In Calabria si sta assistendo ad una sorta di paradosso politico. Il centrodestra che guida la Regione sembra vacillare fra fibrillazioni interne e le inchieste che assediano da vicino la Cittadella. Eppure il centrosinistra sembra non essere in grado di recuperare consenso, più che altro sembra immobile. Ne abbiamo parlato con il segretario regionale del Psi, Luigi Incarnato.

Segretario, a che punto siete nel centrosinistra nella discussione?

«Posso essere sincero?»

Certo…

«Si sta perdendo tempo, non si sa se per colpa o per dolo, ma su questo ci sono pochi dubbi. Si parla, però non si decide nulla al momento. Eppure le ombre che si stanno addensando intorno alla Cittadella non sono meno minacciose di quelle politiche che da un bel pezzo abbiamo scorto. Un progetto alternativo al centrodestra doveva essere già pronto e non da oggi. Tuttavia oggi non è tardi, è tardissimo! Eppure tutto pare fermo, immobile, si muove qualcosa per non muovere niente. La volontà vera di aprire i giochi non c'è».

E quindi come dovrebbe muoversi la coalizione?

«Ha ragione il mio collega del Pd, senatore Nicola Irto che il candidato si deve scegliere in Calabria, di modo che sia ancorato al territorio e ne conosca a fondo i problemi. E’ importante poi condividere in modo ampio la scelta. Lo strumento idoneo per individuare il candidato anziché i soliti tavoli, sono le primarie di coalizione in cui apriamo ai cittadini la scelta del candidato e del presidente. Così come Irto ha annunciato per la scelta del candidato sindaco di Reggio Calabria io credo dovremmo fare anche per il candidato presidente»,

Questo secondo lei garantirebbe la competitività della coalizione?

«Non solo, ma c’è un dato politico che non può essere sottaciuto e che è venuto fuori sostanzialmente dalle ultime amministrative. C’è un centrosinistra che sa e che vuole vincere. Sa vincere perché ha dimostrato che sa governare, piace alla gente e conquista consenso perché sa risolvere i problemi. Ecco se mi è consentito questa volta si gioca a vincere perché tocca al centrosinistra risollevare una regione che dopo anni di gestione del centrodestra è in ginocchio».

Lei pensa ad un centrosinistra a trazione riformista?

«Guardi le ultime amministrative lo dimostrano. C’è una voglia di pragmatismo socialista che è in tutti i partiti dal Pd a Forza Italia e in diversi strati elettorali. Quindi penso ad un centrosinistra che smetta di inseguire slogan. Un centrosinistra più ampio possibile che abbia una individuabile matrice di centro, aperto ad Azione, ItaliaViva, +Europa e altre forze aggregabili. Non è pensabile trascurare, ad esempio, l’esperienza dei sindaci che guidano le maggiori città della regione che non possono essere tenuti fuori dalla partita politica. Non si capirebbero le ragioni politiche di un centrosinistra ostinato a tenere fuori un modello con cui governa quattro delle cinque città capoluogo. Non esiste una questione socialista intesa come Psi, esiste una voglia di pragmatismo riformista. E’ arrivato il tempo di far fare a chi sa fare».

Vabbè il solito campo progressista che rivendicano tutti…

«Non proprio. Il quadro nazionale ha dato un risultato negativo, abbiamo perso le elezioni consegnando il Paese alle destre per le divisioni interne al centrosinistra con i centristi da un lato Pd e M5s da un altro. Non è un caso che laddove abbiamo partecipato uniti alla fine si sia vinto. In calabria bisogna andare oltre l’accordo Pd-M5S-Avs serve un coinvolgimento più complessivo, ce lo dimostrano le due ultime elezioni regionali».

Lì magari siete arrivati lunghi…

«Non solo quello. Il vero problema con Callipo prima e Amalia Bruni poi è che si sono messe insieme coalizioni non definite politicamente. Non si capiva se erano coalizioni civiche o politiche. Questo ha generato confusione nell’elettorato e di fronte alla confusione è difficile chiedere consenso. Non è colpa dei candidati ovviamente. A Cosenza abbiamo vinto con una coalizione di centrosinistra netta, definita. Dobbiamo mettere da parte ogni populismo e dire alla Calabria in maniera chiara cosa vogliamo fare. Per questo le primarie. A queste parteciperanno i vari candidati con i loro programmi. La gente sarà chiamata a valutare entrambi e il giorno dopo potremmo andare a chiedere consenso avendo ben presente quale sarà il programma e cosa vogliamo fare».

Quali sarebbero, brevemente, secondo lei i punti da esplodere poi nel programma elettorale?

«Guardi la Calabria si candida ad essere regione turistica però sull’ambiente siamo ancora in emergenza, i dati di Legambiente li ha letti anche lei. Abbiamo ancora problemi di collettamento, di impianti che non funzionano. C’è il grosso problema dello spopolamento delle aree interne che dobbiamo affrontare, a mio giudizio anche attraverso un aumento della presenza dei forestali che sono una risorsa per la gestione del territorio e dell’economia delle nostre montagne. C’è l’emergenza acqua e rifiuti che ancora non si è pienamente risolta. Poi c’è il grande tema dell’energia, soprattutto quella rinnovabile che in Calabria viene sfruttata solo dalle grandi multinazionali per fare business ma senza ricadute positive per il territorio. Di sanità parlano tutti per cui mi limito a dire solo che bisogna potenziare al massimo il territorio per smaltire le liste di attesa, svuotare i Pronto Soccorso, risolvere anche il problema dell’emergenza/urgenza che fa acqua da tutte le parti. Insomma dobbiamo puntare ad una Calabria normale altro che straordinaria che ce la faccia da sè, ma non da sola».