Dietro l’addio anticipato del presidente della Regione non c’è il “complotto” di piccoli avversari, ma il logoramento interno e l’isolamento. Una mossa calcolata per tentare la ricandidatura, lasciando però il territorio e la sua gente in stallo nel momento più critico
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«Sono talmente sicuro della mia correttezza e del mio rigore… che altri esiti rispetto all’archiviazione neanche li prendo in considerazione». Così Roberto Occhiuto, intervistato da Tommaso Labate sul Corriere della Sera, liquida l’inchiesta che lo riguarda. Bene. Se è così sicuro della sua totale estraneità, se davvero è convinto che tutto si risolverà con un’archiviazione, allora la domanda è inevitabile: perché si è dimesso?
Non si è certo dimesso, come lui stesso ha lasciato intendere, per via di qualche politico di secondo piano che avrebbe tramato alle sue spalle. Poca roba, questa. Allora perché? Forse perché alcuni dirigenti hanno lasciato il loro incarico, spaventati dall’indagine che ha coinvolto il presidente? Anche qui: non regge.
Aveva forse paura dell’opposizione? Macché.
E allora? Forse aveva paura della sua stessa maggioranza. Ecco il punto.
Occhiuto ha capito perfettamente che il vero logoramento non veniva dai giudici, ma dai suoi “alleati”, dalla Lega, da Fratelli d’Italia e anche da ampi settori del suo stesso partito. Il gelo è stato evidente fin dal giorno in cui ha annunciato di volersi ricandidare: nessun entusiasmo, nessun sostegno pubblico, nessun segnale da Roma. Solo silenzi, e silenzi pesanti.
Occhiuto si è autoproclamato candidato, ma ha aumentato il vuoto intorno a sé. L’accusa viene dall’interno: la sua è stata sin dall’inizio una leadership solitaria, accentratrice, autoritaria. Un presidente che ha costruito attorno a sé un fortino personale fatto di nomine, incarichi, scelte calate dall’alto. E intorno? Solo malumori. Solo esclusi.
Quello che davvero ha preoccupato Occhiuto non è stata l’inchiesta, ma il tempo. Restare in carica fino a tutto il 2026 con un procedimento ancora aperto, e magari con nuovi sviluppi, lo avrebbe fortemente consumato. E questo uno come lui non lo avrebbe assolutamente sopportato.
Ma allora, ha fatto bene a dimettersi? Secondo il sondaggio di LaC News24, quasi la metà dei calabresi pensa che abbia sbagliato a dimettersi.
Ecco, il logoramento era iniziato, e lui lo aveva capito. Così ha scelto: ha lasciato la Regione nel bel mezzo dell’estate, con un governo paralizzato, con risorse e progetti bloccati, con l’ennesima crisi istituzionale sulle spalle dei calabresi. Ma lui minimizza, dice che sarà uno stop di pochi mesi. Ma chi conosce la macchina pubblica sa bene che lo stallo durerà non meno di sei mesi, forse otto.
Un tempo infinito per una regione che ha fame di futuro, che sta vivendo una crisi economica e sociale gravissima, che soffre terribilmente, nella totale indifferenza del governo regionale, di uno spopolamento che la sta svuotando totalmente. Mentre i calabresi fanno fatica a fare la spesa, a mantenere la famiglia, mentre la sanità è totalmente allo sbando, mentre si continua a morire aspettando le ambulanze, con i pronto soccorso che tornano ad essere paralizzati.
La verità è che Occhiuto ha fatto i conti con se stesso. E ha capito che dimettersi subito, sfilarsi prima che le bombe scoppiassero, era l’unico modo per salvare la pelle politica e tentare la ricandidatura. Non per senso di responsabilità. Non per amore della Calabria. Ma per puro calcolo personale. E così la Calabria viene ancora una volta usata, sacrificata, tradita.