Non tutte le urne si aprono allo stesso modo. In alcuni casi, votare non è solo un rito democratico, ma una restituzione. Un gesto che segna la fine di un’assenza e il ritorno della voce dei cittadini nei luoghi dove era stata sospesa.

È quello che è accaduto a Melito Porto Salvo e San Lorenzo, due comuni della fascia ionica calabrese che, dopo lunghi periodi di gestione commissariale, hanno finalmente potuto eleggere i propri sindaci. Un evento che, in contesti segnati da fragilità istituzionale e sfiducia crescente verso la politica, acquista un valore che va ben oltre la cronaca elettorale.

Il ritorno alla democrazia locale, in queste due realtà dell’Area Grecanica, si è consumato in un clima di attesa e consapevolezza: non c’era una vera competizione elettorale, ma c’era una posta in gioco altissima. Con una sola lista in campo in entrambi i comuni, la sfida era quella del quorum. E i cittadini hanno risposto. Con una partecipazione netta, hanno detto che la rappresentanza, nei territori, non è affatto morta.

Cinque anni senza continuità politica

Dietro il ritorno alle urne c’è una lunga e travagliata sequenza di crisi istituzionali. A San Lorenzo, negli ultimi cinque anni, nessuna amministrazione è riuscita a concludere il mandato. Dopo il quinquennio di Bernardo Russo, nel 2020 non si presentò alcuna lista. L’anno successivo, l’elezione di Giovanni Manglaviti fu annullata a poche ore dallo scrutinio per ineleggibilità. Nel 2022 toccò a Giuseppe Floccari, ma anche quella esperienza fu breve: a ottobre 2023 la maggioranza dei consiglieri comunali si dimise, provocando lo scioglimento del consiglio e l’arrivo del commissario. Nel 2024, nessuna lista viene presentata nella tornata primaverile, costringendo il comune a restare ancora senza governo elettivo.

Un copione non troppo diverso da quello vissuto a Melito Porto Salvo, dove nel 2019 il sindaco Giuseppe Meduri lasciò l’incarico prima della scadenza naturale. La prima tornata post-Covid, nel 2020, si concluse senza elezione per mancato raggiungimento del quorum, nonostante la presenza di una lista unica. Nel 2021 Salvatore Orlando diventa sindaco, anche in virtù della spinta delle concomitanti regionali, ma anche in questo caso la parabola si chiude prematuramente: nell’estate 2024 la maggioranza consiliare rassegna le dimissioni e si torna alla gestione commissariale.

La tornata di maggio 2025 segna dunque la prima vera elezione partecipata dopo anni di incertezze. A Melito si arriva al voto con due candidati iniziali, Tito Nastasi e Patrizia Crea, ma la lista di quest’ultima viene ricusata, prima dalla commissione elettorale, poi definitivamente anche dai giudici amministrativi. L’elezione si trasforma così, ancora una volta, in una corsa contro il quorum. Una soglia superata con decisione, nonostante la fiducia di una parte dei cittadini melitesi sia stata fortemente minata dalla ricusazione della lista “L'onda del riscatto”, e la decisione di alcuni di non recarsi per protesta alle urne.

Quorum superati con ampio margine

Nel panorama dei comuni italiani in cui una sola lista si presenta, superare il quorum non è affatto scontato. Eppure, sia a San Lorenzo che a Melito Porto Salvo, la partecipazione è stata superiore alle aspettative.
A San Lorenzo, oltre il 51% degli aventi diritto si è recato alle urne, mentre a Melito Porto Salvo – il comune più popoloso della fascia ionica reggina – la soglia è stata abbondantemente superata con 4771 voti per Tito Nastasi, candidato unico della lista “Melito Bene Comune”, raggiungendo e superando il 56% di quorum.

Un dato tutt’altro che banale, che va oltre la dinamica di lista unica. In un’area dove il disincanto verso la politica è spesso giustificato da esperienze amministrative frammentarie e da vuoti di rappresentanza, il ritorno al voto è stato interpretato come un’occasione di riscatto. La soglia minima del 40% + 1, introdotta nel 2022 per evitare l’eccessiva paralisi democratica nei piccoli comuni, è stata superata non come formalità, ma come espressione chiara di un desiderio di normalizzazione.

Un compito arduo, una nuova pagina

A Melito Porto Salvo torna in carica Tito Nastasi, già vicesindaco negli anni precedenti e oggi sostenuto da una coalizione civica con forte presenza di esponenti del centrosinistra. A San Lorenzo, invece, il voto premia Sandro Polimeni, anch'egli già vicesindaco nella precedente amministrazione e volto radicato nel territorio, guida della lista “San Lorenzo Sveglia”. Entrambi ereditano una situazione amministrativa complessa, tra conti da rimettere in ordine, carenze di personale e un rapporto con la cittadinanza da ricostruire.

«Sappiamo che ci attende un compito arduo, ma abbiamo bisogno delle migliori energie dei nostri cittadini» ha dichiarato Nastasi all’indomani della proclamazione.
Polimeni, da parte sua, ha sottolineato come il voto sia «l’inizio di una nuova pagina per un comune esteso ma scarsamente abitato, che ha bisogno di un’amministrazione concreta, presente, attenta».

Un sentimento condiviso anche da Pierpaolo Zavettieri, presidente dell’Associazione dei Comuni dell’Area Grecanica e sindaco di Roghudi. «In qualità di sindaco di un comune considerato cuore dell’Area Grecanica, ma anche come coordinatore dell’Associazione dei Comuni, accolgo con gioia sincera l’elezione di due nuovi sindaci che sostituiscono gestioni commissariali - commenta -. Anche se ordinarie, sono comunque gestioni che non hanno avuto il vaglio democratico, e dunque la loro fine è un fatto positivo.
Parliamo di due comuni centrali e strategici: San Lorenzo è uno dei più estesi della provincia, con tante frazioni da amministrare e tanto potenziale inespresso, nonostante gravi carenze di personale e criticità finanziarie.
Melito, invece, è il comune più popoloso e centrale sotto il profilo politico-amministrativo: ospedale, servizi sociali, stazione ferroviaria principale ed ex sede di tribunale. Rappresenta un fulcro per tutta l’Area Grecanica. È fondamentale che da qui si riparta».

Il rischio democratico nei territori fragili

La parabola politico-amministrativa di Melito Porto Salvo e San Lorenzo interroga l’intero sistema degli enti locali italiani, soprattutto in quelle aree interne e periferiche dove la tenuta democratica non può più essere data per scontata.
Nel quinquennio appena trascorso, entrambi i comuni hanno vissuto un'alternanza tra fasi commissariali ed amministrazioni elette, alternando crisi consiliari a mancate presentazioni di liste o non raggiungimenti del quorum, in un ciclo vizioso che ha lasciato la macchina istituzionale ferma, senza direzione politica.

E se da un lato il commissariamento rappresenta una forma di garanzia per la continuità amministrativa, dall’altro la sua reiterazione finisce per svuotare la partecipazione e ridurre il rapporto fiduciario tra cittadini e istituzioni. A questo si aggiunge il dato strutturale: il progressivo indebolimento degli enti locali, che spesso non dispongono né di risorse economiche né di personale sufficiente a garantire una governance efficace.

In questo scenario, il ritorno alle urne e la legittimazione popolare dei nuovi sindaci assumono una portata ben più ampia di quella locale. Raccontano la possibilità di invertire una tendenza, di rimettere in moto non solo le amministrazioni, ma anche una fiducia collettiva spesso sopita.

Da Melito e San Lorenzo un segnale per la Calabria ed il Paese

È per questo che il voto del maggio 2025 non può essere letto come una semplice scadenza elettorale. A Melito Porto Salvo e San Lorenzo, l’apertura delle urne ha coinciso con la riapertura di un ciclo democratico. Dopo anni di sospensione, dimissioni, nomine commissariali e assenze di offerta politica, i cittadini hanno scelto di riappropriarsi del proprio diritto di scegliere. Lo hanno fatto andando oltre la soglia del quorum, in molti casi con maggiore partecipazione di quanto ci si aspettasse anche in presenza di una sola lista.

È un dato che interpella il sistema delle autonomie locali, ma anche lo Stato centrale. Perché dove la politica si ritira, lo spazio viene occupato dal vuoto. E dove il voto torna, non si celebra solo una vittoria elettorale, ma un atto fondativo della Repubblica. Ora la sfida passa nelle mani degli eletti: sapranno farsi carico delle attese, delle fragilità e delle ferite amministrative ereditate? Ma la democrazia, intanto, ha fatto il suo passo.