La nuova bozza di regolamento asseconda le spinte sovraniste e condanna il Mezzogiorno: dopo i fallimenti di ZES unica e PNRR, ancora si continua sulla strada delle cabine di regia uniche che non tengono conto dei territori. Il commissario Fitto, da uomo del Sud, non giri la testa dall’altra parte
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General view
Un colpo letale al principio di solidarietà territoriale e a 55 anni di regionalismo italiano. Un recente memorandum interno alla Commissione Europea prevede la proposta di istituire, a partire dal 2028, un unico fondo integrato che accorperà in un regolamento quadro centralizzato a guida nazionale (e non più regionale) le politiche di coesione, PAC, pesca, migrazione, sicurezza e transizione climatica, cancellando, nel programma 2028-2035, le tradizionali categorie delle regioni (convergenza, transizione, competitività) e quei meccanismi che oggi permettono a quelle più in difficoltà di avere fondi aggiuntivi per superare il divario con gli altri territori.
Dunque, la nuova bozza di regolamento va nella direzione di erodere la capacità negoziale e gestionale dei fondi europei da parte delle regioni (con conseguenze più gravi per quelle svantaggiate come la Calabria) assecondando le spinte sovraniste e nazionaliste e realizzando un disegno che comprime la possibilità delle regioni svantaggiate di accedere all’erogazione di ulteriori risorse per colmare le ataviche diseguaglianze.
La destra che già con la "autonomia differenziata" ha provato e prova a privilegiare i territori più ricchi, ripete anche coi fondi europei il tentativo di distribuire le risorse con una idea strutturale di penalizzazione del Mezzogiorno e dei territori più fragili.
Si deciderà tutto a Roma, a partire dai budget da allocare in ogni regione, con la conseguenza che l’indirizzo politico dell’esecutivo in carica sarà ancora più dirimente nella scelta della distribuzione dei fondi europei che, secondo la bozza al vaglio della Commissione, saranno accorpati in un unico grande contenitore da denominare NRP e da far gestire a ogni singolo Stato. Alla luce di questo, se la riforma dovesse andare in porto e il governo italiano dovesse essere ancora guidato dalla destra influenzata dalle spinte leghiste tese a tutelare gli interessi delle regioni del Nord, sarebbe facile prefigurare una gestione dei fondi europei opposta agli obiettivi di equità territoriale e sostegno al Sud Italia.
Ma non solo. La tendenza all’accentramento che risponde alle logiche da “cabina di regia” unica a livello nazionale, in atto da qualche tempo, fa il paio con la mortificazione delle peculiarità dei territori, che invece costituiscono elementi imprescindibili per costruire uno sviluppo basato sulle esperienze e sugli esempi potenzialmente trainanti.
Basti pensare alla Zes unica del Mezzogiorno, rivelatasi improduttiva di effetti realmente positivi, o alla decisione presa appena due anni fa di definanziare dal PNRR alcune opere strategiche a livello locale per finanziarle col Fondo di Sviluppo e Coesione, col pretesto che sarebbe stato difficile rispettare la scadenza del 30 giugno 2026. Una scelta che ha condotto al ridimensionamento di molti progetti, dopo che lo stesso FSC è diventato, per scelta del Ministro delle Infrastrutture Salvini, la principale risorsa per realizzare il Ponte sullo Stretto di Messina, la cui inopportunità e inutilità è nota a chiunque viva a queste latitudini.
Il rischio di essere costretti ad assecondare queste spinte accentratrici è alto. Ed è facile immaginare che un governo di destra come quello attuale, una volta chiamato a redigere un Piano Nazionale e Regionale dei fondi europei unificati a partire dal 2028, non esiterebbe a puntare su opere iconiche e inutili come il Ponte, eliminando ogni spinta alla coesione territoriale.
Va da sé che l’esercizio di una democrazia compiuta e solidale non può non prevedere dei contrappesi alle spinte accentratrici e che assecondano pulsioni sovraniste, a partire dalla tutela dell’autonomia territoriale e dalla necessità di colmare il divario tra le regioni più ricche e quelle meno sviluppate.
Per questo, la battaglia va compiuta anzitutto tra i banchi del Parlamento Europeo, per correggere sul nascere questo disegno, e mi conforta la garanzia dell’impegno della deputazione del Pd, a partire dal capodelegazione Nicola Zingaretti e dal deputato Sandro Ruotolo, da sempre strenui difensori dell’equità territoriale e molto vicini alla nostra regione. Ma serve uno sforzo corale per non disperdere quel patrimonio di valori propri di un’Europa delle Regioni, solidale e baluardo di sviluppo e solidarietà. Lo stesso vicepresidente della Commissione Europea Raffaele Fitto, da uomo del Sud ed ex Presidente della Regione Puglia, non potrà girare la testa dall’altra parte. È un momento decisivo per le sorti dei nostri territori. E ognuno è chiamato a giocare il proprio ruolo fino in fondo.