Regionali 2021

La Meloni frena su Spirlì, ma quanto è credibile? Già in passato ha perso la faccia

Difficile immaginare che la boutade della leader di Fdi sul palco catanzarese possa essere presa sul serio da qualcuno. Un’uscita che sembra essere finalizzata solo ad accentuare le difficoltà di Salvini a livello nazionale (ASCOLTA L'AUDIO)

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di Pa. Mo.
15 settembre 2021
15:28

I giornali di oggi prevalentemente riportano in apertura la stroncatura di Giorgia Meloni al ticket Occhiuto-Spilrì. Ovvero l’accordo elettorale che stabilisce a priori che, nel caso di vittoria del centrodestra in Calabria, la vicepresidenza toccherà al partito di Salvini attraverso la persona dell’attuale presidente ff Nino Spirlì. La notizia avrebbe potuto essere una vera bomba se, sul punto, proprio Giorgia Meloni, qualche settimana fa, non avesse perso faccia e credibilità, sollevando la questione politica della correttezza della Lega e di Fi verso Fratelli d’Italia, arrivando al punto di minacciare di correre da sola. Già in quella occasione la Meloni sparò a palle incatenate sul ticket Occhiuto-Spirlì. Fuoco di paglia. La vertenza politica, insieme alla faccia della leader nazionale di Fdi, fu lasciata cadere senza un minimo di spiegazione e rapidamente avvolta nell’oblio politico elettorale tipico della nostra regione. Tutto fu archiviato come una scivolata. Senza dimenticare che la Meloni in quella occasione fu redarguita da tutti la coalizione. Ignorata. A tratti sbeffeggiata. Capi e capetti dell’emisfero azzurro calabrese e nazionale compreso lo stesso Spirlì liquidarono tutto con generici appelli all’unità. Difficile, dunque, immaginare che la boutade della leader di FdI sul palco catanzarese possa essere presa sul serio da qualcuno.

Al massimo la vicenda potrebbe essere inserita nel contesto della guerriglia strisciante tra Salvini e Meloni nella lotta per la conquista della leadership in vista delle elezioni politiche. Anche se, in Calabria, l’ipotesi evocata dalla leader di Fdi potrebbe trovare terreno fertile sia negli ambienti di Forza Italia che degli altri partiti alleati. Sarà un caso che sulla stessa questione, Maurizio Lupi, leader di “Noi con l’Italia” ha fatto eco alla Meloni da un’altra manifestazione elettorale? Sarà un caso la posizione del presidente dell’ordine degli avvocati catanzaresi, Antonello Tallerico, candidato nella lista di Fi di Catanzaro, che nel salotto televisivo della Grippo ha sostenuto che “prima si contano i voti e poi si assegnano gli incarichi?” In politica il “caso” solitamente non esiste.


Premesso ciò, è indubbio che la situazione del centrodestra si è maledettamente complicata. Sia Salvini che la Meloni, infatti, da qui a breve si ritroveranno di fronte a un bivio: scegliere definitivamente se continuare a sguazzare nelle praterie del sovranismo infarcito del peggior populismo di sempre nel quale raccattare qualche voto, oppure scegliere di diventare statisti, percorrendo la strada dell’adesione alle destre liberali della miglior tradizione europea. Una questione non di poco conto.

Un paese come l’Italia non lo si governa continuando a scimmiottare sul piano internazionale il peggior trumpismo, o peggio, per restare nei confini europei, fare a gara per flirtare con l’ungherese Orban. A lungo andare, con queste posizioni, si rischia di rimanere isolati, e nella migliore delle ipotesi si rischia di essere “commissariati” dai Draghi di turno. Anche perché, l’epilogo della presidenza Trump, in tal senso, ha coinciso con il rallentamento dell’ascesa della destra di stampo popul-sovranista in tutto il mondo occidentale.

Inoltre, la posizione su Green pass e vaccini si sta rivelando politicamente disastrosa sia per Salvini che per la Meloni. È ipotizzabile dunque, che tutto ciò lo sappiano bene entrambi, e che, questa continua guerriglia tra i due, sia esclusivamente finalizzata per raccattare qualche voto utile al sorpasso dell’uno o dell’altro. La sortita meloniana nel teatrino calabrese, potrebbe essere una mossa sullo scacchiere nello scenario incidentale della Calabria, di una guerra di posizionamento collocata su scala nazionale.

Come non è da escludersi che la scelta di sparare sul ticket Occhiuto-Spirlì, potrebbe essere finalizzata ad accentuare le difficoltà dello stesso Salvini in merito alla sua posizione rispetto al governo su green pass e vaccini, una posizione che sta producendo forti mal di pancia sia nella delegazione di governo guidata da Giorgetti che tra i governatori della Lega come Fedriga e Zaia.

L’ultimo sondaggio di Pagnoncelli per la trasmissione Dimartedì su La7, sicuramente farà tirare un sospiro di sollievo a Matteo Salvini nell’estenuante corsa a chi arriva primo tra Lega e Fdi. Nell’ultimo rilevamento, infatti, la Lega guida la corsa con il 20,5 per cento davanti al Pd con il 20 per cento tondo, Fratelli d'Italia al 18,8 per cento, quarto, il Movimento 5 Stelle al 17 per cento e poi, alle loro spalle, c'è Forza Italia di Silvio Berlusconi, comunque protagonista dell'exploit più sorprendente in questi ultimi giorni, all'8,2%. E, tuttavia, non sfugge a nessuno che, la situazione sia decisamente magmatica. Secondo il rilevamento, i tre principali partiti italiani sono separati dall'1,7 per cento.

«Dal punto di vista statistico - spiega il presidente di Ipsos - questa graduatoria si può anche ribaltare», sancendo il fatto che le maggiori forze, sostanzialmente, sono appaiate.

Nonostante ciò, per Salvini le cose sembrano non mettersi bene, soprattutto per quanto riguarda le elezioni amministrative la cui scadenza è fissata per il 3 e 4 ottobre. I sogni di una lega partito nazionale, sembrano naufragare proprio al Sud. Nel dicembre 2019, Salvini inaugurava il percorso del partito nazionale, nonostante ciò, al Sud, la Lega è ancora un partito inesistente.

Presenterà una propria lista in poco più di un comune su tre sopra i 15 mila abitanti: 20 su 54. Sui piccoli comuni il dato diventa ancora più impressionante: solo nel 5% dei casi è stata presentata una lista del Carroccio. A Napoli la lista leghista “Prima Napoli” in sostegno a Maresca è stata esclusa. Sventure quelle della Lega che fanno godere Giorgia Meloni, che a Napoli avrebbe voluto far candidare Sergio Rastrelli. In Campania, la Lega è presente in solo in 4 grandi Comuni su 16 (Benevento, Caserta, Salerno e Melito di Napoli) mentre è assente quasi ovunque: Eboli, Afragola, Gragnano, Santa Maria Capua Vetere, Sessa Aurunca, Battipaglia e Frattaminore. Stessa situazione in Puglia. Presente in 5 grandi comuni su 14 e assente da città come Adelfia, Gallipoli, Nardò, Noicottaro e Grottaglie. In Basilicata e Molise la Lega schiera una lista solo a Melfi e Isernia, mentre in Calabria solo a Cosenza assente invece a Siderno.

La leader di FdI ha annusato l’odore del “sangue”? Probabile.  La sortita della Meloni a Catanzaro, infatti, potrebbe essere congegnata per aumentare il grado di difficoltà dell’alleato/nemico. Forse in un gioco delle parti con lo stesso candidato a Presidente. La partita si gioca sulla base di un dato che non sarà di poco conto: il risultato elettorale. Un dato destinato a pesare anche sul tavolo delle posizioni nazionali. Se la Lega dovesse registrare un arretramento rispetto al risultato del 2020, è probabile che i giochi, i patti, gli accordi, i ticket potrebbero saltare radicalmente. Ipotesi, certamente, che potrebbe ribaltarsi come le percentuali dei sondaggi, e tuttavia, sullo sfondo si intravedono difficoltà non di poco conto sul piano nazionale: la partita del Quirinale, le elezioni politiche e la possibilità di nuove alleanze. Ma questa è un’altra storia.

Giornalista
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