L’esponente dem parla di una sinistra che dovrebbe riprendere in mano le redini di un Paese allo sfascio, dimenticando però le tante (troppe) responsabilità del suo partito
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Con grande sorpresa ho letto che Bersani ha pubblicato un libro dove parla, come una voce fuori dallo spazio temporale, di una sinistra che dovrebbe, nelle sue idee, prendere le redini di un paese allo sfascio, sia sui temi dei diritti, che del lavoro. Il libro si intitola “Chiedimi chi erano i Beatles”, io lo avrei chiamato “Ricordatemi cosa ha votato il mio partito”.
Mi chiedo, infatti, dove fosse Bersani quando nel 2001 il Governo Amato, di centrosinistra, approvava la Legge 388/2000 (Finanziaria 2001)che prevedeva ampi incentivi all’utilizzo di contratti a termine e part-time.
Forse non ricorda neanche il voto del Pd al tragico Governo Monti, quando nel 2012 fu approvata la Legge 92, passata alla storia come "Riforma Fornero", riforma che spianò la strada a un mercato del lavoro sempre più sbilanciato dalla parte del datore. Norma spiccatamente di destra, la riforma Fornero venne tranquillamente votata dal Pd, ed anche da lui in prima persona. Fu proprio grazie al suo partito che, per la prima volta in Italia, venne introdotta una normativa estremamente liberista che ridusse drasticamente le tutele per i licenziamenti individuali, contribuì a normalizzare l’instabilità come condizione ordinaria e fece del lavoratore una pedina mobile, flessibile, sacrificabile.
Come dimenticare, poi, il capolavoro del Jobs Act, la creatura prediletta del Governo Renzi, con cui si cancellò l’articolo 18 per i nuovi assunti e si diede nuovo slancio ai contratti, chiamati nella neolingua liberale, a tutele crescenti, ma che nella realtà erano contratti a diritti decrescenti.
Furono queste norme che aumentarono la facilità di licenziamento e incentivarono l’uso di voucher. Il voucher, per chi non lo sapesse, è più simile ad un gratta e vinci che ad un contratto, in quanto è un buono-lavoro usa e getta, come se chi lavora fosse un oggetto da prelevare a giornata e legalizza, con un termine più smart, la stessa logica del caporalato. Anche in questo caso, il Pd era alla guida e non si fece nessuno scrupolo nel mortificare la forza lavoro, e nel relegare i giovani ad anni di precariato e vessazioni di ogni tipo.
Il potere rivela il vero volto, sia delle persone, che dei partiti politici, infatti nel 2022, cosa che Bersani sicuramente non ricorda, sotto il Governo Draghi, con l’appoggio estasiato del Pd, furono allentati ulteriormente i vincoli sui contratti a termine, mentre, per compiacere i soliti noti, si liberalizzavano appalti e servizi pubblici locali, sempre in nome dell’efficienza, ma mai della dignità. Poi ci sono i tagli.
Nonostante il mantra del centrosinistra sia sempre lo stesso su scuola e sanità pubblica, le cose nelle aule parlamentari sono sempre andate diversamente. È stato sotto i governi tecnici, o guida Pd, che i tagli lineari sono diventati strutturali. Il Governo Monti, sostenuto dal Partito Democratico, ha ridotto drasticamente gli investimenti nella scuola pubblica, ha congelato il turn over, e, come se non fosse abbastanza, ha precarizzato migliaia di docenti. Si parlava di “razionalizzazione della spesa”, di levare l’Italia a Berlusconi ed ai sui scagnozzi, ma il risultato ottenuto è stato un repentino impoverimento culturale e professionale del paese che ha lasciato segni profondi i cui effetti si vedono ancora oggi.
E la sanità? Anche nella sanità, mentre in tv ci si riempiva la bocca di “universalismo” e “territorialità”, i governi amici della tecnocrazia europea, con il placet del Pd, hanno tagliato oltre 37 miliardi di euro tra il 2010 e il 2019. Grazie a questi tagli si sono chiusi i reparti, si sono accorpati gli ospedali, si sono esternalizzati, ovvero messi a pagamento, servizi basilari che in nessun paese europeo si pagano. Anche la sanità è diventata una azienda. È stato a causa di queste norme che la logica del profitto è entrata in corsia, mentre medici e infermieri venivano costretti a turni massacranti, con stipendi stagnanti e personale insufficiente. Il tanto criticato modello leghista lombardo, con la sua gestione privatizzata, è stato un esempio, anche a sinistra.
Dunque, mi sa tanto, che il problema non è tanto sapere o chiedere chi fossero i Beatles, ma quanto siamo disposti a dimenticare, o peggio, a perdonare, ciò che è stato razionalmente fatto, con il volto austero della competenza, con la voce pacata della responsabilità, nel nome del realismo, della buona politica, dell’Europa, della modernità. Perché la precarizzazione, la mortificazione dei giovani, gli stipendi bassi non sono solo una formula contrattuale. Agire così è il prodotto di una ben precisa e consapevole cultura politica, che si è insinuata come una ruggine nelle ossa della democrazia. Ha preso possesso del linguaggio pubblico, ha ridotto le promesse in algoritmi, ha fatto della vita un foglio Excel. Ha ridotto cultura e sapere, trasformando la scuola in un centro di valutazione standardizzata, dove l’educazione si misura in numeri e performance, e l’insegnante diventa un somministratore di test, precario nella funzione come nello stipendio.
Sempre questa stessa cultura ha reso costose ed impossibili le cure mediche, svuotando gli ospedali pubblici, trasformando la sanità in un percorso a ostacoli, in un grottesco reality dove la diagnosi si paga e l’attesa si subisce. Sempre la stessa visione del mondo ha ridotto lo Stato ad una azienda, ha tolto dignità alle relazioni, alla solidarietà ed alle persone. Chi lavora oggi non sa se potrà permettersi una casa, un figlio, una vecchiaia serena. Chi studia non sa se ciò che apprende servirà a qualcosa. Chi si ammala, spesso, si sente un problema, un errore da isolare.
Questa non è retorica, ma è la vita quotidiana di milioni di italiani. Non si cancella con un libro dall'aria nostalgica, né con una conferenza stampa in cui si rievoca “quella sinistra” che avrebbe potuto, ma non ha voluto. Perché chi ha avuto in mano il potere non ha solo sbagliato: ha scelto. Ha firmato, ha votato, ha taciuto quando bisognava gridare chiaramente cosa si faceva.