Ucraina, la divisione tra buoni e cattivi impedisce di dare una possibilità alla pace

Vladimir Putin è odioso quanto Zelenski è patetico, perché entrambi sono tristi figuri capaci di pensare solo in termini di guerra, due irresponsabili che conducono la loro gente a morte

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di Carlo Crippa
27 gennaio 2023
19:00

Pochi giorni fa Volodymyr Zelenski ha ripetuto che gli Europei e gli Americani la devono smettere di chiacchierare tanto e devono semplicemente mandare armi, carri armati, missili, munizioni e quant’altro, perché l’Ucraina è sotto attacco e, senza l’aiuto occidentale, non ce la potrà fare.

La richiesta, per quanto perentoria, appare legittima, anche perché perfettamente “secondo copione” in una “scena” mass-mediologica che vuole i buoni ed i cattivi perfettamente delineati. I buoni siamo naturalmente noi, cittadini dell’Occidente europeo e nordamericano, perché depositari di tutte le virtù della democrazia liberale, accettata da tutti come ”perfetta” per definizione. Buoni, per gli stessi motivi, sono gli Europei e gli Americani, che obbediscono senza fiatare ogni volta che Zelenski apre bocca, buoni sono gli Ucraini, che sono gli agnelli sotto assedio pronti ad essere mangiati dal lupo russo e che non desiderano niente altro che fare parte della grande e felice famiglia europea. Cattivi sono ovviamente i Russi, perché responsabili dell’invasione dell’Ucraina e della guerra, perché criminali di guerra, perché ottusamente nazionalisti ed, insomma, depositari invece di tutti i torti.


Ma, se è possibile andare oltre queste tutt’altro che innocenti affabulazioni, bisogna osservare che l’Occidente europeo e gli Stati Uniti non sono mai stati quei “limpidi” esempi di democrazia liberale pura come comunemente si crede e che non ci sono motivi per obbedire così prontamente a Zelenski se non – ed è il caso degli Stati Uniti - poco confessabili e piuttosto miserabili ragioni di interesse commerciale, come ad esempio la prospettiva di rimpiazzare la Gazprom in territorio ucraino con il proprio gasdotto medio-orientale ed appropriarsi così di tutto il mercato europeo del gas. Ma, per quanto riguarda l’Italia, abbiamo avuto Zelenski immediatamente in collegamento televisivo diretto in Parlamento, il messaggio “vi-vogliamo-con-noi” del presidente Mattarella e tutto il ceto politico di destra e di sinistra che si è calato l’elmetto ed ha spacciato senza pudore come “pacifiste” le manifestazioni a sostegno della guerra ucraina, emarginando con lo sconcertante epiteto di “putiniano” qualsiasi persona dalla testa pensante.

C’è poi da aggiungere che l’Ucraina è quanto di più lontano dall’Europa occidentale, in quanto storicamente “cuore” della Russia - nata appunto come “principato di Kiev” ai tempi di Russ - e che il nazionalismo ucraino di oggi è stato letteralmente “inventato” nel 1991, al momento del crollo dell’Unione Sovietica, quando per semplice ambizione personale i dirigenti della Russia, dell’Ucraina e della Bielorussia, nell’immediato gli stessi dell’ex Partito Comunista sovietico, si improvvisarono tutti leaders di qualcosa, quando chi si alzava per primo la mattina avrebbe potuto tranquillamente proclamare “indipendente” la propria strada o il proprio cortile di casa e vedere questa indipendenza immediatamente riconosciuta dal “virtuoso” mondo occidentale.

Non esistono radici dunque in questo nazionalismo imbecille, a meno di non considerare un felice precedente storico il revanscismo zarista e fascista di Eugheni Konovalev, che a suo tempo fu pronto, come il russo Andrei Vlasov, ad allearsi con Hitler per instaurare anche in Russia il “nuovo ordine” nazista.

Per chi non ha la memoria storica troppo corta, inoltre, sentire chiamare Karkiv la città di Karkov in nome di uno stupido artificio linguistico che si pretenderebbe “identitario” è un affronto ai valorosi combattenti sia russi che ucraini dell’Armata Rossa, che in quella città versarono copiosamente il loro sangue per salvare il mondo dalla barbarie.

Quanto ai Russi, certo sono “cattivi”, perché hanno oggettivamente la responsabilità della guerra, ma quello che i nostri mass media presentano come loro crimini di guerra sono, in larga parte, crimini della guerra, di qualsiasi guerra.

 Andrebbe poi ricordato che l’attuale guerra ha i suoi precedenti nel mancato rispetto degli accordi di Minsk del 2015 da parte dell’Ucraina e nel pesante massacro ucraino dei nazionalisti filo-russi del Donbass, avvenuto ancora prima, nel 2014, quando l’opinione pubblica, i governi, la stampa ed i mass media occidentali non fiatarono.

Certo, anche con tutto ciò, la guerra non era inevitabile.

Vladimir Putin è odioso quanto Zelenski è patetico, perché entrambi sono tristi figuri capaci di pensare solo in termini di guerra, due irresponsabili che conducono la loro gente a morte, lutto e distruzione in nome del nazionalismo più idiota.

Ma in questa idiozia sono in qualificata compagnia. Idiota e cinico è infatti il comportamento del presidente americano Joe Biden, un vuoto a perdere diventato “gigante” solo perché successore di Donald Trump, che era una nullità come lui ma anche peggiore. Solo idiota invece è quello dei governanti europei ed italiani, che per motivi davvero inspiegabili continuano a fare coincidere l’Europa con la NATO come ai tempi della guerra fredda ed a considerare la più totale marginalizzazione della Russia come una condizione essenziale della salvezza europea.

E qui arriviamo al punto.

Non sarebbe ora di uscire davvero da questo “museo” del Novecento, che a parole tutti dicono di volere superare ma nei fatti ripropongono?
Non sarebbe ora di capire nuovamente che, come dicevano i socialisti e gli anarchici dell’Ottocento, “nostra patria è il mondo intero”?
E soprattutto non sarebbe ora, per usare le parole di John Lennon e dei cortei studenteschi e giovanili del 1969 contro la guerra del Vietnam, di “dare alla pace una possibilità”?
O almeno non sarebbe ora di cominciare a pensare in termini di pace e non di guerra?
È una ingenuità questa? Certo, lo è, ma solo se si considera il “realismo” di Putin, di Zelenski, di Biden e dell’intera Europa come la soluzione e non il problema.

di Carlo Crippa
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