Oggi, più che necessari ponti, costruiamo eco chamber di chiacchiericcio. La puntata ha messo a nudo, senza mezze misure, tutto il glossario inconcludente e “politicamente moscetto” che domina le cronache parlamentari e le prime serate televisive, svuotato ed opportunamente edulcorato, per far sì che non ferisca e non offenda nessuno.

Parole come “resilienza”, “rilancio”, “transizione”, “dialogo” – inaridite, depotenziate, rese tappezzeria del nulla. Così, il linguaggio si affloscia, diventa sterile esercizio di stile, incapace di comunicare emozioni o aspirazioni autentiche. E non è solo colpa della politica.

Anche il giornalismo - un tempo faro nella nebbia del conformismo – spesso abdica al suo ruolo. In un tempo frivolo e dannato come il nostro, dove i sentimenti si scambiano per debolezza e l’eloquenza per marketing, il problema è radicale. La parola si è trasformata in rumore... e il rumore è diventato strategia da luogo comune. In questo desolante contesto, emerge con forza il monito che Perfidia lancia: smettiamo di disarmare la parola. È tempo di riaccenderla, di restituirle la sua funzione maieutica, di strumento che scava, solleva, svela.

Parterre variegato e combattivo

Anche stavolta il programma, orchestrato da un'ironica Antonella Grippo, non delude per quantità e - soprattutto - qualità di testimoni: Paolo Crepet (Psichiatra), Nino Spirlì (ex Presidente di Regione Calabria), Simone Pillon (ex Senatore della Repubblica), Francesco Rende (social media manager), Angelo Bonelli (di Alleanza Verdi e Sinistra), Luigi Incarnato (Presidente del Consiglio Nazionale del PSI), il filosofo Antonio Sabato, il sindaco di Corigliano-Rossano Flavio Stasi, Giada Fazzalari (Direttore de l’Avanti! della domenica) e l'economista Giuliano Cazzola.

In studio mai "moscetti", semmai... "scorretti"

Un'ora e mezzo vivacissima e piena di provocazioni e grandi scontri, con Spirlì, Bonelli e Stasi estremamente combattivi, sia che si parli di Gaza e delle sue tremende disgrazie, di Craxi, di tematiche LGBTQIA+ o di femminicidio. Molto interessante la disamina, come al solito, del pprofessor Crepet sui fatti delittuosi di Afragola. che scatena un dibattito deciso sulla genitorialità.

La memoria - per alcuni costantemente scomoda - di Bettino Craxi viene ricordata quando a Sigonella il leader socialista "sfrattò" gli americani, mossa che gli costò non poco, con tanto di monetine delle quali pare ancora di sentire il tintinnio, sull'asfalto romano all'ingresso dell'hotel Raphael. Un momento che per la Fazzalari coincide con l'inizio del "battesimo ufficiale del populismo".

La perduta sacralità del verbo

Una puntata da consigliare caldamente agli amanti della filologia, rimpiangendo magari quando la lingua rappresentava una cosa sacra, al contempo suono e significato, viadotto tra i mondi. Uno spirito che oggi appare più che mai morente. E allora ben venga Battiato che cantava “Cerco un centro di gravità permanente”: nel suo centro echeggiavano parole piene, antiche, coltivate con rigore e amore, che cercavano prima il senso del consenso.

Contro il logorio del bla bla bla moderno

Animosità in studio, spettatori soddisfatti: Perfidia ha portato a termine questa ennesima missione, scavando su questi temi con onestà, ricordando che non basta più “dire qualcosa” per avere diritto di parola. Occorre dire bene, e soprattutto dire vero. In un’epoca - "quanti perfetti e inutili buffoni" - in cui persino i cantanti sembrano limitarsi a slogan su basi elettroniche e i rapper preferiscono la velocità alla verità, riscoprire il peso di ogni vocabolo può essere un atto rivoluzionario. Perfidia ci invita dunque ad uscire dall'inutile bla bla bla. A rimettere in gioco la parola come gesto, come arma, come visione. A credere, ancora, che nel buio del nostro presente si possa illuminare qualcosa. Con la lingua, non con la luce artificiale del populismo.

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