Per decenni l’Unione Europea è stata un modello di pace e progresso. Ma oggi, in un mondo segnato da nuove instabilità e da alleanze in trasformazione, questo non basta più. Per l’Italia, restare agganciata all’Europa è una necessità per contare davvero e non finire ai margini
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L’Unione Europea è stata, per decenni, un progetto riuscito. Nata dalle macerie della Seconda guerra mondiale, ha saputo costruire un lungo periodo di pace, benessere e allargamento. Ha attratto nuovi Paesi, ha fatto da esempio, ha rappresentato un approdo desiderato. Ma oggi questo non basta più.
Il mondo è cambiato. Gli Stati Uniti, che per anni sono stati il nostro alleato più forte e il punto di riferimento dell’Occidente, hanno scelto una strada più isolazionista, più chiusa. Non sarà una scelta definitiva – la storia non permette di chiamarsi fuori – ma ha già spostato il baricentro. Oggi tocca all’Europa colmare quel vuoto.
Le critiche all’Unione Europea, in particolare quelle di chi da anni la attacca per poi cambiare idea quando è al governo, non reggono più. Oggi il vero problema non è l’opposizione sterile o ideologica, ma l’assenza di visione. Il mondo ha bisogno di un’Europa protagonista. E l’Europa ha bisogno di diventarlo davvero.
Questo significa prima di tutto costruire un’unione economica e politica più solida. Non possiamo continuare a essere un mosaico di piccoli interessi nazionali. Servono un mercato unico dei capitali, industrie e imprese capaci di competere su scala globale, università che attraggano talenti e investimenti, regole che premino l’innovazione. E serve, oggi più che mai, una difesa comune. L’invasione russa dell’Ucraina ce lo ha mostrato con chiarezza: da soli, siamo vulnerabili.
Il piano presentato da Mario Draghi va in questa direzione. È ricco di idee forti, di visione culturale ed economica. Ma per funzionare ha bisogno di consenso politico, di sostegno convinto da parte dei governi e dei cittadini europei. Altrimenti rischia di restare un bellissimo progetto sulla carta, come fu per il suo stesso governo.
Avere un’Europa forte non vuol dire renderla tutta uguale o piegarla a un’ideologia. Vuol dire darle un centro politico stabile, onesto, che dica la verità ai cittadini. Discutere di “dazi europei” come se fossero un colpo di genio è un modo per illudere, non per costruire. E le illusioni non danno forza: nascondono debolezze.
Italia e Germania, dal punto di vista della sicurezza, devono camminare insieme. Italia e Francia, dal punto di vista economico, hanno più cose in comune di quante si voglia ammettere. Perdere questi legami per ragioni ideologiche o di piccolo calcolo politico è un errore grave. L’Europa unita è la nostra vera ancora. Senza, rischiamo di scivolare ai margini, in un Mediterraneo sempre più fragile e instabile.
Le proteste e i populismi che vediamo in crescita in molte parti d’Europa sono spesso alimentati da chi, ieri come oggi, sogna un’Europa debole e divisa: Mosca. Ma non si può costruire il futuro stando aggrappati al passato. Non lo potevano fare i comunisti, non lo possono fare i sovranisti. L’Italia cresce solo se sta agganciata all’Europa. L’ora delle scelte è adesso. Serve chiarezza. Serve onestà. Serve coraggio.