Oliverio l’alieno che vive su un altro pianeta e dice che in Calabria va tutto bene

Il governatore sostiene di aver rimesso in piedi la regione ma tutti gli indicatori economici lo smentiscono, a cominciare dalla disoccupazione che è la stessa di 10 anni fa

di Enrico De Girolamo
10 luglio 2018
13:24

Quando un politico tira fuori dall’armamentario della retorica da comizio la frase “non abbiamo la bacchetta magica” vuol dire che sta tentando, probabilmente per l’ennesima volta, di convincerci che se la partita va male è solo colpa del destino cinico e baro, perché lui, poverino, ce la sta mettendo tutta. A denunciare la mancanza di arti magiche è stato recentemente il presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio, che ha partecipato qualche giorno fa ai festeggiamenti per l’elezione del nuovo sindaco di Santa Caterina dello Jonio, Francesco Severino.

 


Che Oliverio non fosse la fata turchina ce n’eravamo accorti da un pezzo. Durante il suo mandato, ormai in scadenza, la Calabria non è stata trasformata in una carrozza scintillante ma è rimasta una zucca. Eppure il governatore sostiene di aver fatto il possibile, anzi di più: «Quando ci siamo insediati alla guida del governo regionale - ha detto - abbiamo trovato una regione in ginocchio e l’abbiamo rimessa in piedi. In questi anni abbiamo lavorato in silenzio, per ridare credibilità alla nostra terra».

 

Una rappresentazione della realtà così distante dalla verità da risultare addirittura comica se non fosse troppo triste per riderci su. La Calabria era a terra con tutte e quattro le ruote, e così è restata, perché oggi, dopo quattro anni di governo Oliverio, non c’è un solo indicatore economico e sociale che affermi il contrario. In tutte le statistiche - ricchezza pro capite, occupazione, servizi sociali, infrastrutture - la Calabria resta incollata agli ultimi posti, non soltanto su scala nazionale, ma con riferimento all’intera Europa.

 

Un vero e proprio abisso di miseria, ad esempio, separa la Valle d’Aosta dalla punta dello Stivale: sono 31 punti percentuali che secondo l’Istat fanno la differenza tra la regione più ricca, con un livello di povertà relativa di appena il 4,4%, e quella più povera, la Calabria appunto, con il 35,3%. Chi se la passa davvero male sono i giovani, che scontano un tasso di disoccupazione pari secondo Eurostat al 55,6 %, performance tra le peggiori del Vecchio continente. Per trovare qualcuno che sta peggio bisogna andare nell’enclave spagnola in Marocco, Melilla (62,7 %), nell'isola greca di Voreio Aigaio (58,2 %) o nella regione ellenica di Ipeiros (58 %). Il tasso di disoccupazione riferito invece a tutta la popolazione in età lavorativa è del 19,3%, quasi il doppio della media italiana che è poco al di sotto dell’11%. Ma ciò che più colpisce è che si tratta della stessa percentuale di disoccupati che si registrava in Calabria 10 anni fa, nel 2008.

 

Ferma al palo è anche la salvaguardia ambientale, che in Calabria non dovrebbe essere un argomento radical chic sul quale disquisire durante un apericena, ma la priorità delle priorità, visto che sulla lotta all’inquinamento si gioca la partita dello sviluppo turistico. Invece, a oggi, sono 130 gli impianti depurativi calabresi interessati da una procedura di infrazione comunitaria perché contrari alle direttive in materia, mentre altri 40 agglomerati sono in fila per essere bacchettati dalla Corte europea. Ma a sentire il governatore non c’è problema, perché per mettere le cose a posto è già bello e pronto un piano da 200 milioni di euro per un totale di 138 interventi. Campa cavallo.

 

Insomma, se eravamo in ginocchio oggi siamo carponi. Nonostante ciò, secondo Oliverio - che ha già annunciato la sua ricandidatura alle Regionali del 2019 - ne abbiamo fatta di strada: «Siamo partiti con i piedi nel fango e abbiamo impegnato tempo ed energie per spalare le macerie che abbiamo incontrato sul nostro cammino».
Un’epica del riscatto, vuota e ridondante, che è facile declamare dall’ultimo piano della Cittadella di Germaneto, sede della giunta regionale e dei suoi dipartimenti. Una Versailles calabrese, costata 160 milioni di euro, che rappresenta in maniera plastica il distacco tra politica e calabresi. Da lassù il fango non si vede. Lassù le scarpe non si sporcano. Negli uffici e nei salotti climatizzati di quel palazzone affollato da quasi duemila dipendenti con uno stipendio sicuro e una pensione ad attenderli quando usciranno, la realtà è distante come un altro pianeta.


Enrico De Girolamo

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