Coronavirus annientato dai raggi ultravioletti: lo studio italiano

La ricerca ha evidenziato la correlazione tra i raggi UV e l'andamento della pandemia nel mondo: ecco spiegato scientificamente il perché in Italia ora che è estate vi sono pochi casi, mentre nell’altro emisfero si sta affrontando il picco

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di Redazione
16 luglio 2020
15:43

Raggi ultravioletti capaci di annientare il coronavirus. È la scoperta di alcuni scienziati italiani, ossia un gruppo di ricercatori con diverse competenze dell'Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), dell'università Statale di Milano, dell'Istituto nazionale tumori (Int) del capoluogo lombardo e dell'Irccs Fondazione Don Gnocchi.

 


È stata in un primo momento studiata la luce ultravioletta a lunghezza d'onda corta, o radiazione Uv-C, ossia quella che non arriva sulla Terra perché bloccata dall’atmosfera e tipicamente prodotta da lampade a basso costo al mercurio (usate ad esempio negli acquari per mantenere l'acqua igienizzata). Quel che si è scoperto in questo caso è che i raggi UV di tipo C hanno un'ottima efficacia nel neutralizzare il nuovo coronavirus. Diversi sistemi basati su luce Uv-C sono già utilizzati tra l’altro per la disinfezione di ambienti e superfici in ospedali e luoghi pubblici.

 

«Abbiamo illuminato con luce Uv soluzioni a diverse concentrazioni di virus, dopo una calibrazione molto attenta effettuata con i colleghi di Inaf e Int - illustra Mara Biasin, docente di Biologia applicata dell'università degli Studi di Milano - e abbiamo trovato che è sufficiente una dose molto piccola (3.7 mJ/cm2), equivalente a quella erogata per qualche secondo da una lampada Uv-C posta a qualche centimetro dal bersaglio, per inattivare e inibire la riproduzione del virus di un fattore 1.000, indipendentemente dalla sua concentrazione».

 

L’esperimento è stato poi ripetuto con i raggi Uv-A e Uv-B, ovvero quelli che arrivano sulla superficie terrestre grazie al sole. I ricercatori si sono chiesti se ci fosse una correlazione tra essi e l’andamento della pandemia nel mondo. Si è scoperto che minore è la quantità di Uv-A e Uv-B, maggiore è il numero di infezioni. Da qui la spiegazione del perché in Italia, ora che è estate, vi sono pochi casi e con pochi sintomi, mentre in alcuni Paesi che si trovano nell’altro emisfero, e dunque in pieno inverno, si sta affrontando il picco.

 

Come dimostrato anche da una recente misura in luce Uv-A e Uv-B dal Laboratorio di biodifesa del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, in estate - in particolare nelle ore intorno a mezzogiorno - bastano pochi minuti perché la luce ultravioletta del sole riesca a rendere inefficace il virus.

 

Sebbene altri fattori possano avere influenzato l'attenuazione del contagio che si registra nel nostro Paese da alcune settimane (distanziamento sociale, mutazione del virus, e così via), per gli scienziati «potrebbe essere istruttivo verificare nei mesi autunnali se una eventuale seconda ondata di contagi possa essere collegata alla minore efficacia del sole nel neutralizzare il virus e quindi capire se il ruolo della radiazione emessa dal Sole sia stato determinante» per l'attenuazione dei contagi, o abbia avuto solo un ruolo coadiuvante, e in che misura.

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