Perfidia accende i riflettori sul tema del giorno, intitolato con la consueta ironia Pensieri e Parolin, tra ospiti illustri e riflessioni (più o meno) celestiali. Il titolo, previsione mancata sull’elezione strombazzata a piè sospinto del segretario di Stato della Santa Sede, rappresenta un appuntamento da non perdere per capire dove va la Chiesa e, forse, anche il mondo (QUI LA PUNTATA). 

La pluralità di voci alla quale il talk di Antonella Grippo ci ha abituato garantisce anche stavolta una necessaria trasversalità di pareri. E nel suo salotto si confrontano, tra visioni, provocazioni e verità più o meno scomode: Monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, Moni Ovadia, intellettuale e scrittore, Maurizio Gasparri, capogruppo al Senato per Forza Italia, Luigi de Magistris, leader di Democrazia e Autonomia, Stefano Zecchi, filosofo e scrittore. Ci sono pure Enza Bruno Bossio del Partito Democratico. Alfredo Antoniozzi di Fratelli d’Italia e Giuseppe Graziano di Azione. E ancora, il giornalista de Il Fatto Quotidiano Antonello Caporale, l’analista politico Vincenzo Speziali, l’opinionista Raffaele Florio, il magistrato Alberto Cisterna e Luca Varani, vicedirettore di LaCity Mag. 

Di qualità gli interventi di Monsignor Paglia, corredati da una scoppiettante ironie e da una inaspettata “liaison mediatica” con la conduttrice, mentre la disamina di Gasparri vede il nuovo Papa come una “soluzione al centro”, non rinunciando al suo abituale politichese. L’arguto editoriale di Cisterna riflette sul look di Prevost nella sua apparizione dal balcone, scelta tutt’altro che casuale ma fortemente simbolica e densa di significati. Mentre Moni Ovadia, con condivisibile orrore, parla della striscia di Gaza morente, auspicando un’unità più che mai necessaria. Argomenti diversi per tentare di rispondere a un’unica domanda: che Papa sarà Leone XIV? Rigoroso custode del passato o coraggioso architetto del futuro?

Un’elezione, mille aspettative

Con la nomina di Robert Francis Prevost, il Conclave ha scelto più di un successore: ha definito una direzione, forse una strategia, sicuramente una speranza. Dopo Francesco, uomo del dialogo, degli abbracci e delle periferie dimenticate, tocca a Leone XIV il compito di tenere insieme due poli sempre più lontani: la dottrina millenaria e una società che cambia alla velocità di un tweet. La Chiesa del post-Bergoglio dovrà rispondere a una domanda fondamentale: è possibile rinnovarsi senza smarrirsi? E soprattutto: si può essere moderni senza diventare mondani?

Tra Vangelo e geopolitica: il ruolo (inevitabilmente politico) del Papa

Volenti o nolenti, ogni pontefice è anche un soggetto politico. Leone XIV non fa eccezione. Le sue prime parole - pace, dialogo e ponti da erigere - sembrano il manifesto di una diplomazia spirituale in tempi di guerre vere. Con conflitti che esplodono su più fronti e un’umanità sempre più frammentata, il nuovo pontefice dovrà essere non solo guida spirituale ma anche mediatore globale. E se il ruolo del Papa somiglia sempre più a quello di un capo di Stato, la sua parola può e deve incidere sulla storia ben oltre i confini del Vaticano.

La scommessa più grande: parlare al mondo senza tradire sé stessi

La Chiesa da oggi dovrà affrontare sfide enormi: il calo delle vocazioni, lo scollamento con i giovani, la gestione degli abusi sessuali in grado di mettere addirittura in crisi le casse vaticane a fronte di cospicui risarcimenti, la crescente secolarizzazione dell’Occidente e il boom del cristianesimo nel Sud globale. Ma il vero nodo resta quello già emerso sotto il papato di Francesco: come restare fedeli alla dottrina senza risultare irrilevanti nel dibattito pubblico? Per molti, la risposta passa attraverso un equilibrio delicatissimo: apertura al dialogo senza compromessi sul Vangelo. Ma è davvero possibile?

Leone XIV e i media: tra spiritualità e storytelling

Non meno importante sarà la capacità del nuovo Papa di comunicare. In un’epoca dove i messaggi si misurano in visualizzazioni e trending topic, anche il successore di Pietro dovrà “fare audience” per essere ascoltato. Leone XIV eredita da Francesco una Chiesa più mediatica che mai ma anche più esposta alle critiche. Saper usare i media senza esserne travolti: ecco un’altra sfida da manuale per il neo pontefice a stelle e strisce.

Una Chiesa in bilico, ma comunque viva

L’era di Leone XIV si apre in un momento cruciale. Tra crisi mondiali, tensioni interne e spinte riformatrici, il nuovo Papa non potrà permettersi il lusso dell’attesa. Ogni parola, ogni gesto, ogni silenzio sarà interpretato, analizzato, discusso. Ma se la Chiesa, come diceva Benedetto XVI, non è una democrazia, è pur vero che senza ascolto non si fa pastorale. Leone XIV dovrà allora ascoltare il cielo – certo - ma anche la terra. E nel frattempo, Perfidia continuerà a svolgere quello che le riesce meglio: guardare dove pochi osano, parlare dove molti tacciono. Con tanto di balletto conclusivo sulle note dei Village People… immaginando con un pizzico di sana cattiveria cosà fara (o non farà) il nuovo Pontefice sui “diversi” del nostro tempo. Che si chiamino omosessuali, poliamorosi, divorziati, diseredati, rifugiati politici o altro. D’altronde, la band di YMCA piace pure a Donald Trump, quindi… contenti tutti!

Nota a margine - Quando un giornalista viene invitato a un talk show e poi deve scrivere l’articolo sulla medesima trasmissione, come in questo caso… succede qualcosa di magico: il conflitto di interessi prende un caffè con l’autoreferenzialità. È come se un cuoco recensisse il proprio ristorante dopo aver bruciato la cena. Il giornalista commenta con oggettività disarmante… sé stesso: "Opportuno l’intervento del collega", scrive, con la modesta distanza di chi si parla allo specchio. Sovrapposizione di ruoli? No, multitasking postmoderno. L’informazione resta neutrale… solo un po’ autoregolata! Un motivo in più, semmai ce ne fosse bisogno, per gustarsi l’ennesima puntata, densa e molti interessante, di questo anomalo talk.