Reggio Calabria, anche su Falcomatà incombe la scure della legge Severino

Dopo la condanna in primo grado dell'ex candidata a sindaco Angela Marcianò e la relativa sospensione dalla carica, la stessa sorte potrebbe toccare al primo cittadino che rischia uno stop di 18 mesi

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di Alessia Bausone
28 ottobre 2020
13:40

Nel giorno del primo consiglio comunale a Palazzo San Giorgio, è stata notificata la notifica di sospensione dalla carica di consigliera comunale,  ai sensi della legge Severino, alla ex candidata sindaca Angela Marcianò, condannata in primo grado con rito abbreviato (e, quindi, con già uno sconto di un terzo della pena per legge) nell'ambito del processo “Miramare”.

Il pm aveva chiesto una condanna di 10 mesi. È stata condannata ad un anno di reclusione con pena sospesa per i reati di abuso d’ufficio e falso ideologico. Fu proprio lei a denunciare quello che definì un «palese abuso d’ufficio»


La sentenza di condanna della Marcianò risale all’8 luglio 2019 ed è stata emessa dal Gup del Tribunale di Reggio Calabria Giovanna Sergi. Le motivazioni del provvedimento hanno toccato da vicino il sindaco Falcomatà, indagato per abuso d’ufficio e falsità materiale e ideologica commesse da pubblico ufficiale in atti pubblici.

 

La prossima udienza del processo “ordinario” per il caso Miramare è in programma per domani, giovedì 29 ottobre. Se dovesse arrivare una condanna all’ex pupillo di Matteo Renzi, la città di Reggio Calabria si vedrebbe privare di un sindaco neo-rieletto per 18 mesi, per effetto del decreto legislativo n. 235 del 31 dicembre 2012, la cosiddetta legge Severino che oggi ha “colpito” la sua ex assessora Angela Marcianò.

La normativa, difatti, prevede al primo comma dell’articolo 11 che “Sono sospesi di diritto dalle cariche indicate al comma 1 dell'articolo 10: a) coloro che hanno riportato una condanna non definitiva per uno dei delitti indicati all'articolo 10, comma 1, lettera a), b) e c); b)”, tra cui vi rientrano espressamente i sindaci candidatti per il reato di cui all’articolo 323 del codice penale, ossia l’abuso d’ufficio.

 

Il caso, lo si ricorderà, riguarda l’assegnazione del Gran Hotel Miramare. La Procura di Reggio Calabria ipotizza uno “scambio di favori” tra Falcomatà e Paolo Zagarella, presidente dell’associazione Sottoscala. Durante la precedente campagna elettorale per le elezioni comunali, secondo l’accusa, Zagarella aveva concesso al futuro primo cittadino “in uso gratuito un proprio immobile da destinare a sede di segreteria politica” in cambio di un “particolare trattamento di favore per l’assegnazione del Miramare”.

In effetti, molti osservano che risulterebbe difficile prefigurare un abuso di ufficio di un assessore, manifestamente contrario all’approvazione della “delibera Miramare”, senza responsabilità di chi è a capo della giunta comunale.

Per Falcomatà, quindi, pende una spada di Damocle non da poco che potrebbe colpire anche i co-indagati: il suo assessore riconfermato Giovanni Muraca e gli ex assessori Saverio Anghelone (rieletto consigliere comunale con il centrodestra in quota Toti) e Giuseppe Marino (eletto consigliere con il Pd) e l’ex vicesindaco e ora consigliere comunale (eletto con la lista Reset) Armando Neri.

Giornalista
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