Quando le sentenze di condanna sconcertano l’opinione pubblica qualcosa non sta funzionando

L’esito del processo contro Mimmo Lucano disorienta per entità della pena inflitta e per il credito internazionale di cui godeva l’ex sindaco di Riace. Un sentimento che non fa bene alla Giustizia

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di Franco Laratta
30 settembre 2021
16:12
Mimmo Lucano
Mimmo Lucano

Facciamoci subito una domanda: si può discutere una sentenza? Si può discutere la sentenza di condanna a 13 anni e oltre inflitta all’ex sindaco Lucano?

Si può dire che è stato affondato il suo modello di accoglienza messo in atto a Riace, diventato un modello unanimemente apprezzato? Noi sappiamo che Lucano è stato nella classifica delle persone più influenti al mondo, redatta della rivista Fortune, insieme ad Angela Merkel, papa Francesco e l'ad di Apple, Tim Cook.


Sappiamo che ha fatto innamorare un regista come Wim Wenders, che a Riace ha dedicato il film Il Volo. Oggi il Tribunale di Locri ha condannato Lucano, addirittura raddoppiando le richieste dell’accusa. Ovviamente lo spiegheranno nelle motivazioni.

Ma c’è qualcosa di molto difficile da dire e spiegare: cosa succede quando una sentenza non viene capita dalla grandissima parte della popolazione, e addirittura viene fortemente contestata?

Basta dare un’occhiata ai social in queste ore, ma non con la puzza sotto il naso, per poi dire che sono un covo di esaltati. Si sta correndo il rischio in Italia, per le troppe inchieste fallite, per i troppi errori giudiziari, per la troppa carcerazione preventiva, che la magistratura, quella che indaga e quella che giudica, viaggi su un binario parallelo a quello della sensibilità pubblica. Come due rette parallele, destinate a non incrociarsi mai.

Il rischio è che gli occhi della gente le sentenze perdano sempre di più valore. Un rischio pericolosissimo, perché da qui alla delegittimazione della magistratura, il passo è breve. Drammaticamente.

Allora, si può discutere una sentenza?
Si. Da quando i magistrati hanno scelto di mettersi sotto i riflettori, la risposta è sì. Ora il guaio è che si possa passare ad una fase ancora più pericolosa: dalla messa in discussione di un’indagine o di una sentenza, alla loro contestazione. Siamo messi proprio male in Italia.

di Franco Laratta
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