Nave-quarantena a Corigliano Rossano, l’ira di Stasi: «Scorrettezza istituzionale, pronto a dare battaglia»

Il sindaco su tutte le furie per l'arrivo dell'Aurelia nel porto della Sibaritide. Attacco frontale al Governo: «Si faccia chiarezza o ci opporremo»

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di Matteo Lauria
13 agosto 2020
16:26
Flavio Stasi
Flavio Stasi

Pronta la reazione alla conferma ufficiale dell’arrivo a Corigliano Rossano della nave Aurelia al porto del centro jonico del sindaco Flavio Stasi.  

 


Per l'amministratore si tratta di una vera e propria «scorrettezza istituzionale». In premessa Stasi sottolinea come la città di Corigliano Rossano sia vocata alla cultura dell’accoglienza. «Lo dimostra tra le altre cose - dice -anche la presenza degli Sprar lungo il territorio cittadino e le politiche sociali messe in atto dalla nostra amministrazione».

 

«La nostra città, quando si tratta di persone, non fa scaricabarile e non si tira mai indietro. Miope e criticabile piuttosto è la politica nazionale in tema di immigrazione che appare più condizionata dal consenso che da una visione di più ampio respiro. Il tema delicato delle migrazioni, ridotto in tempi di emergenza covid a navi-galera, lascia perplessi e preoccupati».

«Scelta gestita con sciatteria»

Per Stasi «è evidente come la scelta di allocare la cosiddetta “nave-quarantena” nel porto di Corigliano-Rossano sia stata gestita, senza mezzi termini ed ad ogni livello, con sciatteria, superficialità e senza rispetto istituzionale. Basti pensare che il collega di Gioia Tauro pare abbia ricevuto una comunicazione, ormai due giorni fa, con la quale si precisava che l’imbarcazione non avrebbe più attraccato nel suo porto bensì in quello di Corigliano-Rossano, senza però che il sindaco della città interessata ne fosse a conoscenza. Cosi come non sono state informate le rappresentanze parlamentari del territorio nonostante queste facciano parte della maggioranza di Governo. Ciò che ho chiesto ieri, nelle tante interlocuzioni avute a tutti i livelli, è serietà e rispetto del territorio, e non a caso ho atteso di consumare una serie di incontri con gli enti preposti prima di fare una dichiarazione pubblica in merito. Che un sindaco apprenda una tale notizia dalla stampa è emblematico di come si stia affrontando questa vicenda, e lascia persino aperto il campo ad interpretazioni poco trasparenti sulle vere ragioni della scelta, scelta che anche altri livelli istituzionali, a partire dal Presidente della Regione Calabria, non potevano non conoscere».

La stoccata

La stoccata il primo cittadino, tuttavia, la rivolge ai piani alti: «Solo ora il Governo centrale si è ricordato dell’esistenza del nostro porto? Da decenni, nelle varie sedi istituzionali, stiamo sgomitando per ottenere investimenti per servizi minimali, come l’acqua potabile, l’illuminazione, la segnalazione dei pericoli e la sicurezza delle banchine, a fronte di decine e decine di milioni di euro che vengono puntualmente dirottati verso altri porti e di una potenzialità sistematicamente mortificata da governi nazionali e regionali di ogni colore. Dunque prima di chiedermi se è opportuno o meno che la nave-quarantena attracchi nel nostro porto o altrove, chiedo oggi con forza – a prescindere da quello che succederà alla fine – che al Mit si apra immediatamente un tavolo per il rilancio del nostro porto, per la valorizzazione della propria posizione strategica in ottica di Hub dell’agricoltura, di porta verso i Balcani, di approdo crocieristico e turistico. Chiedo a tutte le forze politiche e sociali della città di farsi carico di questa rivendicazione che, anche alla luce di quanto sta accadendo, non può più aspettare, che non può restare nel cassetto di qualche sottosegretario o qualche ministro, che deve diventare un tema nazionale di attualità e non un periodico tema elettorale».

 

Sin qui il capitolo delle rivendicazioni. Poi la vicenda di merito:«Da sindaco sto chiedendo alle istituzioni competenti, con grande franchezza: quali tipi di servizi si pensa di garantire alla comunità di Corigliano-Rossano, ai migranti che dovranno essere ospitati sull’imbarcazione ed al personale (sanitario e non) che dovrà lavorarci, in un porto nel quale non sono garantiti i servizi minimali, la sicurezza, le condizioni igienico-sanitarie? Con quali strutture sanitarie si intendono affrontare eventuali emergenze, atteso che ad oggi i nostri plessi ospedalieri sono ancora immobilizzati dalla gestione “ordinaria” dei casi sospetti e non riescono a garantire servizi essenziali alla popolazione? Quale grandissima causa di forza maggiore ha indotto le istituzioni competenti, quindi le articolazioni di Governo, a scegliere un porto che si trova dentro il popoloso tessuto urbano di una città e nel mezzo di un’area turistica (che rappresenta il nostro pane), piuttosto di altri luoghi circondati da (produttivissime) aree industriali?».

«Profonde perplessità»

«Le forze di Governo - continua - hanno il dovere di fornire elementi, qualora esistano, per superare queste profondissime perplessità, che sono le perplessità di una intera popolazione la quale intende l’accoglienza come una cosa seria e non ha l’anello al naso. In assenza di questi elementi di chiarezza, di fronte alla manifesta insensatezza di questa scelta, sia chiaro che il governo della città impedirà con ogni mezzo a propria disposizione che si realizzi una tale ipotesi, che è raffazzonata, inutile, rischiosa in questa fase pandemica tanto per la nostra comunità quanto per i migranti».

 

«A tal proposito - spiega ancora Stasi - non possiamo non richiamare al proprio compito di chiarezza politica, nonché di forte pressione istituzionale, tutte le espressioni del territorio e della Calabria, a partire dalla nostra folta delegazione parlamentare fino al presidente della Regione, a cui chiediamo di intervenire di fronte a tanta disattenzione nei confronti del nostro territorio e del nostro porto. Ribadirò nuovamente, con chiarezza, questa posizione ancora oggi presso la Prefettura e in tutte le sedi competenti. Questa vicenda interroga ancora una volta l’intera area della Sibaritide sulle politiche sanitarie, sociali, infrastrutturali di cui necessita e rispetto alle quali non è più possibile attendere immobili».

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