Riforma controversa

Autonomia differenziata, lo sgambetto del Senato a Calderoli: «Diritti a rischio». Bevacqua (Pd): «Sconcertante»

In un report di Palazzo Madama si mette in guardia sulla possibilità che la riforma possa accrescere le disuguaglianze tra le regioni ricche e povere. Il capogruppo dem a Palazzo Campanella: «Quadro complessivo da vero allarme sociale. Occhiuto è ancora favorevole?» (ASCOLTA L'AUDIO)

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di Enrico De Girolamo
16 maggio 2023
18:45
Il ministro per gli Affari regionali e le autonomie Roberto Calderoli
Il ministro per gli Affari regionali e le autonomie Roberto Calderoli

Nelle stesse ore in cui i giornali davano conto delle parole del ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli («Se non passa l’Autonomia differenziata, lascio la politica»), lo sgambetto più insidioso alla riforma è arrivato proprio dal Senato a maggioranza di centrodestra. Sul suo profilo Linkedem, la “camera alta” del Parlamento italiano ha insinuato pesanti dubbi sulla reale capacità di assicurare su tutto il territorio nazionali i famigerati Lep.

Un post pesante, quello del Senato, che inizia con un interrogativo quasi retorico: «Sarà possibile realizzare l’Autonomia differenziata senza aggravio per le casse dello Stato e continuando ad assicurare i Livelli Essenziali delle Prestazioni (#LEP), che costituiscono il nucleo invalicabile di quei #diritti civili e sociali, previsti dalla Costituzione, che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, in modo da erogare a tutti i cittadini i servizi fondamentali, dalla #sanità all'#istruzione?». Una domanda che sembra suggerire già la risposta: No. E infatti, più avanti si legge: «Il Servizio del Bilancio del Senato ha passato al setaccio il disegno di legge, rilevando alcune criticità».


Poi si snocciolano le note dolenti: «Nel caso, ad esempio, del trasferimento alle regioni di un consistente numero di funzioni oggi svolte dallo Stato (e delle relative risorse umane, strumentali e finanziarie), ci sarebbe una forte crescita del bilancio regionale ed un ridimensionamento di quello statale, col rischio di non riuscire a conservare i livelli essenziali delle prestazioni presso le regioni non differenziate. Le regioni più povere, oppure quelle con bassi livelli di tributi erariali maturati nel proprio territorio, potrebbero avere maggiori difficoltà a finanziare, e dunque ad acquisire, le funzioni aggiuntive».

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In altre parole, a guadagnarci sarebbero solo le regioni ricche, che possono contare su un gettito fiscale in grado di sostenere i costi dell’autonomia nei confronti dello Stato. In quelle più povere, inevitabilmente confinate geograficamente a Sud, anche il trasferimento di nuove funzioni amministrative dalle Regioni agli enti subregionali – Comuni, Province e Città metropolitane – sarebbe un problema, perché, spiega sempre il Senato, questo passaggio «potrebbe far venir meno il conseguimento di economie di scala, dovuto alla presenza dei costi fissi indivisibili legati all’erogazione dei servizi la cui incidenza aumenta al diminuire della popolazione».

Considerazioni quasi banali nella loro chiarezza, che sembrano smontare il racconto di un’Autonomia indifferenziata indolore e vantaggiosa per tutti. Ma, come accennato, la Lega non intende fare passi indietro e meno che mai è disposto a recedere lo stesso Calderoli, che scaccia anche l’ipotesi di un eventuale rallentamento causato dalle altre riforme costituzionali che il centrodestra è intenzionato a mettere sul tappeto, a cominciare dal presidenzialismo. «Le riforme costituzionali – osserva Calderoli – non rallenteranno l'autonomia differenziata: se si arenasse, abbandonerei la politica. Sul serio, non come disse Renzi».

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Intanto, l’assist del Senato è stato preso al volo da chi all’Autonomia differenziata si oppone, come il Pd. In Calabria a rilanciare l’allarme è stato a stretto giro il capogruppo del Pd in Consiglio regionale, Mimmo Bevacqua: «È sconcertante apprendere quanto spiegano i tecnici del Senato. Il costo dell’autonomia differenziata rischia di essere salatissimo per le Regioni più povere. Un quadro complessivo da vero allarme sociale – continua - che ora anche gli uffici competenti del Senato non nascondono nella sua portata esplosiva. Regioni ontologicamente in affanno economico e finanziario, come la Calabria, finirebbero inevitabilmente in una Italia da “serie B”, con meno servizi essenziali per la convivenza civile». Poi, l’inevitabile stoccata al governatore calabrese: «Ci sorprende non poco che il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, abbia preferito gli ordini di scuderia e di partito rispetto alla difesa degli interessi concreti della nostra terra, che è anche la sua».

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