Dal Ddl Varchi al fine vita, dal matrimonio egualitario alla cittadinanza: il centrodestra mostra crepe profonde tra conservatorismo identitario e spinte liberali. Un po’ come avviene nel centrosinistra
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Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani (Stefano Carofei - Ipa)
Negli ultimi mesi, il dibattito politico italiano, ha mostrato con chiarezza una verità che molti tendevano a dimenticare: anche la destra, non meno della sinistra, è un “campo largo”, e non compatto. Dietro la facciata unitaria della coalizione di governo si agitano differenze profonde su temi morali, diritti civili, strategie legislative e perfino sulla visione di società. E se a sinistra l’estensione del “campo largo” è da tempo oggetto di trattative, alleanze e frizioni, a destra si cominciano a intravedere crepe ideologiche che rivelano quanto fragile sia il cemento del consenso.
Nel blocco conservatore, le divergenze più evidenti emergono su tutto ciò che riguarda la sfera morale e civile: diritti LGBTQ+, eutanasia, cittadinanza, ruolo della religione nella società. Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia condividono una piattaforma comune su economia, sicurezza e sovranità, ma divergono — e spesso duramente — su ciò che tocca la vita privata dei cittadini.
Da un lato, Fratelli d’Italia e Lega rappresentano l’ala identitaria, ancorata a un’idea di famiglia “tradizionale” e a valori religiosi (ovviamente con la vita degli altri, anche perché non mi risulta che Meloni e Salvini siano fedeli alla loro idea di famiglia tradizionale); dall’altro, Forza Italia, che rappresenta il Centrismo, prova a incarnare una destra liberale, più vicina ai modelli europei, in cui libertà individuale e progresso civile non sono visti come minacce ma come parte integrante di una modernità politica.
Anche la compagine giovanile di Forza Italia, su questi temi, ha dato un grande scossone. Simone Leoni, segretario di Forza Italia giovani, qualche mese fa, durante un comizio, si è scagliato contro Vannacci e le sue idee estremiste sugli omosessuali.
Il partito di Giorgia Meloni, invece, resta il pilastro ideologico della destra più conservatrice. La sua narrazione è coerente e compatta: difesa della “famiglia naturale”, opposizione al matrimonio egualitario, rifiuto della step-child adoption, resistenza a qualunque apertura sul fronte dell’eutanasia o della maternità surrogata.
Fratelli d'Italia non ha mai nascosto di voler marcare una discontinuità culturale con la stagione dei diritti civili: la società, per Meloni, deve essere guidata da un ordine morale e valoriale fondato sulla tradizione cristiana e sulla centralità della famiglia eterosessuale. Le battaglie parlamentari condotte contro il Ddl Zan, contro la liberalizzazione del fine vita o contro la gestazione per altri, non sono solo scelte politiche: sono la traduzione legislativa di una visione antropologica precisa.
In questo quadro, il linguaggio del partito — “valori”, “identità”, “difesa dei bambini”, “famiglia come cellula della nazione” — si intreccia costantemente con la strategia comunicativa. Ogni apertura viene letta come cedimento al “relativismo progressista”; ogni tentativo di mediazione, come un rischio per la coesione morale del Paese.
Simile per impostazione morale, ma diversa per approccio, la Lega di Matteo Salvini usa i temi etici più come bandiere che come dogmi. La difesa della famiglia “tradizionale”, la contrarietà al matrimonio gay e alle adozioni per coppie omosessuali, la battaglia contro lo ius soli e lo ius scholae, sono diventate parole d’ordine che parlano soprattutto a un elettorato di frontiera, sensibile al richiamo dell’identità nazionale e religiosa.
Non è un caso che gli elettori più anziani votino gli estremismi di destra. Questo perché, chiaramente, si trovano maggiormente rappresentanti nella loro ignoranza culturale, data da anni di buio totale su determinati temi civili e sociali, stigmatizzati da decenni di società oscurantista.
Tuttavia, dietro la superficie compatta, anche nella Lega si agitano contraddizioni. Una parte più pragmatica del partito, vicina alle imprese del Nord e ai ceti moderati, guarda con crescente disagio a un conservatorismo rigido che rischia di allontanare gli elettori più giovani o più europeisti. Salvini, oscillando tra provocazione e tattica, alterna toni da crociata morale a silenzi calcolati, consapevole che la sua base è meno ideologica di quella di Fratelli d’Italia, ma non ancora pronta a un cambio di paradigma.
È su Forza Italia che oggi si scaricano tutte le tensioni di un centrodestra che vorrebbe essere moderno ma resta ancorato a una cultura conservatrice. Antonio Tajani, erede istituzionale di Silvio Berlusconi, tenta di mantenere in equilibrio il partito fra la fedeltà alla coalizione e la spinta di una componente più liberale, che guarda all’Europa e chiede di non restare indietro sui diritti civili.
Non è un caso che proprio Forza Italia sia l’unico partito di maggioranza ad aver parlato esplicitamente di “unioni civili” come terreno di confronto. Alcuni suoi esponenti, da Mariastella Gelmini a Mara Carfagna (entrambe, però, non fanno più parte di Forza Italia: sono passate prima ad Azione e poi a Noi Moderati, ndr), hanno espresso posizioni favorevoli a un riconoscimento giuridico stabile delle coppie omosessuali, pur senza equiparazione al matrimonio. Anche sul fine vita e sulla maternità surrogata, la linea ufficiale è più sfumata: contrarietà a derive “mercantili”, ma apertura alla discussione e, soprattutto, alla libertà di coscienza.
Una libertà che FI rivendica come tratto identitario. È la formula con cui si cerca di gestire le differenze interne e di non rompere con gli alleati più rigidi. Ma è anche, per molti osservatori, il sintomo di una difficoltà: quella di un partito che non riesce a scegliere se essere la voce liberale del centrodestra o la sua ala moderata e silenziosa.
Le crepe della coalizione: quando la morale diventa manovra
Le divergenze non restano confinate al piano dei valori: si riflettono sulle scelte concrete di governo. Il caso del ddl Varchi, che propone di rendere reato universale la maternità surrogata, anche se praticata all’estero, ha mostrato le prime vere frizioni. FdI e Lega hanno difeso la misura come simbolo della “difesa della dignità delle donne”, mentre Forza Italia ha espresso più di un imbarazzo, temendo un effetto boomerang sul piano internazionale e nei rapporti con il PPE europeo.
Simile è la dinamica sul fine vita. Quando alcuni esponenti di Forza Italia hanno espresso aperture alla regolamentazione del suicidio assistito, la reazione degli alleati è stata gelida. Meloni e Salvini hanno liquidato la questione come “non prioritaria”, ma la verità è che il tema spacca l’elettorato di destra più di quanto si voglia ammettere.
Persino sulla cittadinanza ai minori stranieri, con il dibattito sullo ius scholae, FI si è mostrata più propensa al dialogo, mentre Lega e FdI hanno chiuso ogni spiraglio. Il risultato è un centrodestra che procede unito solo finché i temi restano economici o securitari; quando si tocca la carne viva dei diritti, le differenze esplodono.
Ma anche sul fronte opposto la coesione è più apparente che reale. Il cosiddetto “campo largo” della sinistra – dalla galassia del Partito Democratico fino ad Alleanza Verdi e Sinistra, passando per Azione e +Europa – è una costellazione di anime diverse.
I partiti più radicali, come Sinistra Italiana e i Verdi, spingono per una svolta netta: matrimonio egualitario, piena adozione per coppie dello stesso sesso, legalizzazione dell’eutanasia e della maternità surrogata, riforma della cittadinanza. La loro è una sinistra dei diritti, europeista e laica, che però fatica a dialogare con il Pd, dove convivono anime progressiste e sensibilità cattoliche.
Il Partito Democratico, pur avendo sposato molte battaglie civili, resta spesso prudente: non vuole apparire “divisivo” su questioni morali, teme la fuga dell’elettorato moderato, e preferisce puntare su formule più inclusive, come la libertà di coscienza o i diritti “graduali”. In mezzo, forze come Azione o +Europa tentano di incarnare un liberalismo moderno, favorevole ai diritti ma ancorato a un pragmatismo istituzionale che spesso li rende partner scomodi per la sinistra più militante.
In sintesi, anche nel centrosinistra il campo è largo, ma attraversato da tensioni: radicalismo contro cautela, utopia contro tattica, diritti civili contro equilibrio elettorale.
Alla fine, i due campi si somigliano più di quanto non si voglia ammettere: entrambi ampi, entrambi divisi, entrambi costretti a mediare tra identità e opportunità politica. A destra, il conflitto è fra tradizione e modernità; a sinistra, fra radicalità e prudenza.
La differenza è che il centrodestra governa, e dunque le sue fratture hanno effetti concreti sulle politiche pubbliche, mentre la sinistra discute ancora sul perimetro della sua alleanza. Ma sul terreno dei diritti, la spaccatura attraversa l’intero sistema politico: da una parte chi difende la stabilità dei valori, dall’altra chi reclama la fluidità dei diritti.
È la nuova faglia della politica italiana, meno economica e più culturale. Una linea invisibile che non separa solo destra e sinistra, ma corre trasversalmente dentro ciascuna di esse. In fondo, oggi, la vera battaglia per il futuro del Paese non si gioca solo nei conti pubblici o nelle riforme istituzionali, ma nel modo in cui l’Italia deciderà di raccontare sé stessa: come una nazione ancorata alle radici o come una società che accetta di cambiare.