Le Perfidie

Dal “celodurismo” di Bossi al “celomollismo” di Matteo al tempo di Draghi

L’ipnotico effetto Draghi ha inferto un duro colpo al “celodurismo” di origine leghista sospingendolo verso l’abisso. Vuoi vedere che la più cazzuta è lei? L’analisi caustica di Antonella Grippo

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di Antonella Grippo
25 luglio 2021
14:29
Matteo Salvini (foto ansa)
Matteo Salvini (foto ansa)

In principio fu Umberto, il senatùr, la cui canottiera lasciava inabbronzato un pezzo di cingolo pettorale. Il ruvido indumento, in realtà, alludeva all'antropologia del carpentiere padano incline all'utilizzo di cazzuola, calcestruzzo, coccio pesto e pozzolana. Il Verbo di Bossi, così abbigliato, accese vigori maschi, precedentemente taciuti e omessi da Grezzago a Brembate di Sotto. Il "celodurismo", nella sua versione primigenia, mosse alla conquista del Nord, al grido di battaglia di "Roma ladrona!" In men che non si dica, il sentire celtico si espanse prodigiosamente, alla stregua di un patriottismo cazzuto del "particulare" lombardo di chiara marca antinazionalista. Una figata indipendentista mica da ridere!

Nel 2013 l'avvento di Matteo. Il Nostro, di lì a poco, dopo aver dismesso valbrembanesimo, ampolle del Po, elmetti vichinghi ed empiti di secessione, violerà il target d'origine alla volta di una nuova acchiappanza elettorale: il capocantiere di Battipaglia e (perché no?) il geometra del catasto di Melicuccà.


Salvini, attraverso un triplo salto mortale carpiato, issa così il vessillo del nazionalismo prima dileggiato. A tal fine, rivaluta sia Alain de Benoist che il suo contrario, quell'Alvin Rabushka, inventore della flat tax e discepolo dell'ultra liberista Milton Friedman. Come dire, pere, mele e barbabietole unite nella lotta. Ma tant'è. Ad ogni modo, le elezioni del 2018 premiano il Carroccio e gli conferiscono la golden share del centrodestra. La vicenda politica che ne consegue,  con il Papeete Beach a far da spartiacque, è nota ai più.

L'attualità a noi più ravvicinata racconta di un Matteo che non tocca palla, stante l'aura sacrale e inviolabile di Mario Draghi. Quest'ultimo, infatti, mette in riga-ogni due e tre- il malcapitato, inibendone il "fiotto" creativo. L'ultimo cazziatone, in ordine di tempo, detona da quel lapidario "l'appello a non vaccinarsi è appello alla morte." Una sberla così ferma da costringere il Carrocciato a farsi inoculare il siero alla velocità della luce. Altro che "celodurismo"!

Siamo alle brache che declinano sempre più in basso: al "celomollismo" di bandiera. All'apostasia del virilismo primordiale della Lega. Del resto, SuperMario ha sin qui dragato (mai voce verbale fu più congrua) la palude delle contraddizioni, delle gracilità concettuali di tutto il modesto politicare italico, i cui detriti sporgono ormai in superficie. Una particolare menzione, in tal senso, meritano gli ex illibati grillettini che da "mai con Rocco Siffredi e con Juan El Caballo Loco", sono passati al "va bene pure con Gennarino Passaguai". 

Insomma, si fa strada una sorta di illanguidimento dei partiti in campo, il cui potere ha ormai il medesimo turgore di una lagna canora di Romina Power. Dopo di che, il copyright del "celodurismo" non più salviniano è già migrato al Sud, in una sorta di contrappasso dantesco, meridiano e decentrato. A "rapinarlo" ci ha  già pensato Vincenzo De Luca. Hai voglia di schierare tutto l'armamentario evocativo di Pontida! Con Vincenzo irrompe il  Testosterone Ontologico, in grado di rincoglionire persino l'Immaginario dei forestali di Benevento. Sempre che Giorgia, l'irriducibile Giorgia, da donna, mamma e cristiana, non propenda, sul piano politico ovviamente, per un metaforico scippo "gender fluid" che ne rilevi ulteriormente la già maschia femminilità dentro uno splendido, apparente ossimoro. Lo sappiano i  carrozzieri di Tor Bella Monaca.

Giornalista
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