara, il luogo adibito a custode delle munizioni e delle armi, protetto da mura spesse dodici metri. La si raggiunge attraverso due corridoi curvi, lunghi e stretti che, secondo le tecniche militari permetteva di difendere meglio la polveriera. Le frecce e le armi, che seguono una traiettoria dritta, non avrebbero potuto raggiungerla.

Insomma, il castello ducale di Corigliano val bene una messa.