Se non fossero gli Stati generali convocati dal responsabile nazionale per il sud Francesco Cannizzaro, quella andata in scena oggi sarebbe più corretto chiamarlo l’Occhiuto day, visto che l’apertura della tre giorni in riva allo stretto voluta dal coordinatore regionale ha risentito in toto dell’annuncio delle dimissioni arrivato ieri per bocca dello stesso presidente della Regione. Applausi, pacche sulle spalle, orgoglio e coesione messe in vetrina per ribadire come la scelta del presidente sia squisitamente politica e condivisibile. E poco male se qualcuno alla vigilia e dopo le esternazioni del capo della giunta regionale ha indicato nella riunione una sorta di cimitero di elefanti, se non addirittura l’adunata di una classe dirigente che ha comunque gravi responsabilità in Calabria, e in Italia.

Il presidente dimissionario ha quindi confermato di aver concordato, e quindi di averne l’appoggio, con gli alleati incontrati prima a livello nazionale e poi a livello regionale. Ma mossa concordata o no, le annunciate dimissioni di Roberto Occhiuto aprono una fase delicatissima per la Calabria, per le coalizioni di centrodestra e centrosinistra e per i partiti stessi. C’è chi si è chiesto se gli alleati fra venti giorni, un mese, saranno ancora lì a confermare il loro incondizionato appoggio a chi comunque si è autocandidato e in tempi non sospetti. La voce gira, e rigira, come se a muovere il capo della giunta fosse la conoscenza di qualche particolare, magari giudiziario, non noto, che abbia suggerito una tale mossa. Cannizzaro la chiama semplicemente strategia applicata alla politica, mentre l’occhio volge su Palazzo San Giorgio, a Reggio, dove si voterà nella prossima primavera.

Certamente il presidente avrà avuto delle garanzie per procedere all’annuncio delle dimissioni. Garanzie che sembrano confermate dalle prime dichiarazioni dei leader nazionali, e dallo stesso Tajani che però alla domanda dei cronisti si affida ad un laconico «l’ha detto Roberto che ha informato tutti i partiti del centrodestra, quindi quelli nazionali e quelli regionali. Non è stata una sorpresa per la coalizione».

Occhiuto ha quindi messo ancora una volta al sicuro la magistratura, giurando di essere riconoscente alla stessa per il trattamento ricevuto, scaricando sul Palazzo le responsabilità di una scelta comunque sofferta, soprattutto quando dice di non temere il fuoco amico, quanto piuttosto una sorta di routine che ha colpito i presidenti prima di lui: «Se non avessi fatto questa scelta la storia sarebbe stata quelle delle passate legislature. Dopo qualche mese cominciano gli sfilacciamenti, i distinguo, cose già viste. Con questa scelta invece siamo tutti quanti compatti, andiamo, combattiamo, vinciamo».

Sfilacciamenti che in realtà, all’interno della maggioranza, hanno già fatto capolino se si pensa alle dichiarazione di Calenda che ha dato del «bullo» al presidente sostenuto in Consiglio dal suo segretario regionale Francesco De Nisi e dal suo presidente regionale (nonché commissario reggino) Giuseppe Graziano che aveva già avvertito di guardare più all’area moderata che alla coalizione di centrodestra.

Certamente le elezioni anticipate consentiranno ad Occhiuto di avere un orizzonte temporale anche più ampio per valutare il da farsi nel caso le cose si mettano male da qui in avanti. Un po' come ha fatto l’eterno rivale politico Giuseppe Falcomatà che scontando la Severino è ritornato sullo scranno di Palazzo San Giorgio per l’ultimo scorcio di consiliatura che avrebbe dovuto dare il là alla sua disponibilità di candidatura, che in molti però danno già per ritirata, per far spazio ad Irto.

Ma tornando al Palazzo, Occhiuto come un professore che torna dalle vacanze per gli esami di riparazione a settembre, ha messo nell’angolo l’intera classe burocratica regionale (non una novità per la verità), dicendo ai giornalisti che lunedì convocherà proprio i direttori generali della Regione e dirà loro che «siccome sono convinto di rivincere le elezioni, giudicherò quelli che dovranno lavorare con me nella prossima legislatura, dalla quantità e dalla qualità del lavoro che faranno in queste settimane».