Beppe Grillo, lo stupro e la melmosa ipocrisia dei suoi censori

Dalla penna “politicamente scorretta” di Antonella Grippo l’impietosa e caustica lettura delle reazioni al video che il leader politico ha realizzato in difesa del figlio accusato di violenza sessuale

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di Antonella Grippo
27 aprile 2021
09:56
Beppe Grillo nel video delle polemiche
Beppe Grillo nel video delle polemiche

Questa volta Beppe ha cannato di brutto. Il suo "paterno" video non contempla passaggi suscettibili di indulgenza, se non quella, ribadita in ogni dove, della consanguineità "amorevole". La temeraria uscita in mare aperto dell'ex comico genovese è un atto kamikazico senza precedenti. Una sorta di spettacolare suicidio delle "buone intenzioni". Del resto, se convochi tutti i tòpos della maschietà più atavica ("non si denuncia uno stupro dopo otto giorni" et similia), rischi inevitabilmente di suscitare l'erezione delle coscienze "politicamente corrette", comprese quelle più marcatamente fasulle.

Sì, perché al netto della pessima incursione del Nostro, c'è da dragare tutta la palude dell'ipocrisia da indignazione d'ordinanza, tempestivamente esplosa, che non convince affatto e che ha lo stesso olezzo di un totano sdraiato al sole delle Maldive. Dopo la diffusione dell'"arringa" grillica per il figlio Ciro, pattuglie insospettabili di novelli zeloti hanno decretato il crucifige. Si sono incazzati tutti: misogini militanti improvvisamente convertiti al femminismo, similsuffragette non propriamente eredi di Simone de Beauvoir, paraculi del "pensare al mirtillo", noti spacciacazzate dei partiti, che, in privato, ti dedicano il dolce epiteto "troia" per poi destinarti pubblico afflato quando finisci nei guai.


Se Grillo è un fiotto primordiale, molti dei suoi censori sono l'inganno che per l'occasione tramuta in Biancaneve. Si tratta di sanculotti isterici in servizio permanente a tutela di presunte virtù di Stato che, per storia e cultura, non appartengono loro. I tupamaros della Santità progressista e non. Quelli che, insperatamente, da destra e sinistra, giocano a fare il SuperEgo freudiano della Nazione, grazie allo schianto del Verbo di Grillo.  E che, paradossalmente, gli sono speculari per l'ingordo, feroce puritanesimo giustizialista di originaria marca pentastellata.

Gli improbabilissimi custodi del Bene, non contenti, imbandiscono banchetti sanguinari in rete per stritolare tra le fauci il feticcio di Beppe. Si nutrono di ebbrezze dionisiache, con tanto di bava sgorgante da labbra livide. Dentro un regolamento di conti che nemmeno il Giudizio Universale. Moralistucoli dalle etiche diroccate che, da una parte, invocano la civiltà giuridica e culturale del rispetto verso le donne e, dall'altra, schierano tamburi primitivi in forsennata ritmica per reclamare lo scalpo di Beppe.

Una menzione speciale meritano, poi, quanti sin qui avevano oltraggiato la Magistratura, salvo riscoprirne il culto e farsene apostoli, contro la blasfemia mossa a quest'ultima dallo stesso Grillo. Siamo all'orgia dello sdegno di maniera. Al trionfo della supercazzola partigiana: al travestimento dell'interesse di partito in illibatezza finta e mimata. All'indignatio praecox, il cui fetore dovrebbe insospettire soprattutto noi altre ragazzacce sgamate e cattive di questo ed altri tempi storici. Inamovibilmente fraudolenti e bugiardi.

Giornalista
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