Giovanissimo ma con una carriera brillante ad accompagnarlo sin da ora. Francesco Barbuto, classe 1999, è un ballerino professionista. Un ragazzo che sul palcoscenico ha trovato il suo equilibrio, la sua dimensione. Sembra essere nato lì sopra, sulla scena. Davanti ad un pubblico che rimane senza fiato vedendolo volteggiare nell'aria. Elegante, raffinato, sospeso in volo come se il tempo si inceppasse e rimanesse immobile per un istante, eterno per un secondo. Come se il cielo si staccasse per prestarsi al teatro e lo abitasse fino al calar del sipario.

Originario della provincia di Catanzaro, e più precisamente di Caraffa, Francesco ha lasciato la Calabria alcuni anni fa per intraprendere un intenso percorso formativo all'estero e fare della danza il suo lavoro, mischiando sogno e realtà. Dopo gli studi accademici a Dresda ed una serie di esperienze in prestigiosi teatri d'Europa e d'America, oggi è occupato con la compagnia di balletto presso il Teatro dell'Opera di Lipsia, in Germania.

Per conoscerlo meglio, abbiamo deciso di incontrarlo per rivolgergli qualche domanda.

Ciao Francesco, grazie intanto per la tua disponibilità. Andiamo con ordine: raccontaci della tua passione per la danza, quando ti accorgi di non poter fare a meno del ballo?
«Ciao Francesco, grazie per avermi contattato. Mi lusinga che abbiate avuto interesse nel fare questa intervista. Sin da quando ero bambino, credo di aver in me una forte passione verso l’arte in generale. Diciamo che mi ha sempre entusiasmato prendere parte a recite scolastiche e ballare nel caso vi fosse stata anche una piccola possibilità».

Il tuo percorso di formazione quando incomincia e come si evolve nel tempo?
«La mia danza si è concretizzata nel tempo. Il mio sogno di ballare nasce in una piccola scuola del mio paesino in Calabria dal quale provengo, per poi proseguire gli studi ad "Artedanza" a Catanzaro. Non ho iniziato da piccolissimo, come si è soliti fare, poiché avevo anche altre passioni. Nonostante il desiderio di ballare, io e la mia famiglia eravamo estranei a quello che la danza in sé per sé potesse significare. I traguardi e le soddisfazioni sono state tante, il percorso è stato duro; una volta perfezionatomi a Catanzaro, incoraggiato dai miei maestri, il desiderio di espatriare era grande e così feci, passando tra varie scuole e teatri all’estero».

Danzare è per te sinonimo di sognare? Quali sono le emozioni che porti addosso quando sei sul palcoscenico?
«Beh, credo che nonostante il sogno si sia concretizzato un po’ di tempo fa, negherei dicendo che danzare non susciti in me emozioni e sensazioni che mi portano al di là di quella che è la realtà. Il palcoscenico è un tempio di emozioni e ritrarre un sogno, una favola o una battaglia ti porta comunque in un mondo parallelo, lontano da reali circostanze. Ammetto che a volte ci si possa sentire in ansia o sopraffatti prima di ballare, suppongo sia comunque dovuto alla difficoltà del passo portato in scena; in una live performance, in un attimo può succedere di tutto. Penso sia importante rimanere concentrati e cercare di non perdere di vista l’obiettivo».

Dalla Calabria ai più teatri più importanti del mondo, qual è la soddisfazione più grande che hai vissuto sotto il profilo professionale?
«Le soddisfazioni sono state tante. Con molta felicità ricordo sicuramente il percorso triennale in scuola a Dresda. È stato ricco di progetti, spettacoli e viaggi, per esempio mi permise di andare in America. Viaggio che ricorderò per sempre come una delle esperienze più belle della mia vita: è stato ciò che mi premeva più fare, un sogno realizzato direi. E per concludere, ovviamente, il sogno diventa realtà quando, una volta finita la scuola, inizi a lavorare in un teatro. Un altro momento indimenticabile è stato quando ricevetti il mio primo contratto di lavoro con il Teatro dell’Opera di Lipsia (dove attualmente mi trovo, con la compagnia di balletto)».

Quanto sono stati importanti gli insegnanti, la famiglia e gli amici nel corso della tua carriera?
«Importante, se non fondamentale ed insostituibile, è stata la presenza costante e l’appoggio della mia famiglia, che ha sempre creduto in me, sostenendomi anche quando le cose intorno a me si facevano dure. Gli insegnanti penso siano il pilastro più importante per la riuscita di un ballerino. Nella mia carriera sono stato fortunato ad averne incontrati tanti e diversi. Fa parte del percorso avere accanto un/a maestro/a che ti sprona e crede in te, ma anche che ti corregga e sgridi se necessario. Con gli amici, vabbé, condividi le più pazze avventure, risate e pezzi di vita. Ho parecchie persone che porto nel cuore, che mi hanno accompagnato tra adolescenza e crescita».

Attualmente in cosa sei occupato e quali sono i progetti futuri?
«Attualmente abbiamo diversi spettacoli. Il repertorio della compagnia varia dalla danza classica a quella contemporanea. La stagione del teatro quest’anno termina a fine giugno e riprendiamo ad allenarci a metà agosto. Poi da lì si ricomincia. Progetti futuri, chissà! Io sono una persona aperta, quindi accetterei qualsiasi cosa si presenti al di là di ciò che svolgo quotidianamente. Mi piacerebbe spaziare, sempre nel mio ambito. Comincio ad interessarmi e a pensare come potrei usare quella che è appunto la mia passione, ma anche il mio lavoro».

Qual è il tuo rapporto con la Calabria? Ti manca quando sei in giro per il mondo?
«Quando penso di tornare in Calabria, prettamente per il periodo di vacanze estivo, il cuore si riempie di felicità. Sarà la nostalgia di casa, del mare e di quella leggerezza che solo il tuo paese può darti. Più tempo passa, meno torno... e questo fa un po’ male, soprattutto quando cominci a veder meno le persone care, più di quanto fossimo già abituati. Ripartire, vabbé, per me è una tragedia. Le lacrime sono tante e anche l’amarezza. Mi ci vuole un po’ per ristabilire l’equilibrio che ho durante l’anno quando sono fuori, perché tornare in Calabria vuol dire tanta spensieratezza. Il pensiero di casa è sempre con me, mi accompagna in qualsiasi cosa io faccia».

Grazie, Francesco.
«Grazie a te, Francesco! Spero non vi siate annoiati a leggere tutto. Se siete arrivati fino a giù, beh, ringrazio tutti voi per il vostro tempo e lo spazio dedicatomi. A presto!».