Nel 1964, con Calabria grande e amara, Leonida Rèpaci indica due aspetti contrapposti che agitano l'animo del calabrese, influendo sul suo modo di concepire la civiltà di una regione che è uscita devastata dal periodo bellico.

Da un lato, c'è l'esempio di Ciccio Parisi, cugino dell'autore, calabrese di antica razza e lavoratore impareggiabile. Quando Rèpaci torna a Palmi, Ciccio lo aiuta a bonificare la Rocca della Pietrosa, un canalone a strapiombo sul mare che decidono di terrazzare: «per anni, quindici anni circa, – ammetterà – non pensammo che a una cosa sola: a far più bella la Pietrosa, a migliorar la terra e la casa, a portarvi la luce l'acqua e la strada». Durante la bellissima e impegnativa impresa, un vero e proprio «racconto coi picconi, con le mazze, con le mine, con la pietra», lo scrittore ha l'occasione di apprezzare la disposizione del compagno a prendersi cura del podere con una sensibilità che gli consente di arrivare a sentire le voci degli alberi che egli stesso ha piantato: «Là sopravviverai a te stesso attraverso l'albero piantato con le tue mani, che è il miracolo e la consolazione della Pietrosa».

Giustapposto a questo, c'è l'altro versante dell'animo calabrese, quello forgiato dalla dura esperienza che ne ha perfezionato le capacità di adattamento e l'abitudine alla privazione, ma che ha finito per abbrutirlo, per indurlo persino a non indignarsi per l'accaparramento illecito, per l'irregolarità, per la distribuzione iniqua di terre e ricchezze. In particolare, è passata sotto silenzio l'usurpazione demaniale che, secondo Rèpaci, ha tenuto in stato di arretratezza le popolazioni e ha costituito il motivo centrale della questione calabrese. In ragione di ciò, calamità come analfabetismo, gelosia, omertà e violenza, hanno progressivamente soppiantato necessità come casa, scuola, acqua, ospedale, e bisogni universali quali giustizia, libertà e nuovo.

Se è vero che la notte contiene l'albore del giorno, si è sempre aspettata una soluzione definitiva, qualche cosa di enorme che potesse migliorare in modo definitivo le condizioni economiche e sociali del Mezzogiorno più remoto. E tuttavia, in Calabria, ci si è ben guardati dall'incoraggiare il primo aspetto del nostro carattere, come se, presi ai capelli dal bisogno, non avessimo avuto la possibilità di scegliere l'unica strada davvero percorribile, quella che passa attraverso il miglioramento interiore, la sola che ancora oggi consentirebbe di sopravvivere a noi stessi e alle nostre contraddizioni.