La matematica che sta dietro e dentro la sua musica. Ingrid Carbone, pianista e matematica cosentina, ricorre a un format inedito, innovativo, proiettato al futuro, per raccontare di sé e delle sue più grandi passioni, la matematica e la musica per l’appunto.

Tra pianoforte ed orazione, con le sue “conversazioni-concerto”, raggiunge varie parti del pianeta per proseguire il suo singolare percorso di divulgazione. Recentemente, presso l’Universidad Nacional Autonoma de Mexico, uno dei più prestigiosi centri di ricerca matematica dell’America Latina, la docente ed artista ha portato al centro dell’attenzione «la congiunzione astrale tra due mondi soltanto apparentemente distanti».

Dal prossimo 16 giugno sarà invece impegnata in Giordania, invitata dall’ambasciata italiana ad Amman, dove terrà tre giorni di masterclass presso il conservatorio e un concerto finale nel teatro del Al-Hussein Cultural Center.

Sin da piccola, Ingrid Carbone dimostra una spiccata passione verso la musica ed il pianoforte in particolare. A 19 anni consegue il diploma finale presso il Conservatorio di Cosenza, sua città natale, ed inizia a collezionare numerosi riconoscimenti, tra questi otto Global Music Awards e due nomination agli International Classical Music Awards. Al contempo nota una particolare inclinazione verso le discipline scientifiche conseguendo la laurea in matematica a soli 21 anni. A 27 diventa ricercatrice presso l'Università di Bari ed attualmente insegna Analisi Matematica presso l'Università della Calabria.

Per conoscere meglio la sua storia e la sua carriera abbiamo deciso di incontrare la pianista matematica cosentina per rivolgerle alcune domande.

Professoressa Carbone, intanto la ringraziamo per la sua disponibilità nei nostri riguardi. Di recente le sue "conversazioni concerto" hanno fatto tappa presso l’Universidad Nacional Autónoma de México. Che riscontro ha intercettato questo suo singolare format in America Latina? Ci può raccontare qualche aneddoto?

«È un piacere per me essere intervistata da voi, e vi ringrazio per l’attenzione che mi state dimostrando. L’invito da parte dell’Universidad Nacional Autónoma de México mi ha certamente lusingata, dato il prestigio dell’istituzione, e rappresenta un altro importante tassello che si aggiunge alle mie molteplici attività: avevo già tenuto eventi su Matematica e Musica, ma questa volta ho voluto dare un taglio più accademico, facendo precedere la mia conversazione-concerto da una presentazione attraverso slides con cui ho voluto mettere in evidenza i punti in comune tra Musica e Matematica, passando anche attraverso i risultati sull’analisi del cervello dei musicisti attraverso le neuroscienze. Questo evento, organizzato dall’Instituto de Matemáticas dell’Università, si inserisce in un progetto di alto valore culturale: “Diálogos entre Matemáticas y Cultura”. L’evento è stato seguito da diverse parti del mondo, ha ricevuto numerosi apprezzamenti e ha stimolato diversi interventi con domande interessanti come, a titolo d’esempio, se io intenda pubblicare un libro sulla mia conversazione-concerto su Leoncavallo o altri compositori. Una tale domanda scaturisce dall’originalità della mia presentazione, e anche dall’assoluta novità della musica pianistica di Ruggiero Leoncavallo, che il mio doppo album ha finalmente portato alla ribalta. Ne è prova il fatto che la mia interpretazione del suo “Notturno” ha raggiunto i 170.000 ascolti su YouTube. L’evento è stato trasmesso in diretta sul canale facebook dell’Instituto de Matemáticas, ma sarà accessibile a chiunque perché in pubblicazione sul canale YouTube dello stesso istituto, e sarà raggiungibile anche dalla pagina web dedicata a questi incontri. Potete immaginare la mia reazione quando ho visto più di 5000 visualizzazioni a pochi minuti dalla fine della diretta! E in cinque giorni il video è arrivato a quota 10.000. Insomma, direi che il bilancio è più che positivo».

Qual è l'elemento, il particolare, il dettaglio che più di altri la emoziona in fatto di musica e quale invece nel campo della matematica?

«Domanda difficile! Non saprei descrivere un dettaglio, bensì un aspetto. Nella musica, l’emozione è intrinseca: non posso pensare alla musica senza pensare all’emozione che mi dà. Ma forse ciò che mi emoziona di più è vedere il coinvolgimento e l’emozione del pubblico. Quello è il momento in cui posso dirmi davvero soddisfatta, in cui posso dire che il mio lavoro è stato indirizzato bene. Per quanto riguarda la matematica, credo che ciò che mi emoziona di più sia vedere la soddisfazione delle mie studentesse e dei miei studenti quando arrivano all’esame padroni della materia. La loro soddisfazione diventa la mia soddisfazione, e anche in questo caso ho la conferma di aver lavorato bene».

Dai tasti del pianoforte a quelli della calcolatrice c'è un precipizio di mezzo, un salto vertiginoso, o non sono poi così distanti?

«Non sono per nulla distanti! Basta pensare al ritmo e al solfeggio per vedere la matematica che c’è dietro. Non si può studiare musica senza conoscere il solfeggio, e non si può comprendere il solfeggio senza padroneggiare l’aritmetica. D’altra parte, nel Quadrivio insieme con Matematica, Astronomia e Aritmetica c’era la Musica. Questo è un po’ l’abc. Per me, però, il legame tra Musica e Matematica è ancora più stretto, perché le mie attività di ricerca e di didattica in Matematica (adesso all’Università della Calabria, prima all’Università di Bari) hanno orientato e arricchito la mia attività artistica in maniera direi unica, vista l’unicità del mio doppio profilo: da una parte, attraverso un’impostazione di studio “scientifico” che mi consente di raggiungere una conoscenza profonda dello spartito, andando oltre le note; dall’altra, attraverso una facilità di comunicazione che mi fa raggiungere, attraverso le mie conversazioni-concerto, ogni tipo di pubblico e mi permette, così, di divulgare musica e cultura».

I giovani trovano nella musica un punto di riferimento mentre faticano ad orientarsi in mezzo ai numeri e alle lettere durante le ore di lezione di matematica. Perché? Cosa si può fare per bilanciare la situazione?

Ciò che scrive è vero, ma non tanto (purtroppo) per la musica classica che, invece, fatica ad entrare a pieno titolo nella formazione comune e nelle attività di divulgazione. I giovani hanno difficoltà a concentrarsi, e la causa è una sola: l’uso e l’abuso dei telefoni cellulari e delle comunicazioni rapide e superficiali. E mi riferisco anche alle comunicazioni tra di loro: non interagiscono, comunicano attraverso messaggi. Si stanno alienando. Benvengano, quindi, le iniziative volte a ridurre e (spero) eliminare l’uso dei telefoni cellulari a scuola: ascoltare un professore è infinitamente più interessante e coinvolgente che guardare lo schermo di un tablet o di un computer!».

Che rapporto ha con la Calabria? Le sue origini e la sua terra hanno condizionato, provocato, istigato la sua passione per la musica e la matematica?

«Al Conservatorio “Giacomantonio” di Cosenza devo la mia formazione musicale di base, all’Università della Calabria la mia formazione matematica di base. In entrambi i casi, sono stati il trampolino di lancio. Ma sono stati i miei genitori a indirizzarmi, con esempi e opportunità. La passione per la musica, infatti, è iniziata a otto anni, quando i miei genitori mi hanno regalato un pianoforte. Ed è stato amore a prima vista. Ma in famiglia si ascoltava sempre musica classica, dunque sono cresciuta con questa “normalità”. La matematica si respirava in casa, essendo mio padre un matematico. In merito al rapporto con la Calabria, devo dire che è conflittuale, un po’ amore e odio, perché è una regione bellissima, i cui paesaggi mi lasciano sempre senza fiato, ma che non valorizza le proprie eccellenze, o addirittura le ignora, e costringe a cercare spazio (e successo) altrove. Un gran peccato: è un autogol con danni irreversibili».

Musica o matematica, a chi restano più cose da dire?

«Temo che la musica abbia detto quasi tutto. Lo dico da cultrice della musica classica, ben consapevole che per valorizzare tutti i compositori classici ci vorranno ancora decenni. È un po’ come chiedere ad un esperto del Rinascimento se la pittura del ventunesimo secolo ha ancora qualcosa da dire! Senza ombra di dubbio, invece, la matematica ha davanti a sé un universo ancora da scoprire e inventare, dato l’avanzare così spedito delle nuove e nuovissime tecnologie (che non esisterebbero senza matematica)».

La sua carriera dimostra che una passione talvolta non basta. È necessario un suo raddoppio, un supplemento. Nella sua vita coltiva anche qualche altro interesse?

«Certamente, e diversi! Innanzitutto la lettura, una passione alla quale vorrei poter dedicare più tempo di quello che ho, e che affonda le radici nella mia famiglia, con mio padre matematico (da sempre divoratore di libri), e mia madre classicista. Poi l’amore verso gli animali, soprattutto quelli abbandonati. Nella mia casa c’è sempre spazio per qualcuno di loro. Adesso ho tre gatti e un cane. Ma c’è anche l’interesse verso le lingue straniere: oltre all’inglese, parlo un po’ di portoghese e studio russo e cinese. E poi l’interesse ad accrescere le mie conoscenze e la mia cultura, che ritengo sempre insufficienti. In ultimo, ma non in ordine di importanza, sento il bisogno di giustizia, equità, verità, di essere d’aiuto. Ma penso di non fare mai abbastanza».