Dal punto di vista storico l’aggressione russa all’Ucraina è della stessa natura delle conquiste del Terzo Reich in Europa. Nel parallelismo proposto da Mattarella non ci sono errori
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Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella
Il discorso pronunciato dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il 5 febbraio, a Marsiglia, ha suscitato reazioni politiche ma anche un ampio dibattito sul piano storico, suggerendo un parallelismo, tra eventi diversi, sul quale si continuerà a discutere, anche al di là del motivo contingente e dell’attualità. Mettendo, quindi, da parte gli interrogativi sull’opportunità politica di tale intervento, resta interessante tentare un approfondimento dal punto di vista storico. Come è ampiamente riconosciuto, il Trattato di Versailles, con il quale si è conclusa la Grande Guerra, ha creato, nel 1919, i presupposti per la Seconda Guerra Mondiale. Non solo per l’umiliazione fatta subire a una Germania sconfitta, bensì anche per la creazione, a seguito del crollo dell’Impero Austriaco, di nuovi Paesi come l’Austria, la Polonia e la Cecoslovacchia.
Quando cadono gli Imperi, mentre cambiano le Carte Geografiche del Mondo e si mutano i confini degli Stati, si diffondono, contemporaneamente, tensioni etniche e nazionalismi. È accaduto anche con il crollo dell’Unione Sovietica e la conseguente formazione di numerosi stati Indipendenti, tra cui l’Ucraina. In altre parole, quando Organismi multiculturali e multilinguistici lasciano il posto a Entità politiche nazionali, in questi ultimi si rende evidente la presenza di “minoranze etniche”, culturalmente e linguisticamente diverse dal resto della Popolazione, come quella tedesca in Polonia o come quella russa nel Donbass ucraino, spesso in sofferenza.
Alla luce di queste premesse, è possibile giudicare non molto lontano dal vero quanto affermato dal presidente Mattarella, ovvero che l'odierna aggressione russa all'Ucraina sia della stessa natura delle guerre di conquista del Terzo Reich in Europa. Nessun errore nel parallelismo proposto.
Se è vero, infatti, che nelle motivazioni addotte da Putin per giustificare la guerra di aggressione contro Kiev rientra la volontà, a suo dire legittima, di difendere le popolazioni russe del Donbass, in un’Ucraina ormai separata dalla Russia, la stessa motivazione diede Hitler per motivare l’annessione dell’Austria e, soprattutto, l’invasione della Cecoslovacchia e di Danzica. Ovvero la presenza, all’interno di tali territori, di cittadini di lingua e cultura tedesca.
Le argomentazioni del Führer, in un primo momento, vennero addirittura prese in considerazione dagli stessi Paesi europei che, successivamente, nel corso del conflitto, si ritrovarono dall’altra parte della barricata. Ad esempio, nella conferenza di Monaco che si tenne nel 1938, Regno Unito, Francia, Germania e Italia mostrarono di comprendere le rivendicazioni tedesche sulla regione cecoslovacca dei Sudeti, di lingua tedesca.
La Germania poté, pertanto, procedere all’annessione di vasti territori della Cecoslovacchia, in quanto le potenze europee credettero di aver creato i presupposti per una pace duratura, nota con il termine appeasement.
Tuttavia, nonostante Francia e Regno Unito fossero alleate della Cecoslovacchia, nessun rappresentante cecoslovacco fu coinvolto nelle trattative e Praga si sentì tradita. La memoria di tali avvenimenti non può non rievocare le recenti dichiarazioni del presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump, il quale ha affermato di non ritenere necessaria la presenza del Presidente Zelensky ai colloqui di pace. Corsi e ricorsi storici di vichiana memoria? Di certo non guasterebbe in Italia, come altrove, una classe politica che sappia cimentarsi nell’arte di interpretare i segni dei tempi per non trovarsi impreparati davanti al futuro. Ma quanti sono i Mattarella in grado di farlo?