Elezioni Usa spartiacque: dopo il 5 novembre inizierà il XXI secolo, con cambiamenti epocali anche per l’Italia
Nuovi scenari mondiali: la contrapposizione novecentesca tra sinistra e destra verrà superata dalle posizioni antitetiche fra unilateralisti e multilateralisti
Il New York Times, ripreso dai giornali di tutto il mondo, ha lanciato la notizia dell’incriminazione per vari reati del sindaco della Grande Mela, Eric Adams, del partito democratico, afroamericano. L’inchiesta è federale ed è condotta dall’Fbi. Pesantissime le accuse: associazione a delinquere, frode e sollecitazioni di donazioni illegali estere (la stampa ha parlato di Turchia) per campagne elettorali. Perquisita la residenza del primo cittadino. È la prima volta nella storia a Stelle e Strisce che un sindaco di New York finisce sotto inchiesta formale mentre è in carica. La sua amministrazione è già stata colpita da vicende giudiziarie e scandali inquietanti. La popolarissima deputata democratica Alexandria Ocasio-Cortez, la più giovane donna parlamentare dai tempi di George Washington, ha chiesto le dimissioni di Adams che si proclama innocente. La governatrice dello Stato, Kathy Hochul, sua collega di partito, avrebbe il potere legale di rimuoverlo, sempre che le autorità federali non assumano specifiche decisioni. Una botta pesante per i democratici, in termini politici, nelle ultime settimane di campagna elettorale per le presidenziali Usa del 5 novembre che vedono uno scontro epocale tra Donald Trump e Kamala Harris, attuale vice dell’uscente Joe Biden. Il tutto accade proprio mentre all’Assemblea Onu il presidente turco Erdogan ha paragonato il premier israeliano Netanyahu a Hitler, chiedendo la costituzione di un’apposita alleanza per sconfiggerlo. Ora si parla di Turchia in questo enorme caso politico-giudiziario: vedremo!
I giornalisti sono chiamati a fare cronaca, ma anche a tentare di interpretare i fatti. A mio avviso l’appuntamento con le urne dei primi di novembre segnerà l’inizio del XXI secolo, lasciandosi definitivamente alle spalle le logiche del Novecento. Uno spartiacque della storia, come furono, nel secolo scorso, la Rivoluzione Russa, la prima Guerra Mondiale e la Seconda. C’è in atto, difatti, la Terza Guerra Mondiale, perché si stanno scontrando due visioni antitetiche del mondo. Da un lato una forma di imperialismo americano che immagina di poter imporre al pianeta un’unica governance e leadership, caldeggiata da gigantesche multinazionali e da settori fondamentali del partito democratico sostenitori della società aperta, dei valori assoluti della democrazia occidentale liberale, della globalizzazione del pensiero unico, dell’economia e degli stili di vita. Dall’altro l’idea di un mondo multilaterale fatta propria dai Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica, cui si sono aggiunti di recente Egitto, Etiopia, Iran, Emirati Arabi Uniti). In mezzo la vecchia e tentennate Europa, in cui i nazionalismi francese e tedesco, ma anche spinte americane, frenano da anni la nascita degli Stati Uniti d’Europa.
In questo quadro la scelta dei democratici Usa di contrastare in modo frontale la Russia di Putin ha spostato Mosca verso l’Asia, commettendo un errore strategico che rischia di diventare fatale proprio per gli interessi d’Oltreoceano. L’asse Russia-Cina è ormai così solido da essere diventato un’alternativa credibile all’impero Usa.
Un invito ai commentatori della domenica che avanzano per slogan: la storia e la politica internazionale non si leggono (con tutte le variabili possibili) abbandonandosi alle simpatie. Sia Trump sia Biden sono due colossi alleati di altri colossi. Stiamo parlando di poteri enormi, planetari: petrolio, energie alternative, armi, spazio, informatica, comunicazione, finanza, banche, materie prime, informazioni, farmaceutica… Lo stesso vale per Putin, Xi Jinping e il presidente indiano Modi. I social banalizzano tutto e ogni imbecille che non ha mai letto un libro può dire la sua. Né, Ghandi a parte, ho mai visto teorizzare la non-violenza come unica arma politica. Se dovessimo compilare l’elenco dei “criminali di guerra” e dei governi sanguinari, avremmo bisogno di molte più pagine che per i pacifisti.
Torniamo ai ragionamenti seri. Il 5 novembre si prenderà una strada o un’altra. In mezzo ci stanno la Guerra in Ucraina e in Palestina, Libano e Israele. Quella del Golfo Persico e del Canale di Suez, avendo mosso interessi colossali che toccavano le tasche di tutti, è stata subito ridimensionata e contenuta. Non mi fate dire di più. Intelligenti pauca. Biden in queste ore alza la tensione sulla Guerra in Ucraina e dice che fornirà armi a lungo raggio a Zelensky, pur precisando, con tocco bizantino, che le stesse non prevedono comunque la possibilità di utilizzo su territorio russo, ma solo la possibilità per gli ucraini di sparare da più lontano! Intanto Putin risponde che l’opzione bombe atomiche è ormai attuale. Schermaglie dialettiche, forse, nelle quali non capisco più dove davvero voglia arrivare Zelensky, se non sperare che vinca la Harris. Noto un’Iran che non ha ancora reagito all’offensiva Israeliana nel Sud del Libano con funzione anti-Hezbollah. Perché? Aggiungiamo altre tessere di un mosaico che ritengo stia dando continui forti input coincidenti che consentono di ipotizzare una vittoria di Donald Trump, presidente che potrebbe pacificare il mondo con visione multilaterale. Poche ore fa Hillary Clinton, democratica e già segretaria di Stato con Obama presidente, nonché ex First Lady quando il marito Bill era alla Casa Bianca, ha dichiarato: «Ci sarà una sorpresa di ottobre, per far deragliare la corsa di Kamala Harris alla Casa Bianca. Non so quale, ma sarà enorme, e dobbiamo essere pronti ad affrontarla».
Intanto in un’Europa che per fortuna l’illuminato Mario Draghi ha richiamato alla realtà (cambiamo radicalmente o periamo!) Macron ha spostato l’asse politico della Francia a destra, soprattutto con la scelta del gollista Retailleau agli Interni. Macron non ha aperto alla sinistra radicale che pur aveva avuto un ottimo risultato elettorale. Le Pen oggi ha una grande occasione, l’ultima: seguire le orme della Meloni e non intestardirsi su una linea isolazionista che potrebbe vederla sconfitta e respinta. Mentre Orbán gira in lungo e in largo il Vecchio Continente e non solo, dimostrando tanta sicurezza, la premier italiana Giorgia Meloni ha ottenuto due successi significativi: la nomina di Fitto a vice presidente vicario della Commissione Ue, sostenuta da Manfred Weber capogruppo del Partito Popolare Europeo (Ppe) e nonostante non abbia votato per la Von der Leyen; è stata acclamata in Usa con il solido sostegno e apprezzamento di Elon Musk (imprenditore sudafricano, di cittadinanza canadese e naturalizzato americano, tra i primi tre più ricchi al mondo e in possesso di tecnologie avveniristiche). Musk è un iper capitalista che però, sostenendo Trump, ha capito meglio di altri suoi colleghi globalisti filo-democratici che il XXI secolo sarà il trionfo del multilateralismo. Durante e alla fine della Seconda Guerra Mondiale ci furono quattro principali incontri tra gli Alleati (avversari di nazifascisti e giapponesi) nei quali si decise il futuro del mondo presto diviso in due aree di influenza, Usa e Urss: Casablanca (gennaio 1943), Teheran (novembre 1943), Jalta (febbraio 1945), Potsdam (luglio 1945). Sono certo che da qui a pochi mesi, sempre che non ci sia già stato qualcosa del genere tenuto ancora segreto, i Grandi della Terra si siederanno in una nuova Jalta per stabilire equilibri avanzati. Questo accadrà subito se vincerà Donald Trump. Se dovessero prevalere i democratici con la Harris sarebbe auspicabile il rapido superamento della gestione internazionale della stagione Biden. Tutto lascia pensare che vincerà Donald Trump (con un futuro roseo per Michelle Obama), perché il mondo ha bisogno di una svolta veloce e di pragmatismo. Di mestiere, però, leggo, studio, analizzo, ma non faccio l’indovino, né mi sono ignoti gli incidenti imprevisti e imprevedibili della storia, almeno dall’assassinio di Cesare in poi, e quindi tutte le numerose variabili che neanche l’intelligenza artificiale potrà mai calcolare al 100%.
Con Trump in sella l’Europa dovrà affidarsi ai suggerimenti di Draghi e strutturarsi meglio con generosità, pena un ulteriore inesorabile declino, prima di tutto industriale. Vedo la Meloni, in questo momento, come la leader più intelligente e strutturata fra gli europei: è chiamata a potenziare le sue classi dirigenti, sul piano nazionale e locale, ma ha colto meglio di tutti la situazione generale. In Usa non ha fatto visita a Biden, e neanche a Trump, ma è stata a lungo con Musk. Gli osservatori più acuti potrebbero anche captare segnali subliminali. La Schlein dovrebbe abbandonare l’ipotesi traballante del campo largo e ascoltare di più la Cgil e la sinistra. Presto novità per il popolo dei 5Stelle. Forza Italia avrà un futuro se si riallaccerà al migliore pensiero politico di Silvio Berlusconi e se contribuirà a costruire il Ppe in accordo con Giorgia Meloni. Eventuali altre vie disintegreranno l’elettorato azzurro. Salvini potrebbe avere spazio in un’ottica di partito pragmatico dei territori.
Ultima riflessione: l’avvento del XXI secolo vedrà il superamento progressivo dei concetti di sinistra e destra di stampo novecentesco e lascerà spazio alla divisione antitetica fra globalisti e antiglobalisti, unilateralismo e multilateralismo. I popoli di civiltà più antica sono multilateralisti (Europa, Cina, India, Russia, Arabi, Israele, Sudamericani…) perché non rinunciano alla loro identità culturale. L’unilateralismo è costoso e insostenibile, oltre che pericolosissimo. Nessuno immagini che anche gli equilibri politici calabresi non siano collegati direttamente a queste dinamiche molto più ampie: funziona tutto a caduta. Scommetto con la cautela di chi ha letto tanto (e quindi sa anche di poter sbagliare, ma in buona fede)!