«Baker Hughes non investirà altrove i 60 milioni», l’assessore regionale Varì mette una pietra sopra alle ambizioni di Vibo (e di Crotone)
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«Vergognoso». L’assessore regionale allo Sviluppo economico, Rosario Varì, parla del sindaco di Corigliano anche se non lo cita con nome e cognome. Ma è chiaro che si riferisca a Flavio Stasi quando dice che «è vergognoso il comportamento di chi oggi invoca “tavoli” di concertazione per evitare che Baker Hughes rinunci ad investire 60 milioni di euro a Corigliano Rossano. Lacrime di coccodrillo da parte dei primi responsabili di quanto accaduto». Il dietrofront della multinazionale, che ha deciso di accantonare l’idea di costruire un nuovo stabilimento nel porto di Corigliano Rossano a causa dei troppi ostacoli incontrati, a cominciare proprio dal ricorso del Comune, continua a tenere banco. Alla fine, nonostante il via libera della Zes unica, Baker Hughes ha girato sui tacchi e ha rinunciato, con tanto di lettera inviata al presidente della Regione Roberto Occhiuto per annunciare la decisione.
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Immediatamente la questione è diventata politica, con il sindaco di Corigliano Rossano, Stasi appunto, ad attirare gli strali del centrodestra che lo accusa di essere il principale responsabile di questa rinuncia. «Sono molto sconfortato e amareggiato per la rinuncia, noi costruiamo ma altri distruggono», ha commentato a stretto giro il governatore, dove per “altri” intende ovviamente Stasi e il centrosinistra: «Mi piacerebbe conoscere a tal proposito l’opinione dei sempre loquaci rappresentanti dell’opposizione in Consiglio regionale. Dove sono?», ha incalzato Occhiuto. Un “caricate, puntate, fuoco!” che ha visto tutto il centrodestra tirare il grilletto. E nel plotone di esecuzione (politica) c’è anche Varì, che mette una pietra sopra anche a ipotesi alternative, tipo dirottare sul porto di Vibo Valentia l’investimento, come auspicato dal sindaco Enzo Romeo. Ambizione che ora vede in lizza anche Crotone, con il primo cittadino Vincenzo Voce che nelle ultime ore ha chiesto la stessa cosa: portate qua soldi e posti di lavoro, troverete le porte aperte. Ipotesi secondo l’assessore regionale impossibili da concretizzare. «Le multinazionali come Baker Hughes - sottolinea Varì - hanno dei processi decisionali molto complessi e fanno degli approfondimenti prima di assumere delle decisioni che poi sono difficilmente revocabili».
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Con riguardo specifico a Vibo, poi, spiega che il porto non ha comunque superfici e pescaggio sufficiente per poter ospitare un insediamento industriale come quello che Baker Huges avrebbe voluto realizzare a Corigliano Rossano. In altre parole: inutile farsi illusioni. In questo caso, secondo Varì, morto un papa non se ne fa un altro. E poco importa che nella partita si sia inserito anche il ministero delle Imprese guidato da Adolfo Urso, che ha promesso un’attività di intermediazione per riallacciare il dialogo con l’azienda e convincerla a continuare.
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«Quando all’inizio l’azienda manifestò l’intenzione di fare nuovi investimenti in Calabria – racconta - la mia richiesta fu quella di valutare l'opportunità di prendere in considerazione il porto di Vibo Marina. L'azienda fece tutte le analisi, tutti gli approfondimenti, anche perché avrebbe molto volentieri continuato ad investire su questo territorio (dove già opera con il Nuovo Pignone, ndr), ma purtroppo gli esiti dell'indagine furono negativi, perché non ci sono le condizioni tecniche e infrastrutturali».
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Varì però esclude che la rinuncia a Corigliano Rossano possa avere riverberi negativi sull’insediamento vibonese, quello di Porto Salvo: «Non ci saranno effetti negativi su Vibo. Anzi, l'azienda da novembre 2023 a oggi ha investito qui circa 4 milioni di euro e fino al 2026 ne investirà ancora una decina. C'è un'ulteriore interlocuzione che dura da tre o quattro mesi con Baker Hughes e, in ragione di alcune misure incentivanti decise dal governo regionale, l’azienda vuole effettuare ulteriori investimenti su Vibo, dove già opera facendo innovazione e ricerca, per continuare ad ampliare l'insediamento produttivo del Nuovo Pignone. Nuovi investimenti, però, che non riguardano il porto».