Il senatore e segretario del Partito Democratico in Calabria parla dei primi tavoli con M5S e AVS in attesa che il campo si allarghi. Sul candidato presidente: «Cerchiamo un nome autorevole che ci allontani dagli ultimi posti di tutti gli indicatori. Lo sceglieremo qui, non a Roma»
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Le Regionali sono all’orizzonte. Se a Roma la discussione verte sul “chi” avrà facoltà di proporre alla coalizione un nome buono, in Calabria il dibattito verte sul “come” affrontare una competizione che si annuncia dura. Il senatore Nicola Irto è stato riconfermato segretario a margine di un congresso unitario ed ha iniziato a dialogare con M5S e AVS («le forze rappresentante in Regione»).
Nella sua idea di coalizione c’è alla base l’apertura alle altre forze politiche e sociali che sposeranno («con chiarezza») il progetto alternativo alle destre. Sull’argomento primarie è stato abbastanza cristallino («Sono uno strumento, non una camicia di forza»), così come esaustiva è risultata la risposta sul dualismo con Giuseppe Falcomatà.
Senatore Irto, partiamo da una sua dichiarazione: «Il candidato del centrosinistra si sceglierà in Calabria». Conferma e rilancia?
«Per il Pd è condizione essenziale. Non ci saranno scelte calate dall’alto. Per quanto ci riguarda restiamo convinti che il candidato presidente verrà indicato dalla nostra regione».
Le pongo la stessa domanda fatta mercoledì a Flavio Stasi: al centrosinistra conviene cercare più un candidato o un leader?
«Serve trovare chi costruisca un progetto autorevole, credibile e che porti la Calabria al di fuori da dove l’ha collocata la destra, ultima in tutta gli indicatori».
Un tema sono le primarie. Irto che idea si è fatto?
«Sono uno strumento importante, statutario nel Pd anche per eleggere il segretario nazionale. Sono, però, come detto uno strumento, non un obbligo o una camicia di forza».
Avete iniziato le prime interlocuzioni con Avs e M5S. Giovedì a Roma, per esempio, conferenza congiunta in Senato sul Sin di Crotone. Queste interlocuzioni si allargheranno ad altre forze politiche? Se sì, lei a chi guarda con interesse?
«La discussione è iniziata su temi, come il Sin di Crotone, con le forze che hanno anche rappresentanza in Consiglio regionale. Certo che si allegherà: penso a tutte le forze sociali e politiche alternative ad una destra che ha distrutto la Sanità e aumentato il debito. Dalla Calabria si scappa per non morire, pertanto mettiamo dentro tutte le forze che vogliono essere alternative alla destra».
Anche Azione, che già è venuta già con voi a Lamezia Terme?
«Siamo aperti a chi, con chiarezza, metterà la faccia nel progetto che proporremmo ai calabresi».
Uno dei temi caldi saranno i Fondi di Coesione?
«Sì, Fondi di Coesione che in parte sono congelati per il Ponte sullo Stretto. A questo unisca il fallimento della messa a terra delle risorse del Pnrr. Grazie all’incapacità del governo regionale, la Calabria sta perdendo delle grandi occasioni di sviluppo per recuperare il gap con le gli altri territori».
Ieri avete diramato una nota molto dura sul 118.
«La situazione è drammatica e il sistema è in tilt. Resto molto preoccupato dalle dichiarazioni di chi ha responsabilità: come fanno a dire che va tutto bene? Chiudono gli occhi rispetto alle difficoltà che vivono i calabresi. Non siamo mai arrivati ad un punto così basso e loro sostengono che vada tutto bene».
Qual è il linguaggio che il centrosinistra e il PD dovranno parlare ai calabresi in campagna elettorale?
«E’ in atto un lavoro nel Mezzogiorno finalizzato a portare le questioni che affliggono da sempre questa parte dell’Italia all’attenzione del governo. Fondamentale, ad esempio, è stata la mobilitazione sull’Autonomia differenziata. Il Sud ha fatto comprendere come l’esecutivo di Giorgia Meloni si sia girato dall’altra parte. E continua a farlo su argomenti cardine quali spopolamento e Sanità che attendono risposte da Roma».
Da Roma in giù talvolta pare che ci sia difficoltà a discutere di diritti civili: è un obiettivo che vi siete dati?
«Dobbiamo parlarne anche al Sud. Storicamente, quando si è palesata la necessità di rivendicare diritti sociali e di speranza, non ci siamo mai tirati indietro».
Spesso parlare di sicurezza nel centrosinistra è tabù. È del parere che lasciando il tema alle destre, nel tempo, sia diventato terreno scivoloso per sindaci e amministratori?
«Il tema ci interessa eccome. Ci preoccupa però come se ne sta occupando questa destra, con oltre dieci reati in più che nulla hanno a che vedere con la sicurezza dei cittadini. Meloni ha messo in campo solo populismo giudiziario per reprimere manifestazioni pubbliche».
Avete chiuso la fase congressuale. A Cosenza, dove non si è presentato un candidato unitario, l’assemblea è divisa a metà. Che messaggio è?
«Di un partito che discute e che ha regole interne. Preferisco in maniera chiara un congresso duro a differenza di pseudo-partiti dove i segretari si scelgono dal capo a Roma».
Ma alla fine lei ha fatto pace o no con Falcomatà?
«Mi dispiace deluderla, ma io non ho mai litigato con Falcomatà».