«Falsità e abuso evidenti. Così la Marcianò ha ceduto a Falcomatà dopo le resistenze»

Caso Miramare, le motivazioni della sentenza con cui è stato condannato l’ex assessore: «Proposte modificare per vestire di apparente legalità un favore fatto a Zagarella». Ed emergono profonde divergenze in seno alla Giunta

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di Consolato Minniti
11 ottobre 2019
12:24
Angela Marcianò
Angela Marcianò

«È evidente la falsità ideologica della delibera n. 101, che riportava una data di approvazione del tutto differente rispetto al momento in cui si addiveniva alla effettiva approvazione del testo; che faceva riferimento ad un affidamento temporaneo solo finalizzato a raccogliere elementi tesi a sperimentare la fattibilità dell’iniziativa e a proporre la procedura di evidenza pubblica, quando invece l’unico scopo della delibera era quello di assegnare la prestigiosa struttura alberghiera del Miramare ad un privato e con un avviso privato solo a lui indirizzato». Così il gup Giuseppina Sergi si esprime nelle motivazioni della sentenza per il “caso Miramare” costato una condanna ad un anno di reclusione per l’ex assessore della Giunta Falcomatà, Angela Marcianò, l’unica ad aver scelto il rito abbreviato rispetto agli altri membri della giunta che, invece, hanno optato per il dibattimento.
Il gup usa parole molto nette anche in merito all’aggravante concernente la falsità commessa al fine di occultare di reato di abuso d’ufficio, ritenuta «acclarata».

La vicenda

Com’è noto, il prestigioso albergo “Miramare” è al centro di questo caso giudiziario che rischia di mettere in serie difficoltà il sindaco Giuseppe Falcomatà. All’immobile era interessato l’imprenditore Paolo Zagarella. Un interesse perorato da Falcomatà, in quanto l’imprenditore era suo amico, tanto da insistere affinché la giunta approvasse la delibera. Ma ben prima che il tutto fosse formalizzato, e certo che il Miramare gli sarebbe stato assegnato formalmente, Zagarella iniziò a svolgere dei lavori propedeutici alle iniziative che aveva in mente di fare. Tuttavia, la proposta di delibera, sottoposta all’attenzione della giunta il 16 luglio del 2015, non venne approvata in quella data, ma fu oggetto di una discussione lunga e articolata a cui partecipava proprio Angela Marcianò.


Le resistenze dell’assessore

Già in data 16 luglio, dunque, Angela Marcianò riportava le sue perplessità in ordine alla possibilità di approvare una tale delibera, senza alcuna autorizzazione della Soprintendenza ai beni archeologici. Tanto che, alla fine di una discussione accesa, l’assessore andava via per raggiungere i propri uffici. Episodio poi ripetutosi anche il 27 luglio 2015, in una nuova riunione di giunta convocata per procedere all’approvazione della delibera Miramare. In questo caso fu proprio il sindaco ad affrontare la Marcianò.

«Era nata tra i due, alla presenza di molti – scrive il gup – una discussione i cui toni aspri avevano mortificato la donna che, esasperata, si era allontanata». È il successivo messaggio inviato in chat all’assessore Armando Neri a chiarire il tenore delle tensioni: «Evidentemente merito pure che il tuo sindaco, dal quale erediti la spiccata sensibilità, si permetta oggi di dirmi in giunta “TU stai zitta” solo perché difendevo la legalità. E poco dopo perché gli ho suggerito di stare attenti alla delibera del miramare che è un palese abuso d’ufficio mi ha risposto: “Se non sai prenderti le tue responsabilità non dovevi accettare di fare l’assessore!” Le sue accuse sono come le tue: infondate, meschine, false e per giunta fuori legge. Adesso fare le cose fuori legge violando palesemente e consapevolmente ogni normativa di settore per favorire i propri compari significa prendersi le proprie responsabilità nel fare politica?! Ho incassato il colpo seppur con molta dolcezza avevo cercato di proteggere tutti noi».


Da qui nasceva un continuo confronto dell’ex assessore Marcianò con l’allora dirigente del settore Lavori Pubblici, Marcello Romano, a cui la donna rappresenta l’irremovibilità del primo cittadino che non aveva voluto «sentire ragioni». Così, la Marcianò decideva di inviare una pec alla segretaria generale, Giovanna Acquaviva, con cui rappresentare le sue perplessità. Ne veniva fuori un ulteriore confronto con l’ingegnere Romano che, forte della sua esperienza, apportava ulteriori rimodulazioni, sì da rendere il testo entro il perimetro della legalità. Ma, anche in questo caso, quelle modifiche non avevano trovato pieno accoglimento. «A quel punto – scrive il gup riferendosi alla Marcianò – se ne era sostanzialmente disinteressata, certa di non aver espresso alcun consenso per qualcosa che riteneva essere un vero e proprio abuso d’ufficio. La pubblicazione della delibera era avvenuta quindi a sua insaputa e l’approvazione unanime che risultava era in realtà una falsa attestazione che non fotografava il suo effettivo ed espresso dissenso».

Cosa non convince il gup

Il giudice, però, crede solo in parte alle affermazioni della Marcianò. Se è vero che quanto sostenuto trova l’avallo di alcuni testimoni che hanno rimarcato le perplessità e le rimostranze dell’ex assessore ed il suo stato di frustrazione, è anche vero che l’apporto degli stessi – che riportano solo espressioni e sensazioni - «non riesce a scalfire l’impianto accusatorio, né si assume capace di dimostrare la totale estraneità dei fatti della donna che trova invece chiara smentita nei plurimi elementi di prova raccolti a suo carico». Il gup rimarca come la Marcianò, alla fine, «abbia ceduto» acconsentendo all’assegnazione diretta del Miramare all’associazione “Il sottoscala”.

«Prova ne è – prosegue il giudice – che l’imputata, anziché limitarsi a rifiutare il proprio consenso come invece avrebbe dovuto, si adoperava per rimodulare la proposta della Spanò ed espungere dal testo quei punti di criticità che il documento da approvare presentava, mantenendo però sempre l’affidamento diretto. (…) A nulla vale, quindi, l’esposizione dell’imputata nella parte in cui ella giustificava la bontà della propria controproposta con l’affidamento temporaneo e non esclusivo del Miramare a Zagarella, se infatti nella sostanza nulla sarebbe mutato per come precisatole all’epoca dall’esperto ingegnere Romano». Poi il gup affonda il colpo: «Certa è invece la consapevolezza e la precisa volontà della donna di accondiscendere alla commissione di quanto apostrofato come un abuso di ufficio, che ella tentava di mascherare con la finzione dell’affidamento diretto ma non esclusivo».

La conoscenza dei fatti

Quanto alla non conoscenza dell’avvenuta approvazione e pubblicazione della delibera, il gup non crede alla versione della Marcianò. Ciò non risulta convincente «alla luce dell’imminente conferenza stampa che la Giunta aveva indetto per chiarire alla cittadinanza tutta, alla stampa e all’opposizione politica una vicenda che tanto scalpore, anche mediatico, aveva provocato. In buona sostanza, risulta seriamente illogico ritenere che la Marcianò, ignorando il fatto che la delibera era stata redatta e che era stata anche pubblicata, non si sia interrogata circa i contenuti che avrebbe dovuto avere l’appuntamento con l’opinione pubblica, guarda caso fissato appena la delibera aveva avuto diffusione». Dalle chat emerge, inoltre, che è proprio l’ingegnere Romano ad inviare a Falcomatà appunti utili a superare le domande insidiose che potrebbero arrivare dalla conferenza.
Anche questa volta, le chat sono eloquenti.


Muraca: Come distruggere la stampa “mitico”
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Zimbalatti: Ripepi il nuovo messia del cdx
Muraca: Il cdx dopo questa mazzata penso che non parlerà per un po’
Sindaco: Mi pare sia andata bene. Grazie per essere stati al mio fianco. Compatti risolleveremo questa città perché nessuno ha la nostra stessa passione e onestà. Avanti!
Poi interviene anche Angela Marcianò che scrive: «Una corona per ciascuno di noi». Elemento che, se per la Marcianò era di tipo ironico, per il gup non scalfisce il costrutto accusatorio. Ma la posizione della Marcianò emerge con più forza in un secondo momento, a seguito di un articolo pubblicato sulla stampa e che riporta i malumori all’interno della Giunta e le questioni ancora aperte sul caso Miramare. La Marcianò parla di una «persecuzione» e apostrofa come «idiota» il giornalista che ha scritto. Poi ribatte: «Stanno facendo qualunque cosa per farci saltare in aria… ma avranno brutte sorprese… Ora mando il comunicato del parcheggio a Valentina così intanto continuiamo a rispondere con i FATTI III in settimana se tu vorrai possiamo presentarlo in conferenza ed in quella occasione preciserò anche sulla “vicenda miramare” così cuciamo la bocca a questi inutili idioti».


Tutti elementi che dimostrano come, a giudizio del gup, la Marcianò fosse pienamente a conoscenza dei fatti ed avesse ceduto all’approvazione della delibera, seppure con quelle precisazioni suggerite dall’ingegnere Romano e in parte trasferite nella delibera n. 101 e che servivano «a vestire di apparente legalità il favore che era stato fatto a Zagarella». L’imprenditore, amico di vecchia data di Falcomatà, era anche colui che, in passato, aveva concesso in comodato gratuito a Falcomatà alcuni locali di sua proprietà per ospitare la segreteria politica durante la campagna elettorale.

 

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