L’Italia ripudia la guerra ma difendersi da un aggressore è un diritto di tutti i Paesi liberi

I pacifisti ad oltranza ostentano l’articolo 11 della Costituzione per negare qualunque legittimità all’impegno militare italiano. Ma la nostra Carta si riferisce alle guerre d’espansione non certo all’uso delle armi per proteggere l’integrità della Nazione

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di Gianfrancesco Caputo
24 marzo 2022
17:10

L’articolo 11 della Costituzione si apre con un’affermazione incontestabile: “L’Italia ripudia la guerra”. Si poteva formulare la norma costituzionale in maniera più semplice magari scrivendo che l’Italia rinuncia alla guerra o che la condanna. Invece si è voluto usare un termine che rimanda allo sdegno più profondo, un’azione attiva di rifiuto.

All’indomani del secondo conflitto mondiale, una delle guerre più devastanti che l’umanità abbia vissuto nella propria storia sanguinosa, che provocò sessanta milioni di morti tra vittime civili e militari, noi italiani proclamammo il ripudio totale della guerra nella speranza di una pace universale.


Il ripudio della guerra è un’affermazione così netta tanto da aver convinto l’opinione pubblica, che se tra il nostro Stato e un altro dovesse insorgere una controversia, all’Italia sarebbe vietato dichiarare guerra cercando una soluzione con la diplomazia o tramite organi di giustizia internazionale come l’Onu o l’Unione Europea.

Ma se quanto appena detto è vero, tuttavia ciò non spiega la ragione dell’esistenza degli articoli 78 e 87 della Costituzione, il primo dei quali prevede che: “Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari”; e il secondo afferma: “Il Presidente della Repubblica (…) dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere”. In effetti il senso dell’articolo 11 fa riferimento al fatto che l’Italia non può dichiarare guerra ad un altro Stato, e non qualsiasi tipo di guerra, ma solo le guerre di aggressione. Ciò significa che l’Italia potrebbe partecipare a missioni di “peacekeeping” oppure “peace-enforcement” proclamate e già iniziate da altri Stati, così come effettivamente è successo nei conflitti in Medio Oriente, nel corso dei quali il nostro paese ha partecipato, insieme agli alleati, con truppe in situazioni di vera e propria guerra. Un altro aspetto coinvolge l’articolo 52 della Costituzione, in quanto stabilisce che “la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino”, pertanto l’Italia potrebbe dichiarare una guerra difensiva, rivolta cioè a proteggere il nostro territorio da invasioni di una nazione ostile, cosi come è accaduto per la sventurata Ucraina.

L’articolo 11 dichiara infatti l’illegittimità della sola guerra di espansione per finalità imperialistiche, giusto per ribadire il concetto ai pacifisti nostrani, che vorrebbero negare gli aiuti militari ad una nazione aggredita quale appunto l’Ucraina, pace non vuol dire restare imbelli e indifesi rispetto alle altrui aggressioni. Quindi l’Italia potrebbe partecipare ad un conflitto armato qualora dovessero essere messi in pericolo i propri confini o i propri principi di democrazia, e la guerra scatenata dalla Russia imperialista di Putin mette a rischio i confini e i principi democratici dell’intera Europa che, allo stato attuale, sta sopportando da sola e senza l’ausilio dell’ombrello del grande alleato americano, il peso delle sanzioni imposte all’aggressore e l’imponderabilità di una guerra alle porte.

È opportuno ricordare, sempre ai pacifisti nostrani, che in molte altre occasioni l’Italia ha inviato truppe, dunque non solo armi cosi come sta accadendo per gli aiuti all’Ucraina, in teatri di guerra quali: Libano, Somalia, Iraq, Bosnia, Kosovo, Afghanistan, Libia, per motivi meno nobili, ovvero commerciali, rispetto ai motivi che ci spingono ad inviare armi ad un paese sovrano aggredito. Evitiamo dunque la profonda ipocrisia della politica internazionale che sotto la forma dei tanto celebrati interventi rivolti a garantire la pace ha legittimato l’uso della forza solo per proteggere interessi di natura commerciale, con il silenzio assenso dei pacifisti nostrani.

È ormai non più rinviabile il progetto finalizzato ad organizzare ed attuare una politica estera ed una politica di difesa europea, in una Europa che sia federale, e se ciò non potrà accadere nel breve come nel medio periodo, allora è necessario che gli stati più forti economicamente si uniscano per dare l’esempio e trascinare i membri dell’Unione Europea ancora riluttanti ad attuare politiche di difesa comuni. La libertà non è negoziabile.

di Gianfrancesco Caputo
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